Un bel panorama 

Serie: Anno Zero


Un incidente biologico all'interno di un centro di ricerca devasta il pianeta, lasciando il mondo e i pochi sopravvissuti in una nuova Era, dove le città sono diventate tane, le case trappole e le strade, cimiteri.

    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Un bel panorama 

Mark Brenner tirò un profondo respiro.

La camminata era stata intensa e ora aveva bisogno di riposare. Le sue ginocchia non erano più quelle di una volta, doveva ammetterlo. Però ora si trovava sul promontorio fuori città ed era felice di notare che quel posto aveva ancora qualcosa di magico. Si udivano le fronde mosse dal vento in un placido fruscio che sembrava volesse accarezzare l’aria. Un ruscello scorreva proprio lì accanto, aggiungendo un suono liquido di sottofondo e lasciando immaginare il turbinio dell’acqua cristallina che si gettava verso il basso.

Aveva rimediato qualche ciocco di legno e aveva formato una specie di piramide, sistemando un pugno di pagliuzza sotto. Poi aveva estratto il suo fido accendino antivento e aveva dato fuoco alla paglia, osservando le prime fiamme farsi strada fra le vene giallastre per poi salire verso la legna più spessa.

Dopo qualche secondo, si sprigionò un intenso e confortevole calore che scaldava le ossa e l’anima.

«Neanche fosse il camino di un country club» osservò Luke Martin, sarcastico.

Mark rise, illuminato in volto dalle sfumature rossastre dei tizzoni ardenti. Afferrò un bastone e ravvivò il fuoco. Quando si ritenne soddisfatto della sua opera, si sollevò e andò a sedersi sul grande tronco accanto al suo amico.

«Beh, il panorama qui è anche meglio, non trovi?»

Luke fece un sospiro seguito da un accesso di tosse. «Diamine, sì.»

Oltre il fuocherello, un baratro culminava in una grande vallata dove sorgeva la loro cittadina.

Mark si accese una sigaretta e porse il pacchetto di Stuyvesant sgualcito a Luke.

«Perché no…» replicò l’amico, cacciandosene una in bocca anche lui. Ruotò la testa verso est e poi indicò un punto indefinito in basso.

«Per la miseria…» disse quasi sottovoce.

«Cosa?»

«Laggiù ho baciato Stacy per la prima volta.»

Mark tese il collo come una giraffa che tenta di addentare un bel ramo colmo di foglie, troppo in alto.

«Davanti al Reggie’s? Che romantico…» osservò, con una risata.

«Un hamburger con patatine e milkshake a 4.99! Più romantico di così.»

Si guardarono con la stessa espressione di nostalgia stampata in faccia.

«Non che potessi permettermi molto altro all’epoca» proseguì Luke, scuotendo la testa, «ma lei sembrò non badarci molto.»

«Magari era davvero per via degli hamburger.»

Risero entrambi.

«Che fine ha fatto?»

Luke fece spallucce. «Ha conosciuto un avvocato, credo. Se l’è sposato e se ne sono andati in Texas.»

«Intendevo Reggie» replicò Mark strizzandogli l’occhio. «Cosa ci avrà mai trovato in quella zucca vuota che ti separa le orecchie.»

«Forse era davvero come dicevi tu.»

L’espressione gli si fece malinconica.

«Cosa non darei per uno di quegli hamburger grassi e fumanti.»

Mark aprì la borraccia e bevve un sorso d’acqua, porgendola poi a Luke, che negò con la testa.

«Dai, bevi, non farti pregare.»

L’amico prese la borraccia e fece come gli era stato chiesto da Mark.

«Preferirei del whisky.»

«Hamburger, whisky… come cazzo hai fatto ad arrivare alla tua età, amico mio?»

Fu il turno di Mark di indicare un punto in lontananza, fra le vie della città deserta.

«Dici che la Hunningham insegna ancora?»

«Cosa!? Devi essere fuori di testa» replicò Luke. «Avrebbe tipo centocinquant’anni oggi!»

«Beh, se è per questo ne aveva già centocinquanta quando eravamo piccoli noi.»

«Mi ricordo quei suoi cardigan beige e la catenella degli occhiali, poggiati sempre su quel naso da cornacchia.»

«Luke alla lavagna!» disse Mark con la voce volutamente stridula.

Poi prese a frugare nello zaino.

«Hai fame?»

«No, sono a posto.»

Il suo amico si voltò a guardarlo ma non disse nulla. Poi estrasse una lattina di fagioli e andò a posizionarla vicino al fuoco.

«Sicuro che non vuoi gustarti una di queste meraviglie?»

Aggiunse poi, tirando fuori — come un mago che estrae un coniglio dal cilindro — un pacco aperto di gallette di mais.

«Ta-daaaa!»

«Per carità Mark, bleah!»

Mark Brenner aprì la scatoletta e immerse un cucchiaio nella zuppa di fagioli. Si aiutò con un paio di gallette e consumò il pasto da perfetto escursionista.

«Ci voleva» disse poi, mettendo sul fuoco la caffettiera.

«Immagino.»

Mark versò il caffè in due tazze di latta ammaccate a dovere e ne porse una all’amico.

«Tieni, ti scalderà un po’.»

«Mark…»

«Bevi e non fare storie.»

«Ce ne fumiamo un’altra?» domandò Luke.

Mark infilò la mano in tasca quando un allarme ripetuto iniziò a suonare dal suo Casio Illuminator. Diede uno sguardo al quadrante elettronico, quel cicalino gli sfondava le tempie. Silenziò l’allarme premendo uno dei pulsanti laterali e sospirò.

«È ora» disse Luke, con lo sguardo perso nella tazza di caffè.

«Aspetta un attimo, un attimo solo, Luke.»

«Me lo hai promesso! Non fare lo stronzo.»

Il suo amico si era fatto di colpo serio.

Mark annuì, rassegnato. Si alzò e aprì di nuovo lo zaino.

Questa volta ne estrasse una Glock 17.

Sembrava che con quella pistola ci potesse sparare chiunque: piccola, leggera, ma anche precisa e potente quanto bastava.

La sua fida compagna ormai da anni.

Diede un ultimo sguardo al suo bel fuoco, così confortevole, semplice, bello.

«Cosa non darei per un’altra ora» disse, osservando le fiamme. «Solo un’altra ora.»

«Lo vorrei anche io, amico mio.»

Mark si voltò verso Luke e per la prima volta da quando era accaduto, guardò la ferita che aveva sul braccio.

«Che idiota, vero?» disse Luke con voce affaticata. «Farmi fregare in quel modo.»

«Già, un perfetto idiota» rispose Mark.

Le lacrime iniziarono a riempirgli gli occhi e presto presero a scorrere lungo le guance.

Le condizioni di Luke erano peggiorate in fretta. Aveva espresso il desiderio di andare sul promontorio dove da ragazzi trascorrevano le ore a bere birra e leggere fumetti, immaginando un futuro pieno di macchine volanti e spade laser.

L’allarme suonò di nuovo.

«Cristo…» Mark lo silenziò.

Guardò l’amico, curvo su se stesso.

«Che aspetti? Un invito formale?» gli disse con un sorriso sofferente, mentre i suoi occhi iniziavano a velarsi.

Gli si piantò davanti e puntò la pistola con la mano tremolante.

«M-mi dispiace, Luke.»

Luke lo guardò, rassegnato.

«Anche a me.»

Armò il cane.

«Ti voglio bene.»

«Anche io.»

Fece pressione sul grilletto e la pistola sparò.

Serie: Anno Zero


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Discussioni

  1. Credo che tu sia stato molto abile a seminare indizi lungo lo scorrere della narrazione che facessero presagire, senza annunciare in maniera eclatante. Tutta quella malinconia che si respira nei dialoghi, è come se ti afferrasse dentro e ti sussurrasse all’orecchio. Un inizio molto interessante, ben scritto. Una storia che ancora non svela e che si lascia seguire.