5. Colpa
Serie: L'imperfetto
- Episodio 1: 2. Soglia
- Episodio 2: 1. Principio
- Episodio 3: 3. Green Lion
- Episodio 4: 4. Cassian
- Episodio 5: 5. Colpa
- Episodio 6: 6. Lascito
STAGIONE 1
Lucian si svegliò di colpo.
La notte non gli aveva concesso tregua. Il cuore correva ancora, come se stesse fuggendo.
Per un istante non capì dove fosse.
Il soffitto, la finestra, la luce grigia che filtrava tra le tende — tutto gli sembrava diverso, troppo nitido.
Il silenzio. Quello vero.
Nessuna voce, nessun rumore. Solo il battito del sangue nelle orecchie.
Si tirò su a sedere. Le mani tremavano.
Il sogno della notte appena trascorsa gli scivolava ancora addosso: un fiore nero che si apriva su un cerchio spezzato, una ferita che non voleva chiudersi. L’immagine gli bruciava negli occhi.
Si alzò lentamente, cercando un punto fermo.
Sul tavolo, la chiave d’avorio riposava liscia e silenziosa. Sembrava diversa, più fredda, quasi viva.
La prese tra le dita. Non c’erano incisioni, né segni. Un riflesso pallido seguiva la luce del mattino.
“Sophia…”
Il nome gli si spense sulle labbra.
Preparò un caffè meccanicamente, come se quel gesto potesse riportarlo in superficie.
Il vapore riempì la cucina di un odore amaro, familiare.
Sorseggiò, guardando fuori.
Il cielo era grigio, compatto. La città respirava piano sotto la pioggia leggera.
L’orologio segnava quasi mezzogiorno. Il notaio lo aspettava — e quella consapevolezza lo fece muovere, più per inerzia che per volontà. Ogni minuto che lo avvicinava a quell’ora gli sembrava un passo verso qualcosa che non poteva evitare.
Un confine. Un ritorno.
Uscì senza quasi accorgersene, lasciando la chiave sul tavolo.
Quando chiuse la porta alle sue spalle si rese conto che l’aveva dimenticata.
Un gesto involontario, forse una difesa.
Sul marciapiede, l’aria gli sferzò il viso. Il cappotto nero, lungo fino alle ginocchia, seguiva i movimenti del corpo, intriso di pioggia e stanchezza. Ogni passo era un ricordo che affiorava e svaniva. Dopo un po’ si accorse di dove lo avevano condotto i suoi pensieri: davanti al Green Lion.
Le luci erano ancora spente, ma la porta era socchiusa. Un gesto automatico, la spinse.
Dentro, il locale era immerso in una quiete irreale.
L’odore di birra e legno, il riflesso opaco dei bicchieri sul bancone, tutto era identico alla sera prima. Tranne lei.
La cameriera dai capelli ramati era lì, appoggiata al banco, intenta a sistemare delle tazze.
Quando lo vide, sollevò lo sguardo.
«Lucian.» Un sorriso, sottile ma sincero. «Sei mattiniero oggi.»
«Hai dormito qui per caso?» chiese lui, più aspro di quanto volesse.
La risata cristallina di lei lo colse alla sprovvista, ignorando completamente la gravità del suo sguardo. Spiazzato, distolse gli occhi.
«Buongiorno» mormorò, cercando di nascondere l’imbarazzo che sentiva montare.
Lei continuò a ridere. Poi si voltò, prese una tazzina e la riempì.
«Caffè?»
Annuì.
La guardò muoversi: gesti rapidi, naturali. Tutto in lei sembrava vivo, semplice, a differenza del caos che lo abitava dentro.
«Notte difficile?» chiese lei, senza voltarsi.
«Un po’.»
La risposta gli uscì automatica, ma la voce gli tremò appena.
Fissò la superficie del caffè, scura e ferma.
Si chiese se anche lei sapesse.
Se anche lei avesse visto quella scena, la sera prima — il Relatore, la chiamata, la fuga.
Ma non disse nulla.
Quando rialzò il capo, lei lo stava osservando. Nei suoi occhi un riflesso che non seppe interpretare.
Ci mise un attimo a rendersi conto di una cosa, banale forse, ma in quel momento non lo sembrò affatto. Lei conosceva il suo nome. Lui, invece… non ricordava il suo. Eppure si erano parlati decine di volte. Anni, forse.
«Come ti chiami?» le chiese d’un tratto, quasi stupito di averlo fatto.
«Pensavo lo sapessi.»
Silenzio.
Lei si limitò a chinare appena la testa, come se avesse deciso di lasciargli il dubbio.
Poi, con voce più bassa: «A volte è meglio non conoscere i nomi. Rovinano la magia.»
Si voltò, e il tintinnio dei bicchieri riempì lo spazio che le sue parole avevano lasciato vuoto.
Lui restò in silenzio, le mani attorno alla tazzina ormai fredda. Fu lei a parlare per prima, con tono più leggero: «Strani i personaggi di ieri sera. Sono colleghi di lavoro?»
«No…»
Scosse la testa, cercando di scacciare un pensiero che non voleva prendere forma.
«No, non sono miei colleghi.»
Lei lo osservò, curiosa. «Ah. Sembravate conoscervi da una vita, comunque.»
Un’ombra gli attraversò lo sguardo.
La vita. La parola lo punse più del necessario.
«Non parlare di cose che non sai.»
Il tono gli uscì più duro di quanto avesse voluto.
Lei si irrigidì appena, senza smettere di fissarlo.
Si rese conto troppo tardi del proprio scatto d’ira. Inspirò piano, provando a recuperare il controllo, ma ormai l’aria nel locale gli sembrava pesante, irrespirabile.
Si alzò di scatto, la sedia graffiò il pavimento.
«Lucian, io…»
Non la lasciò finire. «Scusa.»
Afferrò il cappotto, gettò qualche moneta sul bancone e uscì.
Fuori, la pioggia lo accolse come un rimprovero. Il freddo gli punse le mani, ma era l’adrenalina a farlo tremare.
Camminò senza meta per qualche minuto. Le strade quasi deserte, il rumore dell’acqua sui tetti copriva ogni pensiero.
«Dannazione!»
Cercò il telefono nella tasca del cappotto e compose il numero dell’ufficio.
Un segnale. Due. Tre.
«Lucian? È successo qualcosa?»
La voce dall’altra parte era impastata di sorpresa e irritazione.
«Mi dispiace, non ho avvisato. Ho avuto…» cercò le parole «una questione personale.»
Silenzio.
«Tre giorni senza notizie, e adesso mi parli di una questione personale?»
Strinse il telefono più forte. Il rumore della pioggia copriva metà delle parole, o forse era la colpa che gli ronzava nelle orecchie.
«Lo so. È stato un errore. Oggi non potrò venire, ma domani—»
«Lascia stare domani.»
Il tono del direttore si fece più secco. «Vieni quando ti sentirai in grado. Ma sappi che non possiamo continuare così.»
Chiuse gli occhi, inspirò. «Capito.»
«E Lucian…» la voce si abbassò. «cerca di riposare. Ne hai bisogno.»
Abbassò il telefono.
La pioggia si era fatta fine, ma più insistente.
Tra le mani sentiva ancora un tremito, ma non era freddo. Era qualcosa che lo cercava da dentro.
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- Episodio 1: 2. Soglia
- Episodio 2: 1. Principio
- Episodio 3: 3. Green Lion
- Episodio 4: 4. Cassian
- Episodio 5: 5. Colpa
- Episodio 6: 6. Lascito
La personalità di Luciano è l’aspettavo più coinvolgente di questo capitolo. É un personaggio dalle infinite sfaccettature. La storia procede lenta, dosi con cura gli indizi alimentando la curiosità del lettore. Bravo 👏
Ho letto di fila i cinque capitoli e devo dirti che il tuo modo di scrivere mi piace molto. Segui il personaggio passo dopo passo: sembra di vedere un film. I personaggi intorno al protagonista poi sembrano misteriosi, o forse è lui che proietta qualcosa di sé irrisolto su di loro. Bravissimo, Mariano!
Cia Concetta, mi fa davvero piacere sapere che la storia ti sia piaciuta così tanto!
E sapere che hai letto tutti e cinque i capitoli di fila è una grande soddisfazione — anche perché non sei l’unica ad aver fatto una “maratona” della storia, e questo per me è un segno bellissimo: vuol dire che sto riuscendo a trasmettere entusiasmo e a tenere il lettore dentro il racconto fino in fondo.
Ti ringrazio di cuore per le parole e per aver colto anche le sfumature dei personaggi… è proprio lì che cerco di far emergere i loro (e i miei) lati più nascosti.
Grazie mille per il commento.
Bene, mi è piaciuto!