9. Rinascita
Serie: L'imperfetto
- Episodio 1: 1. Principio
- Episodio 2: 2. Soglia
- Episodio 3: 3. Green Lion
- Episodio 4: 4. Cassian
- Episodio 5: 5. Colpa
- Episodio 6: 6. Lascito
- Episodio 7: 7. Arion
- Episodio 8: 8. Prova
- Episodio 9: 9. Rinascita
STAGIONE 1
Il silenzio era totale.
Per un istante, Lucian credette che tutto fosse finito.
Poi, la terra sotto di lui cominciò a vibrare.
Un tremore profondo. Un battito che risaliva dalle viscere del mondo.
Fece un passo indietro. La vibrazione divenne un ronzio, sottile all’inizio, poi sempre più alto, fino a farsi canto.
«Arion?» sussurrò.
Nessuna risposta. Solo quel suono che cresceva, riempiendo ogni cosa.
Una luce accecante squarciò le tenebre.
Lo attraversò. Lo inghiottì.
Per un attimo, non fu più lui.
Fu altrove. Fu altro.
Nel bagliore, udì parole in una lingua che non apparteneva ai vivi.
Sillabe antiche, graffiavano l’aria come lame di vento.
Quel suono lo trascinava lontano dalla caverna, lontano da sé.
Qualcuno lo stava chiamando.
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Tra colonne spezzate e altari anneriti, un rito proibito prendeva forma.
Tre torce ardevano fioche, sputando fumo denso e oleoso. Il loro bagliore danzava sulle pareti del tempio disegnando ombre che parevano muoversi da sole.
Su una lastra di marmo, al centro del cerchio sacro, giaceva un corpo nudo, unto d’olio e profumato con erbe amare. Le labbra erano pallide, gli occhi chiusi da troppo tempo. Intorno, un cerchio di fuliggine e sangue racchiudeva amuleti di cera trafitti da aghi, ossa, e tavolette di piombo incise con nomi di dèi inferi.
Il Goēs intonava formule in un greco arcaico, la voce roca e spezzata. Ogni parola era una ferita aperta nel mondo.
Ai lati, due assistenti mascherati facevano oscillare incensieri di bronzo, diffondendo un fumo nauseabondo di oppio e cicuta.
«Ecate, signora delle ombre… Persefone, regina dei morti… Mori antiche, spiriti che strisciano nelle vene della terra, vi invoco! Offro sangue e respiro in cambio del vostro potere! Fate tornare l’anima errante, legatela di nuovo al suo vaso di carne!»
Il pugnale d’osso brillò un istante nel buio, poi calò sull’agnello nero ai suoi piedi.
Un getto di sangue caldo si sparse sul marmo, scorrendo tra le crepe e tingendo i simboli incisi.
Il fumo si addensò, fino a velare la luna. Il vento prese a girare in cerchio, spinto da mani invisibili.
Allora, il Goēs si piegò sul corpo e pronunciò un nome.
Una parola che la terra sembrò riconoscere.
Il suono attraversò il velo tra i mondi.
Lucian lo sentì. Un richiamo che lo strappava a un sogno.
Non c’era più luce, solo buio e vento.
Poi, un dolore acuto: mille aghi di ghiaccio che gli trapassavano la pelle — e il suo respiro tornò.
Aprì gli occhi di colpo.
Sopra di lui, un soffitto di pietra. Intorno, il bagliore tremolante delle torce.
Inspirò con forza, tossendo. L’aria era densa di fumo e sangue.
Il mago lo osservava, tremante, ma colmo di terrore reverenziale.
Il suo rituale aveva funzionato.
Lucian si sollevò a fatica. Il corpo non era del tutto suo: ogni gesto, ogni respiro apparteneva a qualcun altro.
Non era un sogno. L’odore del mare lontano era troppo reale, tagliente.
Tentò di ricordare una vita precedente. Il Green Lion, Arion.
I ricordi erano frammenti sbiaditi, pittura consunta da secoli di pioggia.
«Sono di nuovo qui…» mormorò, sorpreso delle sue stesse parole.
Non ricordava quando, né come, fosse stato lì per la prima volta.
Fuori, oltre le rovine del tempio, l’alba cominciava a filtrare tra i monti.
Restò immobile sulla lastra di marmo, ancora tremante, mentre il suo respiro graffiava l’aria densa di fumo e sangue.
Le torce vacillavano. Ogni movimento del fuoco faceva sembrare le ombre vive, come se gli spiriti evocati non fossero del tutto tornati nei loro abissi.
Solo allora si accorse degli uomini che lo circondavano.
Il Goēs era in ginocchio, il volto scavato da anni di privazioni, gli occhi spalancati in un misto di estasi e paura.
I due assistenti, maschere d’argilla ancora bagnate di sudore, indietreggiavano di un passo per volta per non farsi notare da ciò che avevano appena riportato in vita.
Si sollevò lentamente, senza dire nulla. L’aria gli bruciava nei polmoni, ma non cercò risposte. Aveva la certezza istintiva che nessuna parola umana avrebbe potuto spiegare ciò che era appena accaduto.
Scese dalla lastra. I suoi piedi nudi toccarono la pietra fredda, e per un istante il contatto gli parve irreale.
Attraversò il cerchio rituale senza esitare. Il sangue rappreso scricchiolò sotto la suola. Il fumo si aprì al suo passaggio.
Nessuno osò fermarlo.
Solo quando la sua figura scomparve nel crepuscolo mattutino, uno dei due assistenti trovò il coraggio di parlare.
La sua voce era un sussurro spezzato.
«Lei… non si arrabbierà, se lo lasciamo andare?»
Il Goēs non rispose subito. Continuava a fissare la porta da cui Lucian era uscito, le mani tremanti ancora macchiate di sangue.
Poi, a bassa voce, come se parlasse a sé stesso.
«Se è davvero lui, non c’è forza al mondo che possa trattenerlo.»
Lucian avanzò tra le rovine, mentre l’alba cominciava a nascere dietro le vette dell’Imetto.
L’aria della notte cedeva il posto a una luce pallida, incerta.
Il monte, coperto da ginestre e ulivi contorti, sembrava respirare insieme a lui.
Dalle fenditure nella roccia saliva un odore di resina e pietra bagnata.
Ogni passo era un ritorno alla vita, ma non del tutto. C’era ancora qualcosa di estraneo nel suo corpo. Un ritmo che non gli apparteneva.
Dal crinale, la pianura attica si aprì sotto di lui.
La vide: Atene.
Non la città delle rovine future, ma la metropoli viva del mondo antico. Un mare di tetti bianchi, templi dorati dal primo sole, colonne che si stagliavano contro il cielo come preghiere di pietra.
Dall’agorà saliva un mormorio lontano: voci, richiami, il suono di martelli e zoccoli.
Rimase immobile, per un istante.
Il vento gli portò il profumo del mare e del pane cotto, del ferro e dell’incenso.
Un mondo vivo. Pulsante. Indifferente al suo ritorno.
Si incamminò lungo il sentiero che scendeva dal monte.
Dietro di lui, il tempio si perdeva tra gli alberi.
Davanti, la città cresceva a ogni passo, fino a inghiottirlo.
Avanzò lentamente lungo l’agorà, immerso nella grandezza vibrante dell’antica metropoli.
Statue di divinità ed eroi adornavano le piazze, mentre i suoni della vita quotidiana – mercanti che contrattavano, filosofi che discutevano sotto i portici – riempivano l’aria.
Ogni volto gli pareva familiare e sconosciuto al tempo stesso.
Il passato gli camminava accanto.
Lì, incastonato come una ferita nel tessuto della città, sorgeva un edificio annerito.
Le sue mura parevano assorbire la luce del giorno, rendendo l’aria più fredda.
Sopra l’ingresso, uno stendardo nero pendeva immobile.
Quando si avvicinò, il simbolo emerse dall’ombra: un fiore nero, cinto da un cerchio spezzato da cui si irradiavano linee sottili.
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- Episodio 1: 1. Principio
- Episodio 2: 2. Soglia
- Episodio 3: 3. Green Lion
- Episodio 4: 4. Cassian
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- Episodio 7: 7. Arion
- Episodio 8: 8. Prova
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Ciao Mariano, questo episodio è bellissimo. Entusiasmante! In questo passaggio “«Ecate, signora delle ombre… Persefone, regina dei morti… ” avrei aggiunto un richiamo a Dionisio o Demetra (suggerimento di una fissata, niente di più!) non vedo l’ora di leggere il resto. Bravo 👏👏👏👏
“Tre torce ardevano fioche, sputando fumo denso e oleoso. Il loro bagliore danzava sulle pareti del tempio disegnando ombre che parevano muoversi da sole. “
Questa descrizione è da brivido 👏 👏 👏
Sembra che il protagonista sia tornato indietro nel tempo: forse in una vita precedente? Bravo, Mariano!
Molto interessante!