Ancora un po’
Erano passati otto mesi dall’infarto di Antonio. Il dottore gli disse che doveva smettere di fumare, bere e stressarsi troppo, sennò, sarebbe successo ancora.
Antonio era un signore di quarantanove anni, alto, sovrappeso e con un carattere molto asettico. Non è stato sempre così, ma, dopo aver perso la sua attività per i troppi debiti accumulati e per la cattiva gestione, Antonio si dovette trovare un lavoro a tempo pieno, insieme alla moglie che, prima della chiusura dell’attività, non lavorava. La vera causa del suo cambiamento non fu tanto il fallimento dell’azienda, ma fare un lavoro per cui non provava interesse; si sentiva ingabbiato e poco stimolato a fare il mulettista per nove ore al giorno. Il cambiamento di Antonio danneggiò il rapporto con la moglie e il figlio. I due si parlavano solo quando dovevano fare i conti per pagare le bollette, mentre con il figlio diventò molto freddo e distaccato. Il tempo libero lo passava a bere, da solo, nei bar della città, a fumare e dopo un po’ di noia e soldi messi da parte, iniziò a giocare d’azzardo, il che influenzò l’economia domestica, portando la moglie a minacciarlo, se non avesse smesso, di chiedere il divorzio. Anche la moglie risentì il fallimento dell’attività, prima di allora non aveva mai lavorato, si occupava della casa e del figlio, ma dopo la disgraziata, dovette trovarsi un lavoro. Lei si abituò, facendosi piacere quel tipo di vita semplice e monotono. I mesi passarono e Antonio non mostrava alcun segno di voler ritornare in careggiata. La moglie notò che il matrimonio stava andando male, essa provò a parlare con il marito per trovare un modo o cercare una soluzione per uscirne insieme, ma Antonio evitò sempre di affrontare un tale situazione.
Dopo l’infarto, Antonio prese più seriamente la sua salute e, soprattutto, della sua famiglia. Le cose andarono bene per un po’ di tempo. Il lavoro che tanto detestava, piano piano, imparò a farselo piacere, talmente tanto che riuscì a ricevere una promozione. Il rapporto con la moglie e il figlio tornò ad essere quello di una volta. Antonio riagganciò i rapporti con i suoi vecchi amici. Stava vivendo una vita semplice, ma una vita che viveva con la consapevolezza che non gli appartenesse, ma decise di indossare quel ruolo che tanto odiava per andare avanti. Lui amava sua mogie e suo figlio, non avrebbe mai rovinare la loro vita, ma dopo aver portato un’azienda al fallimento e riempito lui e sua moglie di debiti, si prese tutte le colpe. Questo pensiero, dopo l’infarto, abbandonò la sua mente, ma una sera, dopo aver finito il suo turno di lavoro, quel pensiero tornò a girovagare per la sua testa. Nulla in particolare particolare fece in modo tale che Antonio ripensasse al passato, ma, successe. Quella sera, dopo lavoro, lui andò in un bar. Non beveva e fumava da anni, ma quella sera, dopo essersi fermato a comprare le sigarette, entrò in un bar a bere qualcosina di leggero.
Drink dopo drink, Antonio iniziò a sentirsi la testa pesante e il fiato corto.
– Dove sono? disse Antonio.
– Ti sei svegliato! Bene. E’ giunto il momento anche per te di andare.
– Chi parla? Non vedo nessuno. Questo non sembra un ospedale o il salotto di casa mia. Sarà un sogno, probabilmente, un sogno dove sono consapevole di star sognando.
– Ti piacerebbe che lo fosse, eh? Ma, non è così! Siamo al capolinea. Ed io ti accompagnerò.
– Smettila cazzo! Stai dicendo cazzate! Fatti vedere! Se dovesse essere una specie di scherzo, complimenti, siete stati bravi.
– Come scherzo non sarebbe male, comunque, bella fantasia Antonio. Ma sei veramente al capolinea. Ora siamo in quel momento dove, di solito, chi arriva inizia a chiedere perdono e salvezza.
– Cristo! Ok! Sono calmo! Magari sono un po’ brillo e sto avendo delle allucinazioni o cose del genere.
Delle immagini vennero proiettare nel nulla e Antonio le guardò.
– Ma quello sono io! Sono io sdraiato sul letto d’ospedale con mia moglie e mio figlio accanto. Che cazzo significa?
– Che stai per morire!
– Ma… come sto per morire!
– Sì! Il dottore te l’aveva detto di non fare più abuso di fumo e alcol, ma, soprattutto di non stressarti tanto, perché non avresti retto. Più che altro, tu, bello mio, ti sei proprio tuffato in quei drink. Ti stavo osservando mentre ti ubriacavi, e cazzo, bere tutti quei negroni uno dopo l’altro, sicuramente non ti ha aiutato.
– Sfotti adesso?
– Sì, ti sfotto! Potevi evitarlo, ma, quello che pensavi fosse così importante non lo era a quanto pare.
– Smettila! Come ti permetti di dire certe cose. Non sai niente, non sai cosa ho passato o quanto tengo alla mia famiglia, non sai niente!
– Antonio, dovevi fare solo una cosa, andare avanti e non l’hai fatto.
– Lo so! Ti prego, dammi ancora un sorso, una goccia, ancora un po’ di vita, ti prego, non posso andarmene via così, anche se non gli ho dato la giusta importanza, ne sono dipendente. Non voglio che finisca, voglio passare ancora degli attimi con mio figlio e mia moglie, almeno per dire loro che mi dispiace, almeno per dire loro che gli ho sempre amati.
– Potevi farlo, ma, ora sei qui e tra un istante non ci sarai più.
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Un racconto piuttosto duro, è giusto ricordare che nessuno di noi conosce la propria data di “scadenza”. Prenderci cura di noi è parte del processo, come pure profittare di ogni singolo secondo a nostra disposizione