
Primi di Giugno
Ai primi di Giugno, i giorni di scuola si possono veramente contare con le dita di una mano. Il caldo opprimente obbliga ad arrivare in classe in maniche di camicia. In tutto l’istituto si respira un’aria di smobilitazione generale. I professori cercano frettolosamente di completare le verifiche scritte e le interrogazioni raccomandando ai discenti di avere pazienza e di sostenere con lo spirito giusto gli ultimi sforzi richiesti, pena la bocciatura in una o più materie o all’esame di maturità. In classe, inutile dirlo, ci si annoia a morte. Le ore di latino, per esempio, sono uno strazio: “L’uccellino pipila nella gabbietta della principessa”, tuona la voce della professoressa Marini, che nella nostra quinta, in vista dell’esame finale, conduce ancora esercitazioni di traduzione dall’italiano. Sembra minacciarti, quella voce, e rimbomba tra i muri della classe. Si sa che le lezioni della Marini, a finestre spalancate possono essere comodamente seguite, da chi volesse ascoltarle, anche seduti sulle panchine sconnesse del giardino scolastico. “L’uccellino pipila nella gabbietta”, ripete la prof, mentre tra i banchi c’è sempre qualcuno che continua stupidamente a ridacchiare immaginando e facendo immaginare al compagno di banco il doppio senso che si potrebbe attribuire alla frase. Do uno sguardo al libro e due alla finestra, in attesa che l’ora di latino finisca. I più volenterosi tra i miei compagni cercano di sforzarsi a prendere appunti, chissà con quali risultati. In quel clima di scazzo feroce sentiamo un urlo strozzato provenire da fuori. È un attimo: gli sguardi sono tutti rivolti in direzione della finestra, alcuni si alzano dal banco. Vediamo una sagoma con degli indumenti svolazzanti precipitare giù da uno dei due piani superiori. In corrispondenza della nostra classe, al piano di sopra, c’è la terza F, che a quanto sappiamo doveva uscire alla seconda ora. Sentiamo un tonfo e tutti di corsa ci affacciamo alle finestre. La gonna plissettata blu, la camicetta bianca, una giacchina gialla, scarpe da tennis bianche (lo zaino variopinto è volato a qualche metro di distanza): ognuno di noi riconosce facilmente Martina della quarta F, nel corpo riverso da cui parte un rivolo di sangue che continua ad allungarsi. Dicono abbia perso il suo amore solo da pochi giorni e che sarebbe stata rimandata in due materie. Non servono i soccorsi, a quella ragazza timida e solitaria, ma a volte solare e addirittura brillante. Nessuno, proprio nessuno, può più fare niente per aiutarla.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Grazie Simone, per l’apprezzamento… Saluti! GGM
Il disagio giovanile, la depressione, il senso di colpa, il timore di affrontare la vergogna e l’imbarazzo di tornare a casa dai genitore e dire la verità: non sono stato promosso. Un breve scenario che racconta una realtà sociale difficile e ancora senza antidoto. Speriamo, un giorno, di poter stravolgere questo finale.