Eli
Avevo perso la mia miglior commessa e l’avevo rimpiazzata con la prima che mi si era parata davanti, Eli. Una biondina sottile che mi aveva colpito per il suo parlare pacato, quasi un sussurro. L’avevo assunta con un contratto a tempo indeterminato con tredicesima e compagnia bella. Un mese prima di natale si licenziò per ragioni che vi dirò più avanti. Qualche giorno dopo mi arrivò la telefonata di suo padre che mi lasciò di sasso.
Era un mercoledì e mi trovavo nei corridoi dell’INPS. Fu una vera aggressione verbale. Disse di tutto dandomi del “Terrone di merda”. Sosteneva che non avevo pagato la figlia minacciando di denunciarmi.
Già mi vedevo davanti a un giudice. Ci ero già passato anni prima e mi era costato ventiquattro milioni. Una donna era venuta a lavorare da me il 4 agosto Le avevo detto di passare dal commercialista per regolarizzare l’assunzione ma essendo agosto la cosa si era trascinata per tutto il ferragosto senza che la sua assunzione fosse regolarizzata. IL 25 non viene più a lavorare, la settimana dopo le inviai lo stipendio tramite un’altra mia commessa. Due giorni dopo mi arrivò la denuncia tramite sindacato: era tutto concertato, il sindacalista era suo convivente. Dovetti pagare una multa, sei mesi di stipendi, la liquidazione e altro: 23 milioni e 432 mila lire per 25 giorni di lavoro, un salasso. Ricordo ancora le parole del giudice, una donna arcigna e razzista.
-Lei pensa di venire qui da Napoli per sfruttare lo stato di bisogno delle nostre giovani…
A nulle valsero le testimonianze delle altre commesse, ero colpevole e dovevo pagare.
Ora succedeva di nuovo.
La rabbia non mi faceva pensare. Ne parlai con mia moglie che mi consigliò di pagare.
– Dagli quei cazzo di soldi e levatela di torno se non vuoi andare al manicomio, sai come dice l’avvocato vero? Meglio un cattivo accordo che una causa!
Le dissi che sarei andato a sentire e qualche giorno dopo ero in via Alessandro Vertigo numero otto.
Mi aprì il padre di Eli, un operaio cassaintegrato che ce l’aveva con il mondo perché aveva perso il lavoro. Era da solo, Eli aveva pensato bene di non farsi trovare. Il padre la prese alla larga, cominciò col dire che anche loro devono pagare le tasse, che è difficile arrivare a fine mese, che la figlia aveva lavorato e doveva essere pagata di tutto. Dissi che avrei fatto ricontrollare i conti e se mancava qualcosa, glieli avrei fatto avere. Più disponibile di così! Ma lui voleva subito duemila euro! altrimenti… Non potevo permettermi la denuncia di un dipendente, mi accordai per mille e glieli mollai. Lui intascò i soldi e mi spinse fuori sbattendomi dietro la porta, non prima di avermi dato del terrone di merda.
Troppo scosso per guidare mi fermai più avanti a riflettere. – E se ritorna alla carica? Pensai. – Se mi chiede altri soldi? – La testa cominciò a frullarmi di brutto, dovetti mandare il sedile all’indietro, stendere le gambe, appoggiare la testa e chiudere gli occhi. Restai così per un po’, poi qualcuno bussò al finestrino. Aprii gli occhi: un omone mi guardava con aria interrogativa. Abbassai il finestrino e gli chiesi:
– Ha bisogno?
– Che cosa fa qui? – Mi domandò di rimando. Fui tentato di mandarlo a quel paese, ma era troppo grosso, e mi sforzai di essere il più gentile possibile:
– Mi sto riposando – Risposi.
-Non può sostare qui, è sul carrabile della caserma –
Alzai gli occhi e vidi l’insegna dei carabinieri. Veloce a inventarmi le cose ne sparai una delle mie:
-Lo so, volevo parlare con il comandante, ma è chiuso.
– Sono io il comandante in cosa posso servirla? – Disse con tono ironico. Per un attimo rimasi interdetto, non sapevo cosa dire, balbettai qualcosa, poi un’idea strampalata mi si affacciò alla mente, scesi e cominciai il mio show.
– Si tratta di una cosa alquanto delicata – Cominciai. Sorpreso mi squadrò ben bene.
-Mi dica, le evito di tornare domani. – A quel punto ero in ballo e dovevo ballare. Assunsi un’aria imbarazzata e cominciai:
-Ho delle attività qui vicino. Prima di natale una mia commessa ha lasciato il lavoro, si è dimessa. Io l’ho pagata, ma lei deve aver riferito al padre di non essere stata pagata. Sono stato appena adesso a parlare con il padre, gli ho mostrato la ricevuta, ma ha asserito che la firma era falsa che la figlia non mente. Mi ha chiesto duemila euro. Non volendo rogne, mi sono accordato per mille… sa, per evitare, ma quando sono salito in macchina mi ha assalito il dubbio che potrebbe chiedermene ancora. Per questo ero fermo a pensare. -L’omone aggrottò la fronte e mi chiese:
– La ragazza fa di cognome Rosati?
-Si, Eli Rosati, come lo sa?
-Il signor Rosati è venuto da me- – Qui si mette male – Pensai, il padre era già è passato all’attacco.
– Ah, mi ha denunciato e si è preso anche i mille…- dissi
– No, non l’ha denunciato, per ora. Ma mi dica, perché la ragazza dovrebbe dire che non è stata pagata, è gente a posto… li conosco, non farebbero mai una cosa simile
– Posso parlare liberamente?
-Deve –
– Con la ragazza ho avuto una storia. Eli era in un periodo nero, aveva scoperto che il marito la tradiva con una sua amica, si è confidata e siamo finiti a letto. Da quel giorno però non si è più comportata bene sul lavoro, mi mancava continuamente di rispetto; una volta mi ha mandato persino al diavolo davanti ai clienti. Non so cosa avesse; ciliegina sulla torta, se ne è andata la settimana prima di Natale senza preavviso, che io le ho anche pagato.
L’omone rimase per qualche secondo in silenzio poi disse:
– Facciamo così, lei non parli più con loro, me ne occupo io. Parlo con il papà della ragazza e vedo di appianare la situazione. Se non mi sente per fine settimana vuol dire che la cosa è appianata. D’accordo? -Non finivo di ringraziarlo, alla fine lui allungò il braccio per darmi la mano e congedarmi, me la stritolò e prima di lasciarmela disse:
– E lasci perdere quelle giovani, sono mine vaganti – Feci segno di sì con la testa con un mezzo sorriso e salii in macchina e partii soddisfatto.
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