Alla villa di don Sariddu

Serie: Ziu Pippinu


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ziu Pippinu dà lezioni al nipote Peppi

— Entra, entra giovanotto, accomodati… qua in questa poltrona. —

Con voce sicura e quasi rassicurante don Sariddu fece accomodare a Peppi nel salotto di casa sua.

— Mi fa piaceri che tu sia venuto da me stasera, vedo che stai incominciando a ragionare, e sono sicuru che hai avuto un consiglio prezioso. —

— Don Sariddu, il piacere è miu, tuttu. Sono venuto di mia spontanea volontà, no, nun fu mio nonnu a dirmi di vèniri, no. —

Peppi non riusciva a taliarlo negli occhi mentri diceva quella menzogna. Era imbarazzato, un po’ russo in faccia, e quasi gli tremava la voci. Aveva paura che quell discussioni finìa mali, aveva quel bruttu presentimentu.

— Beni, allora hai deciso di metterti sulla retta via come si dice, vedi giovanotto, quando nella vita uno sbaglia, deve cercare di riparare prima possibile e non sbagliari ciui (più), sennò a che servono gli errori, no? A crisciri, con gli errori si va avanti e non con le cose azzeccate, mai Maria, mai Maria…—

Don Sariddu parrava lentamenti, dando ad ogni parola quel peso che necessitava avere, come se tirava delle pietre, come se dava dei pugni in pancia a quel giovane impaurito.

— No, chi sbaglia avanza, chi anzetta ( indovina) resta fermu. Iu errori ne ho fatti tanti, ma tanti, e ora, nun mi puozzu (posso) lamintari grazi a Diu. Comu viri, sugnu in uno stato dí saluti, ma passu bona, e questo grazi e sbagli, sennò starei friscu. Tu, Peppi, caru giovanottu, con me non hai sbagliato e mi diaspiace dirtelo, mi hai preso per il culo e continui a farlo. Anchi stasera. È accussì?—

Mentri che domandava al picciuottu quelle cose, si alzò da dove s’era seduto, prese una bottiglia di whisky e ne offrì a Peppi che gentilmenti dovette accettari quel bicchierino di cortesia.

— Grazi don Sariddu, grazi. Buonu stu whisky. Mai e poi mai mi sarei permesso di coglioniarlo don Sariddu, mai questo. Sintissi, voglio riparare con lei. Vede, centomila euro io oggi non ce l’ho, però li avrò, se lei mi dà qualche tempo, quello necessario, iu le giuru che salderò tuttu, comu vuogghiu (voglio) beni e ma figghi! —

— No, no, lasciamo stari i figghi unni ( dove) sunu. Perciò secondo te io dovrei darti tanto tempo quanto necessario ca tu mi restituisci centomila euro? E dimmi una cosa, quanto dovremmo campare io e te? Duemila anni? Comu farai? Ah? —

— Farò. Mi metterò a lavorare sodo, notti e gghiuornu (giorno), non mi fermerò finu a quando non mi avrò restituito l’onore.—

— E che lavoro sarà? Il rapinatore? Peppi, te lo devo diri iu quanto ci vuole per mettiri tutti quei danari da parte, iu te lo debbo diri? Sientimi, ci sono stradi più corte…—

Peppi appena sentì quelle parole, ebbe un movimento nelle viscere, sentì na calura pazzesca nella panza, quasi si contorse lui e tutte le sue budella. Ci siamo pensò, lo ammazzo subbitu! Sì guardò attorno e con sua soddisfazioni si addunò ( accorse) che erano soli. Se don Sariddu avesse sbagliatu a parrari, avrebbe presu u ferru do caminu che avìa accanto e glielo avrebbe sbattuto in testa a quel pezzo di merda. Sentì un formicolio nelle mani.

— Sarebbe? — disse trattenendo la rabbia e non facendo accapiri (capire) nenti a don Sariddu u stuortu.

— Sarebbi che non posso aspettare tuttu stu tiempu, impossibili! Tu accetteresti? Nun piensu! Quindi… ti presentu o ma amicu Gaetanu. —

Si aprì una porta ed entrò un uomo alto almeno due metri, almeno di centoventi chili, tuttu vestitu di niuru (nero), che si avvicinò a Peppi. Il picciuottu lo taliò con timori. Cosa significava a diri? Lo volevano ammazzari? Si ritirò un po’, si irrigidì, si alzò in piedi e tentò di guadagnare l’uscita, ma don Sariddu gli si parò davanti, bloccandolo.

— No, no Peppi. Ti sembra che abbiamo finito di parrari iu e tia? A mia mi sembra di no! Siediti, e ascolta bene quello che ti dico. — Peppi lentamenti tornò a sedersi, taliando ora a don Sariddu ora a du pezzu di armadiu che lo vardava ( le faceva la guardia).

— Sienti una cosa Peppi, ti faccio una domanda secca, e tu mi risponderai, si o no, secco. Va bene? — disse don Sariddu avvicinandosi con la sedia alla poltrona dove stava seduto il picciuottu.

— Va beni — rispose Peppi chiaramente intimorito.

— A tia ti piaciunu i fimmini? —

— Chi voli diri don Sariddu… certu picchì sta domanda? —

— No, no… devi rispondere si o no, caputu? —

— Capito… Sì. —

— Bravo, i fimmini sono il sale del mondo, senza di loro nun c’è piaciri. Gaetanu, ma tu t’immagini una sula jurnata senza li fimmini, tu ti ci viri? —

— Don Sariddu, e comu s’avissi a fari? Impossibili! — disse il gigante.

— Giusto! Comu s’avissi a fari? E poi, Peppi, dimmi, una fimmina devi essere bedda, una ca quannu sulu la talì (la guardi) ti si arrumina (mescola e bolle) il sangue nelle vene, sulu quannu ci guardi gli occhi ti ci perdi, sanu sanu( interamente). Dimmi Peppi, figurati se puoi diventa tua na fimmina del generi… Uhuuu mamma mia! Non ci voglio pensari. Che dici tu, che dici? —

Peppi era diventato tutto rosso in faccia, sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro, ma poteva solo fare il botto, nun cunciurìa ( concludeva) nenti. Comu doveva fari a liberarsi da quei due? Perché aveva preso le parole di ziu Pippinu? Lo avrebbe voluto là, accanto, lui sì che sarebbe stato in grado di battere questi due minchioni. Le vene della testa gli si vedevano pulsari. Sapìa dove vulìa arrivari quel bastardu.

— Si, certu, soprattutto quannu sai che è sulu roba tua, diventa ancora ciù(più) bellu.—

— Eh roba tua, ma chi si del milleotticento tu? Oggi lo sai che a certe cose non ci si tiene più. Si è veru, in passato soprattutto nella nostra terra era una cosa insopportabili, ma oggi, Peppi, oggi le cose sono cambiate, nun criri? —

— Nun criru don Sariddu, con tutto il rispetto nun piensu che è accussì comu diciti voi — disse Peppi piano piano, come quasi a non farsi accapiri, comu a mangiarsi le paroli che diceva, ma le disse e furono antisi ( sentite).

— E invece ti dicu che c’è tantu di pilu ammiscatu (mischiato) che tu non hai idea, e se nun hai idea, mi dispiaci dirtelo, sei un ingenuo. Peppi, bisogna stari attenti a queste cose. A volte la fimmina si siddìa( si annoia), la monotonia di stari sempri con lo stesso uomo la rende depressa, e minchia, una fimmina depressa su cazzi! A volte le piace un altro uomo, e che vuoi fari? Mica si può andari contro natura, a certe cose occorre cedere, nun piensi? —

— No. —

— No? Nun sulu ingenuo, ma anchi minchione sei, e secondo te le corna ce l’ha solo il toro? Se le metti una dopo l’altro le corna, puoi arrivare sulla luna e ritornare per riandarci. —

Due risate scoppiarono in quella stanza, rumorose e durarono anche un po’. Peppi rimasto serio li guardava. Guardava pure il camino!

Serie: Ziu Pippinu


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Discussioni

  1. Assurdamente bello!
    Non mi stancherò mai di leggere i tuoi racconti. E, poi, Don Sariddu è veramente una sagoma in certi momenti! Mentre leggo me lo immagino con quella sua voce profonda e leggermente gracchiante, come da persona vissuta e piena di esperienze da narrare.