Considerazioni del sig.Moroni

Estratto proveniente dal diario del Sig. Moroni

19 Novembre

Sin da piccolo, la letteratura dell’orrore ha sempre esercitato un certo fascino su di me, un fascino alimentato, tra le altre cose, anche da una immaginazione estremamente fervida e, sotto certi aspetti, anche contorta.

Leggevo e stimavo i più grandi, come Lovecraft e Poe, tant’é che la loro arte del macabro divenne qualcosa a cui io stesso volli attingere, non più da lettore, ma da autore.

Volevo isolare le mie fantasie più recondite sulla carta, utilizzando come pretesto quel genere letterario e i suoi estimatori come permesso per esprimere quelle storie riluttanti, forse, per una buona parte di lettori non avvezzi al genere.

Appena presi carta e penna, mosso da un entusiasmo irrefrenabile, simile a quello che prova il bambino alla vista di un nuovo gioco, mi dovetti rendere conto che, per quanto mi sforzassi, difficilmente venivano a galla le idee, le storie che tanto ero certo emergessero in me con naturalezza.

Com’era possibile?

Davvero non trovavo la giuste idee, che per tanto mi sembravano ribollire nel mio cervello, in attesa che le rovesciassi fuori?

Si erano dunque evaporate senza che me ne accorgessi?

La risposta a queste domande arrivò con la stessa naturalezza con cui me le posi: la verità è che avevo paura di mettere su carta le mie fantasie, perché le trovavo superiori in quanto a macabro ed inquietante ad ogni storia che mi capitò mai di leggere.

Mi sembrava che oltrepassassero qualsiasi limite imposto segretamente dalla letteratura, e perciò le soffocavo alla ricerca di qualcosa di più artificiale, che rientrasse nei suddetti limiti, e che non sembrasse l’incubo di un bambino, un incubo dall’indicibile terrore per la naturalezza con cui era emerso.

Privandomi, però, dei limiti di buonsenso che mi ero autoimposto, ecco che le mie fantasie tornavano a scorrere libere come in un fiume dalle forti correnti. Mi ero deciso ad attingere a quella scorta potenzialmente infinita di orrore, di fantasie pregne di atmosfere oniriche provenienti da sogni in cui erano nate e a cui io davo il permesso di proliferare.

Ed ecco che mi ritrovo, come da principio, a sedere sulla scrivania, alimentato dal mio solito entusiasmo, con carta e penna che mi scrutano sospettosi, diffidenti.

Vomitai fuori di me tutto quello che la mia mente era in grado di concepire .

E scrissi.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Il processo attraverso il quale le fantasie si fanno materia, per molti autori come la sottoscritta, è paragonabile alla possessione. Come Giancarlo, sono curiosa di addentrarmi in quelle che vorrai condividere con noi