
F50, anno Domini 2052
Serie: Futurguerra aerea
- Episodio 1: Su-900, anno Domini 2058
- Episodio 2: Steel Eagle, anno Domini 2058
- Episodio 3: Ripper Bug 99, anno Domini 2059
- Episodio 4: B100, anno Domini 2051
- Episodio 5: F50, anno Domini 2052
- Episodio 6: MiG X, anno Domini 2055
- Episodio 7: F60, anno Domini 2056
- Episodio 8: Storm Basilisk, anno Domini 2056
- Episodio 9: Ruiseñor, anno Domini 2057
- Episodio 10: Mirage Dassault France, anno Domini 2057
STAGIONE 1
U.S.A.F.
Casey era fiero di farne parte.
Non era una cosa da poco. Dopo la laurea in ingegneria e l’accademia, era felice di essere un colonnello dell’Aeronautica stars and stripes.
In quel momento era sotto il sole dei Caraibi e lo osservava con gli occhialini scuri.
L’obiettivo non era distante.
Era partito dalla punta meridionale della Florida, adesso mancava poco a che arrivasse sopra Cuba.
Casey era un nerd, era un cavaliere dell’aria.
Si era guadagnato il grado di colonnello sia perché era disciplinato, ma anche perché era competente. Sapeva tutto dell’F50 e lo usava con destrezza.
L’F50 era comodo da usare. Era maneggevole e si potevano fare manovre agili.
«Ragazzi, fra poco ci siamo.»
Gli altri ufficiali piloti reagirono con parole d’assenso.
Erano dodici F50 in tutto, erano la caccia americana; non tutta, ma la punta di diamante.
Comparve l’isola caraibica. Sotto i banchi di nuvole si vedevano accendersi dei fiori di fuoco.
Un gruppo di Tupolev cubani stava muovendosi verso settentrione. Casey li aveva notati in anticipo grazie al radar di rilevamento aereo, ma solo ora li stava vedendo a occhio nudo.
I dodici F50 si spostarono verso occidente. Da che i Tupolev erano a ore tre, adesso erano a ore dodici.
Casey preparò le armi dell’F50. Non lancia, spada e azza, ma un nugolo di Death-hawk.
I Tupolev erano cinque, sopra di loro c’erano delle ombre.
Le ombre discesero. Si trattava di una muta di Su-900.
Casey non comprese quanti erano, perché si muovevano di continuo. Certo, dovevano essere molti. Di più dei dodici F50 comandati da lui.
«Formazione compatta. Entriamo a ranghi serrati e colpiamo al cuore» borbottò Casey.
Di nuovo, via radio giunsero parole di assenso.
Quando mancavano tre chilometri dal contatto Casey tirò una salva di Death-hawk. Fece un fuoco di saturazione. Dai piloni subalari se ne staccarono quattro. «Quattro! Quattro ciascuno!»
Un totale di quarantotto Death-hawk sfrigolò nell’atmosfera. Almeno un fronte di fuoco di due chilometri.
Casey si ricordò di aver letto da qualche parte che in passato gli aerei caccia avevano molti meno missili a bordo. Era buffo, secondo lui, perché adesso gli apparecchi erano meglio armati.
Gli Su-900 reagirono con sventagliate di mitragliatrice e lanci di missili aria-aria.
Quelli erano latinos, non asiatici, non avevano la concezione del sacrificio estremo.
Gli Su-900 deviarono e solo due furono colpiti da altrettanti Death-hawk. Uno ebbe un’ala tranciata e precipitò come un sasso, un altro si ritrovò senza coda e calò in terra rilasciando una scia di carburante bruciato come se le fiammate del postbruciatore si fossero unite e avessero esteso il raggio della fiammata. Solo che, in questo caso, la fiamma non aveva anelli ed era irregolare.
I piloti si eiettarono.
Uno degli F50 puntò verso uno dei due paracadute non appena l’aviere cubano si era sganciato dal sedile.
«No, Henry, noi siamo cavalieri dell’aria, non inferiamo. Ritorna nei ranghi» sbraitò Casey.
Henry, da dieci anni nell’U.S.A.F. e di grado capitano, obbedì.
Casey si era distratto.
Ormai il combattimento era scoppiato.
Se gli F50 erano in formazione compatta a parte gli aviogetti di Casey ed Henry, i Tupolev cercavano di sgusciare via e gli Su-900 li avevano circondati.
Anche se a costo di due avioreattori, i cubani stavano per prevalere.
I dieci F50 spararono nuovi Death-hawk, stavolta un tiro a libertà. Fiatarono anche con le FF21 o le FF22. Le mitragliatrici da venti millimetri erano state montate a discrezione dei piloti. In tutto, sui dodici caccia intercettori, c’erano quattordici FF21 e dieci FF22.
Casey aveva un paio di FF22.
Le usò di concerto per sciabolare colpi contro un Su-900.
L’abitacolo si infranse. Ci fu una nebulosa di sangue, la quale poi si dissolse.
L’Su-900 si era spezzato in due frammenti, i quali precipitarono come dei sassi.
Ma quanti ce n’erano? Casey non avrebbe mai pensato che le F.A.R. avessero così tanti jet da combattimento.
A meno che, non gli venne in mente, quei Tupolev avevano un’importanza capitale.
Era raro, ma succedeva che i cubani arrivassero a bombardare Miami.
Se quei Tupolev erano così protetti, avevano una scorta tanto combattiva, poteva darsi che a bordo avessero qualche diavoleria strana.
Non era che la Federazione Russa aveva regalato ai cubani uno o più ordigni nucleari?
L’idea fece venire il freddo lungo la schiena di Casey.
Gran parte degli Su-900 erano concentrati sui dieci F50, i quali si difendevano a riccio. Come cowboy si agitavano in quella cappa e consumavano i Death-hawk e le pallottole di mitragliatrice per uscirne.
Mentre i dieci F50 erano lì, i cinque Tupolev stavano dileguandosi.
«Henry, a me!»
«Agli ordini.»
«Inseguiamo quei bombardieri.»
«Con piacere.» Forse rise.
Li tallonarono.
Erano spediti, i Tupolev, cercavano di scappare.
Casey era sulla scia di condensa di uno di quelli. Preparò un Death-hawk e tirò.
Era troppo vicino e il Death-hawk si infranse contro il motore e, per un momento, la coda di quell’aquilotto fu sostituita da un fiore di fuoco.
Il Tupolev cadde all’indietro, poi si agitò. Da lì spuntarono dei funghi. Almeno mezza dozzina. L’equipaggio si era salvato.
«Non mitragliare gli avieri cubani, Henry. Pensa a…»
Aveva capito, Henry. Ne abbatté un secondo e quest’ultimo si ritrovò con un’ala polverizzata.
Casey non badò alla sorte dei cubani a bordo del secondo Tupolev.
Ne restavano tre.
Casey ne danneggiò uno irrimediabilmente ed Henry un secondo. Alla fine, ne era rimasto uno solo che aveva fatto una fuga neanche fosse un ciclista.
Lo tallonarono.
«Colonnello, dei segugi ci stanno addosso!»
«Cosa?»
Da dietro giunse un drappello di Su-900. Era vicinissimo e le mitragliatrici nemiche bofonchiarono disapprovazione.
«Henry, concentrati sull’ultimo Tupolev. Dobbiamo abbatterlo.»
Ma il capitano era troppo debole. Diede soddisfazione a quegli Su-900.
Casey se ne fregò. Doveva abbattere l’ultimo Tupolev.
«Colonnello, aiuto!»
Henry aveva abbattuto un Su-900, ma gli altri cinque erano determinati a vendicarsi.
Casey non lo voleva ascoltare. Lanciò un Death-hawk contro il Tupolev, il quale questa volta reagì con i flare, che furono come tante stelle comete. Il Death-hawk esplose a mezz’aria. Un lancio inutile. I quattro di prima o non avevano flare disponibili, oppure i piloti credevano che non sarebbero serviti.
«No!» Casey realizzò che non aveva più aria-aria. Avrebbe dovuto usare la mitragliatrice e il Tupolev era ormai lontano.
Casey comunicò con Miami. «Tupolev in avvicinamento.» Passò le coordinate. «Abbattetelo, che non mi piace.» Suo malgrado, andò ad aiutare Henry.
In quel mentre, nove F50 su dieci fecero ritorno.
Il numero degli apparecchi americani era aumentato all’improvviso. Niente più cavalieri dell’aria, non lealtà, ma sopraffazione.
Quel drappello di Su-900 si dissolse in esplosioni e un altro F50 andò perduto.
Casey era triste. Quel Tupolev gli era sfuggito.
Ma poi ci fu una bella notizia. L’ultimo Tupolev aveva bombardato Miami con ordigni convenzionali. Aveva ucciso soltanto una trentina di persone.
Queste sì che erano belle notizie.
Serie: Futurguerra aerea
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- Episodio 3: Ripper Bug 99, anno Domini 2059
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- Episodio 5: F50, anno Domini 2052
- Episodio 6: MiG X, anno Domini 2055
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- Episodio 8: Storm Basilisk, anno Domini 2056
- Episodio 9: Ruiseñor, anno Domini 2057
- Episodio 10: Mirage Dassault France, anno Domini 2057
Ciao Kenji, ovviamente misconosco anch’io i termini tecnici, ma di certo c’è che sai ben descrivere ogni ribaltamento di fronte e cambio di prospettiva. Significativo il finale: una conclusione amara, in guerra non ci sono mai belle notizie, e ogni perdita ha sempre una grande importanza, un sentimento che fa il paio con il senso di umanità che chi va in guerra cerca di mantenere, nonostante le difficoltà. Alla prossima!
Ehilà! Grazie per avermi letto. Sai, è una faccenda di punto di vista e negli ultimi anni l’ho approfondito parecchio.
Ciao Kenij. Confesso di non avere conoscenza del gergo tecnico utilizzato in una situazione come questa, né il nome di armamenti e mezzi militari, ma c’è un aspetto di questo racconto che mi ha emozionato. Questi uomini, pur in guerra, non perdono la loro umanità. Un conto è abbattere un aereo nemico, un altro un essere umano indifeso e alla mercé dello schieramento opposto.
Ciao Micol! Grazie per avermi letto. Sì, ogni tanto non scrivo solo di assassini ma anche soldati che hanno un minimo di umanità.
Stasera riprendo a leggere Il branco, promesso. Questo weekend ho avuto molto da fare.