
Giorno 2 – Fragole
Serie: La seconda volta
- Episodio 1: Giorno 1 – Il Coraggio a due mani
- Episodio 2: Giorno 2 – Fragole
- Episodio 3: Giorno 2 – Il coperchio, la scatola e quello che c’è dentro
- Episodio 4: Giorno 2 e Giorno 3 – L’acqua che leviga le pietre
- Episodio 5: Giorno 3 – Le Parole per descrivere tutto
- Episodio 6: Giorno 3 – L’Asino di Buridano
- Episodio 7: Giorno 3 – Conigli in fuga
- Episodio 8: Giorno 3 – Sirene smarrite nelle Terre del Nord
- Episodio 9: Giorno 3 – Against all odds
STAGIONE 1
Oggi la cosa peggiore che mi sia successa è stata rompere il rasoio elettrico che uso per farmi lo scalpo ai capelli. Va beh, non è che proprio l’abbia rotto, ho solo fatto saltare la molla di una delle lame, che è finita nello scarico del lavandino. Il che, a Lavorgo, minuscolo paesino sulla strada che porta al Passo del San Gottardo, equivale a dire che l’ho rotto. Non ci sono negozi di elettrodomestici, a Lavorgo. Anzi, proprio non ci sono negozi.
Non prendete sottogamba questa cosa. Vuol dire che per tutto il viaggio dovrei lasciare crescere la ridicola ombra di quello che è stato un tempo, e ormai non ci sono più abituato.
Però, alla fine, dopo qualche sacramento, di questa cosa me ne sono fatto una ragione. Così sono sceso a fare colazione e sono ripartito.
Quando salgo in macchina e accendo la radio, so già dove andare a parare. Su Radio Ticino. Sì, lo so che suona un po’ ridicola come cosa. Immotivatamente, concretamente ridicola. Non è la radio che ti aspetti di sentire nominare, durante un viaggio. Di solito uno si butta su nomi più ridondanti, qualcosa che catturi l’attenzione: che ne so, Big FM, Radio 911, TNT Radio. Piuttosto, anche Radio DDT può andare bene. Ma Radio Ticino, diciamocelo, suona come qualcosa che passano all’ospizio, o in un caseificio.
È perché siamo prevenuti, ci facciamo condizionare dalla fonetica, dalle immagini che evoca; figure di mucche in un pascolo, di impiegati comunali figli di immigrati italiani di terza generazione. O meglio: io faccio così, io mi faccio condizionare. Voi magari siete un passo avanti a me. Sia come sia, sono consapevole del fatto che questa mia propensione radiofonica mi perseguiterà per molti anni a venire.
Invece Radio Ticino è una radio eccellente. È adatta. Pensate a qualche cosa che vi piace fare: beh, quella radio ve la esalterà mentre la state facendo.
So dove andare a parare perché l’avevo già scoperta l’anno scorso, la stazione capitata sotto mano quasi per caso nel momento in cui le radio nazionali nostrane svanivano una dopo l’altra sotto l’impietosa scure che assottiglia le frequenze, ad una ad una, a mano a mano che ci si allontana dai nostri confini.
Quella volta il pezzo protagonista del mio viaggio, quello che ancora mi rievoca tutti i ricordi, i colori, gli odori di quei chilometri, era stato “L’eccezione” di Madame. Un testo scandito, che mi rimanda a sonorità di Mina e ad accordi in minore.
Quest’anno è “Fragole”, di Achille Lauro e Rose Villain. A me piace un sacco Achille Lauro. Non lo so, sarà pure meno originale di quello che voglia apparire, ma io mi ci emoziono quando lo ascolto, anche se è nato 15 anni dopo di me e dovrebbe raccontare di realtà che non mi appartengono.
Lo ascolto mentre decido di non dare retta al navigatore e di farmi tutto il pezzo che mi separa dall’inizio del Passo sulla strada statale, senza prendere l’autostrada. Tanto, di tempo ne ho da vendere. Ed è un’ottima decisione. In questi paesi in miniatura che si susseguono uno dopo l’altro come le perline di una collana, diversi e uguali fra di loro, trovo una forte comunanza con quelli del mio entroterra ligure. Posti dove il mare è un miraggio, che si trovi a 3 come a 300 chilometri di distanza. Dove contro ogni previsione, inaspettatamente, ci sono automobili che si muovono, si consegna la posta, ci sono giovani appoggiati al cofano di una vettura che parlano di ragazze affette da una grave forma di ritrosia.
Ognuno di quei paesi, per quanto remoto, rappresenta comunque una fermata fra le montagne nel trasporto ferroviario Svizzero, e in ognuno di quei paesi c’è un ristorante che si chiama “Alla Stazione”. In ognuno. Sembra quasi che quel nome lo abbiano voluto in così tanti, per una ragione a me sconosciuta, che piuttosto che rinunciarvi siano stati disposti ad andare a vivere lontano dai propri affetti, dalle proprie famiglie, disperdendosi lungo le valli e le montagne, per poterselo spartire e farne uso senza pestare i piedi a nessuno.
C’è un cielo terso dalle tonalità intense sopra il tettuccio della mia Panda, ed un sole luminoso che delimita i contorni delle cose in maniera netta ed incontrovertibile. Standone a diretto contatto si percepisce un calore corroborante, anche se le vette delle montagne che mi osservano dall’alto sono abbondantemente cosparse di neve. Chissà se è una cosa normale a giugno. Sono un ragazzo di mare io, certe cose le ignoro. Anche se mi sarebbe piaciuto nascere in un posto in cui nevica.
Non è la prima volta che faccio il Passo. La prima volta l’ho percorso senza saperlo (lo so, è criptica, ma non ve la posso spiegare qui, dovrete cercare altrove se vorrete). La seconda è stata l’anno scorso, per una sorta di sfida. Quest’anno per una necessità di conferme. Eppure è come se si trattasse di una novità, perché per la prima volta lo faccio senza pensare a nulla, se non a quello che ho davanti.
Una delle conferme che mi arrivano chiare nello stomaco, senza però averla cercata, è che le emozioni sono munite di una sorta di memoria di forma. Così come certi metalli li riscaldi e quelli acquisiscono le loro fattezze originarie, allo stesso modo determinate sensazioni, esattamente quelle sensazioni, nella loro stessa modalità di sviluppo espressiva, si ripresentano tali e quali quando compi senza pensarci lo stesso gesto insignificante, quando percepisci la stessa tonalità di un colore, quando ti cattura nuovamente la stessa forma particolare di un oggetto già visto e dimenticato.
Un’altra conferma che mi arriva è che quando abbiamo qualcosa di bello, proprio non siamo capaci di tenercelo. Nella smania di trarne godimento, di ricavarne il più possibile, lo roviniamo per sempre portandoci addosso una colpa che non ci abbandonerà mai. E mentre ci arrampichiamo con i nostri bolidi su per la strada, impazienti di poter controllare a che punto sia il nostro nuovo giocattolo da mostrare a coloro ai quali segretamente, inconfessabilmente riteniamo di essere inferiori, il marchio del biasimo ci rimane impresso a fuoco indelebilmente. E ci mancherebbe solo che non lo facesse.
Anche questa è criptica, ma se le ruote della vostra auto ripercorreranno i miei stessi chilometri, saprete di cosa sto parlando.
Poi le montagne se ne restano alle spalle, le pendenze si fanno più dolci sino a scomparire, e la strada davanti diventa interminabile, resa più sopportabile solo da un unico specchio d’acqua passeggero. Infine nemmeno più quello, fino a che non si oltrepassa Zurigo ed il suo anello, conquista di civiltà automobilistica ottenuta da un tempo relativamente breve.
E ora che anche la capitale della finanza me la sono lasciata dietro la schiena, ora, potrei fare tutta una tirata, tutta d’un fiato – si fa per dire – fino alla meta finale della mia traversata.
Ma mi manca ancora una tappa. Una di quelle facoltative, una di quelle che, anche se non la fai, non avrai rubato niente ai tuoi propositi, ai tuoi piani. Che non rimpiangerai amaramente per tutta la tua vita in caso decidessi di saltarla. Che forse nemmeno ricorderai di avere scartato. Ma proprio per questa ragione si rivelerà così degna di nota, una volta fatta.
Provo, mi sforzo con tutto me stesso di ricordare questo tratto di strada una volta che esco dallo svincolo per Andelfingen, ma l’unica cosa che riconosco veramente è una stazione di servizio. Il luogo più banale, più anonimo, che potrebbe essere uguale a sé stesso in ogni parte del mondo, quello me lo ricordo perfettamente, così come perfettamente sono certo che non si tratti di autosuggestione.
Il resto mi si srotola davanti come se fosse qualcosa che non ho mai visto prima. Tanto che, se non ci fosse quel nome a confortarmi sul fatto di essere nel posto giusto, mi tenterebbe il pensiero di non esserci mai stato. O che l’abbiano completamente ricostruito.
Ma questo, non ho dubbi, non può essere. Certi posti rimangono immutati nel tempo. Non per una qualche ragione romantica, ma perché non ci sarebbe ragione che così non fosse. Può cambiare una metropoli, si può stravolgere un quartiere, ma un villaggio minuscolo come Andelfingen resta quello che è fino a quando non lo rade al suolo un terremoto o Godzilla. E tanto la Svizzera non è un territorio sismico, quanto le sue difese missilistiche sono efficienti a sufficienza da impedire a qualsivoglia rettile ipertrofico di Osaka anche solo di avvicinarsi.
Così cerco di ricostruire quel luogo partendo da ricordi che sono completamente sbagliati. Ricordi che risalgono a più di vent’anni fa. Ciononostante, mi ci aggrappo con le unghie perché sono l’unica cosa che mi è rimasta. Percorro avanti e indietro quella che è praticamente l’unica strada che l’attraversa, dicendo a me stesso che adesso sarebbe arrivato, il ricordo che avevo in testa si sarebbe materializzato dietro a quella casa, dietro a quell’albero, oltre quella svolta. E ogni volta la casa, l’albero, la svolta mi lasciano a bocca asciutta
Serie: La seconda volta
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- Episodio 4: Giorno 2 e Giorno 3 – L’acqua che leviga le pietre
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- Episodio 6: Giorno 3 – L’Asino di Buridano
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- Episodio 8: Giorno 3 – Sirene smarrite nelle Terre del Nord
- Episodio 9: Giorno 3 – Against all odds
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Può cambiare una metropoli, si può stravolgere un quartiere, ma un villaggio minuscolo come Andelfingen resta quello che è fino a quando non lo rade al suolo un terremoto o Godzilla 😂 😂 😂
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Mi piace molto come ci porti con te in questa avventura. Con le tue considerazioni, la musica preferita, gli occhi che guardano per noi. Faccio un applauso alla letteratura di viaggio quando è così bene riuscita, non importa dove mi conduce, ci salgo a bordo sempre volentieri. Tanto per girovagare un po’. Molto bravo.
Grazie Cristiana, felice di portarti con me
“O meglio: io faccio così, io mi faccio condizionare”
😂 io vorrei scappare subito, da quel posto. E non ci sono mai stata, figurati