
Giovannino e il corpo di Cristo.
Giovannino amava fare scherzi. Prendersi gioco della gente era il suo passatempo preferito.
Sin da quando frequentava la scuola elementare si divertiva a rendere impossibile la vita della maestra e dei suoi amici di classe.
Giovannino non era propriamente quello che oggi definiremmo un bullo. Non picchiava gli altri ragazzini, non importunava le bambine e non scherniva i negozianti del suo paese.
Quello che faceva era organizzare bizzarrie, a volte complesse, che richiedevano una certa maestria e preparazione. Poi si sedeva in disparte in qualche angolo nascosto e a marachella compiuta se la rideva da solo.
Non gli piaceva rendere partecipi gli altri suoi coetanei delle idee che man mano gli affioravano alla mente.
Sulla base di questa premessa si può dire che Giovannino non era un bambino cattivo.
Per la maggior parte delle persone che lo conoscevano, però, non era così. Per loro Giovannino era un bambino che il demonio aveva preso sotto la sua custodia, nascondendolo alla gloria degli angeli.
Padre Alberto, il parroco della chiesa in cui quell’anno Giovannino aveva adempiuto al sacramento della prima confessione, ogni volta che parlava di lui con qualcuno dei suoi parrocchiani, doveva cimentarsi in una prova non certo semplice per fargli cambiare idea e per dimostrargli che era un bambino vivace e nulla più.
Padre Sandrino, il parroco dell’altra chiesa del paese, quella che Giovannino non frequentava, era invece sollevato dall’idea che a fine estate il corso di preparazione catechesimale alla prima comunione lo avrebbe seguito con padre Alberto.
“Son sicuro che Giovannino quando avrà terminato, con te, il suo percorso insieme agli altri bambini, sarà pronto ad accogliere il corpo di Cristo e ad abbandonare quelle smanie di bagattelle bizzarre che gli si affollano nella testa”, fece padre Sandrino, un giorno per strada, all’altro parroco.
Giovannino, intanto, al percorso di preparazione alla prima comunione non ci pensava proprio, perché con luglio alle porte aveva in mente solo una cosa: divertirsi e fare burle. Ma quella volta esagerò.
Una mattina, rientrato tutto impolverato a casa, Giovannino trovò sua nonna, con la quale viveva, intenta ad impastare.
Come suo solito cercò di farla spaventare cogliendola di sorpresa, ma quel giorno non ci riuscì.
“Cosa stai preparando, nonna?” le chiese incuriosito.
Senza fermare il movimento veloce e forte delle sue braccia e senza distogliere lo sguardo dal suo piano da lavoro in legno, gli rispose:
“Del pane, Giovannino, del pane speciale“.
Poi si interruppe per un attimo e volgendo lo sguardo a suo nipote gli lanciò una pizzico di farina che gli imbiancò un poco la fronte e i capelli corvini.
“Ma nonna!” protestò lui spolverandosi la testa con tutte e due le mani.
Poi, incuriosito, Giovannino volle sapere perché mai quel pane che stava impastando con così tanta attenzione fosse un pane speciale.
“Cosa ha di speciale questo pane, nonna?” le domandò.
“E’ un pane benedetto, nipote mio, e servirà a padre Alberto domattina.“
Giovannino guardò con aria perplessa l’impasto che sua nonna aveva ripreso a lavorare energicamente. Le reminiscenze del corso di catechesi seguito fino a qualche mese prima all’oratorio lo illuminarono. Capì che quel pane sarebbe diventato l’ostia che durante il rito eucaristico padre Alberto avrebbe offerto durante la messa.
Senza dire parola Giovannino si allontanò lasciando sua nonna al suo solenne impiego.
Il giorno dopo era seduto accanto a lei nel primo banco della chiesa e ascoltava attento la predica di padre Alberto che, a sua volta, quando guardava in loro direzione e incrociava lo sguardo di Giovannino quasi non credeva ai propri occhi.
Non era un evento raro vedere Giovannino in chiesa, sia bene inteso. Quel discolo, nonostante tutto, era puntuale alla messa della domenica, quella riservata ai più giovani, e aveva addirittura seguito tutto il corso del catechismo senza mai saltare un appuntamento. Ma padre Alberto mai si sarebbe aspettato di trovarlo lì, a prima mattina, durante la funzione che di solito era frequentata solo dalle poche donne anziane della parrocchia.
A quell’ora padre Alberto non aveva nessun chierichetto che lo aiutasse e per questo badava a tutto lui.
Durante la preparazione dell’eucarestia Giovannino chiese alla nonna se il pane che il parroco aveva mostrato alzandolo sopra il capo fosse quello che lei aveva preparato la sera prima. La nonna rispose di sì e lui tornò a osservare i movimenti del prete che aveva cominciato a spezzarlo in piccole parti pronunciando, sottovoce, frasi in latino che Giovannino non riusciva a capire.
La funzione si svolse secondo consuetudine. Tutti avevano preso parte all’eucarestia. L’unico a non essersi alzato dal proprio posto fu Giovannino che non era ancora pronto per quel sacramento.
Avrebbe voluto, ma si limitò a osservare la fila di donne che si dirigeva verso il parroco al centro della navata fermo davanti all’altare con i pezzi di quel pane speciale nella pisside a forma di ciotola che aveva con sé.
Qualche attimo dopo che la fila di devote si era dispersa, ogni donna, tornata al proprio posto, pregava in ginocchio con lo scialle sul capo chiedendo, così immaginava Giovannino, un favore a Gesù.
Giovannino le osservava silenziosamente a turno tutte, mentre padre Alberto riponeva i vasi sacri al loro posto nel tabernacolo.
All’improvviso il silenzio fu rotto dal lamento di una donna.
Prima ancora di capire quello che stesse succedendo, padre Alberto si piegò in due dietro l’altare e vomitò con grande fragore, cercando di coprirsi la bocca con il manutergio che aveva ancora in mano.
A turno lo imitarono tutte le donne presenti, compresa la nonna di Giovannino.
La scena era surreale.
Giovannino, che la sera prima aveva imbevuto con una intera bottiglia di sciroppo di ipecacuanha, trafugata qualche tempo prima dalla drogheria del paese, la palla di pasta che sua nonna aveva avvolto in due coperte prima di infornarla, guardò impensierito tutte quelle donne e il parroco che continuavano a vomitare e a lamentarsi.
Giovannino non fu divertito da quella scena e quasi si pentì di averla causata con la sua malefatta. Si sentì dispiaciuto e, per la prima volta, quasi colpevole.
Tuttavia, in quel momento, quello che lo preoccupava maggiormente era di essere scoperto. Cominciò a sudare freddo. La punizione sarebbe stata esemplare.
“Le anime cattive bruciano all’inferno“. Continuava a sentire riecheggiare nella sua mente quelle parole pronunciate più volte da Padre Alberto.
Si sentiva braccato da orde di diavoli pronti a tirarlo giù sottoterra.
“Nemmeno il purgatorio per me!” pronunciò sottovoce quasi singhiozzando.
Allora fece come aveva visto fare un giorno a sua madre poco tempo prima che lo lasciasse a casa di sua nonna andando via per non tornare più.
Si infilò due dita in gola spingendo sempre più in fondo fino a quando anche lui non vomitò la colazione sul pavimento della chiesa.
Dopo quasi due ore, concluse le visite del medico che nel frattempo era stato allertato per indagare sulle cause di quella che sembrava essere una vera e propria intossicazione, uscì dalla chiesa insieme a sua nonna che ancora tremava per la vergogna e per il dispiacere di quello che era accaduto, visto che a provocare quella reazione, fu accertato, era stato proprio il suo pane, anche se non si spiegava il perché.
Aveva dubitato anche di Giovannino, che fosse stata opera sua, di un’altra marachella demoniaca perpetrata da quel piccolo satanasso, ma quando lo vide vomitare al suo fianco, si era quasi convinta della sua innocenza e si era rincuorata.
Pensò che il nipote, che pur non aveva assunto l’ostia contaminata, non aveva potuto trattenersi dal vomitare colpito da quella situazione inattesa anche per lui.
Giovannino, nel frattempo, che insieme alla colazione aveva lasciato sul cotto del pavimento della chiesa anche il senso di colpa, baciato dal sole caldo dell’estate, sul sagrato si sentiva già più leggero, nello spirito e nella pancia.
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Che dire, una sorta di Gian Burrasca davvero irriverente! O, se vogliamo essere più attuali, un Bart Simspon nostrano… mi ha spiazzato l’assenza di pentimento finale 🙂
Spero di leggere altre avventure di Giovannino!
Grazie.