
Il chiavistello. Oltre.
È Novembre.
I muri della seconda A sono tappezzati di disegni colorati e divertenti lavoretti di collage. L’alfabeto, le stagioni, i sentimenti, le parti del corpo. La maestra divide la classe in piccoli gruppi per iniziare un nuovo lavoro sui cinque sensi. Nel farlo, sta bene attenta a mescolare elementi deboli e forti in egual misura.
Anna è un elemento debole. Nonostante sia una bambina volenterosa e di una dolcezza disarmante, la sua timidezza la porta a rifugiarsi nelle sue insicurezze.
Se non ha capito, non chiede.
Se le scappa la pipì, non alza la mano.
Se resta senza compagno nell’ora di educazione fisica, si siede.
Se non ha la forchetta, non mangia.
Se non ha il fazzoletto, non si soffia il naso.
Se non ha la penna, non scrive.
Questa inutile forma di sottomissione nei confronti degli altri e degli accadimenti tutti, la mette spesso nei guai.
La maestra la rimprovera, i compagni la deridono, i suoi genitori la puniscono.
Il parroco invece l’assolve. Questa via d’uscita a prescindere da tutti i malfatti che combina, le da un senso di sollievo. Il parroco è l’unico che capisce che lei non ne può nulla. Non è colpa sua se la voce non le esce, se le gambe non camminano, se le mani non si alzano e se le guance arrossiscono. Non è colpa sua e lui lo sa.
Anna però non sa che quello del parroco è un dovere. Non può scegliere di fare altrimenti. La maestra la chiama a sedersi in cerchio con i compagni del suo gruppo.
La chiama due volte, alla terza Anna la sente. Le prime due no, stava pensando. Al prossimo incontro con il parroco, gli chiederà perché i bambini non abbiano il diritto di fermarsi a pen-sa-re. Perché debbano sempre stare all’erta e scattanti. Svegli sempre. Anna e svegliati su, sei imbambolata davanti alla televisione da un’ora! Anna ti dai una svegliata, dobbiamo uscire! Anna o ti svegli o per me puoi andare a scuola senza compiti! Anna ti sbrighi con quel cucchiaio, sveglia! Anna se non ti svegli non concluderai nulla nella vita! Anna apri gli occhi, è ora di svegliarsi! È la terza volta che ti chiamo, svegliati Anna!
L’urlo della maestra dalla cattedra le arriva dritto dentro le orecchie, così forte che è costretta a strizzare gli occhi.
Vai in bagno a sciacquarti la faccia e poi torna in classe, ma datti una mossa! Davanti alla tazza del gabinetto, si chiude la porta del bagno alle spalle, tirando il chiavistello.
Ora è sola.
Ha immaginato tante volte di farlo, ma non ha mai trovato il coraggio.
Vuoi per la paura di sbattere la testa sul marmo freddo del water. Vuoi perché l’acqua stagnante, anche se ha tirato lo sciacquone, le fa schifo. Vuoi perché se l’avesse raccontato a chiunque in famiglia o a scuola, le avrebbero detto che era pazza. Comunque, lo fa.
Si lega i capelli in una coda di cavallo e sale in piedi sulla tazza, divaricando le gambe in modo da non perdere l’equilibrio.
E si tuffa, dentro, stringendo forte gli occhi. È una questione di pochi, brevi, ma intensi attimi di vita, quelli che bastano per ritrovarsi nell’immensa distesa di fiori al di là del gabinetto.
I petali le solleticano le gambe. Percepisce nettamente tutti e cinque i sensi, anche se non li ha ancora studiati. I pettirossi che cantano, il profumo degli alberi di tiglio, il gusto della libertà.
Se tornerà a scuola, dirà alla maestra che è facile capirli, non serve studiarli sui libri.
Basta oltrepassare il buco del cesso.
Avete messo Mi Piace8 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Wow! Un po’ strano, ma bello!
sono un educatore che ha lavorato anche nelle scuole e ti giuro che potrei trovare mille avvenimenti simili. La storia sembra una metafora della vita, il cesso una trovata geniale.
Al di là del cesso, c’è qualcosa di bello.
Quello che sto per scrivere è quello che mi è arrivato.
Purtroppo il nostro mondo è fatto di prede e predatori ed Anna, essendo una vittima della società, fa parte della categoria debole.
Noi viviamo in un mondo dove troneggia la prepotenza e la sopraffazione del più forte nei confronti di chi è debole.
Per il momento non ci siamo evoluti nella direzione dell’aiuto e collaborazione reciproca.
Complimenti.
Sarà mica forse proprio questo il tempo, Raffaele, in cui iniziamo tutti a pensare a multipli e sottomultipli di noi stessi?
Chissà…
Anche io come @dariopez sono combattuta sul capire cosa esattamente mi abbia trasmesso questo racconto, ti faccio comunque i complimenti per la contestualizzazione che hai dato alla scuola, spesso negativamente attuale.
Ti ringrazio Marta, a presto.
Non riesco a capire se mi è piaciuto o meno. È strano! Il racconto è scritto bene, ma non ho apprezzato alcune scelte. Il fatto che sia qui a commentare, però, significa che sei riuscita a toccare le mie emozioni.
Molto di ciò che è scritto e di come è scritto è poco condivisibile, credo tu abbia ragione Dario. Grazie del tuo tempo, davvero.
Vi ringrazio tutti, i vostri commenti sono preziosi. Sono felice che il racconto si spieghi, non lo ritenevo scontato. Anzi, l’avete spiegato meglio anche a me, grazie 🙂
Ciao Maria, la tua storia è stata inserita nella categoria “Scelti per voi” e condivisa sulla nostra pagina Facebook. A presto
EO
La qualità di questo librick sta nella sottile metafora dell’incomprensione e della diversità applicate ad una bambina e all’ambiente omologatore in cui è calata. Il mondo della fantasia è bello, è la via d’uscita ma è una magra consolazione; e una volta di più sottolinea la distanza tra la realtà e i nostri bisogni. Davvero una bella storia, densa e completa.
Racconto interessante, racconta i piccoli problemi di una persona che potrebbe rivelarsi migliore, forse, rispetto ad altri. Cosa che nelle scuole non viene fatto notare a volte…
Hai descritto benissimo il disagio di tanti bambini alle prese con i primi passi nel mondo, complimenti.
È commovente questo racconto perchè trovo che siamo un po’ tutti Anna, alle volte. Impantanati in una realtà che non ci appartiene, che ci fa essere goffi e immobili, distratti, apparentemente passivi e incapaci. Sorprendente il contrasto tra l’ambiente squallido e il risolutivo battito d’alto finale. Brava
Breve, ma efficacissimo! Non c’è né una parola di troppo, né una di meno, brava!