Il circolo della caccia

Serie: Picciuotti adolescenti


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: La notte del 6 gennaio ha portato un po’ di scom

Zuddu era un uomo simpatico. Bassino di statura. Nessuno riusciva a capiri chi minchia di mistieri facìa. Lo vedevi sempri in giro. Era siccu siccu e ci eravamu convinti iu e i ma cumpagni, che non mangiassi, solo bere, ma no acqua, no. Solo birra, ma no fridda, no, solo caura!

Trasìa al bar diretto al bancone.

«Una birra per cortesia.»

«Arà Zuddu, oggi fa cauru » diceva il barista. Siccome sapeva che lui beveva solo birra caura, appena sciuta dalla fabbrica, avìa fatto una scommessa con alcuni suoi clienti, di riuscire a fare bere, almeno una vota, una birra fridda a Zuddu. Una scommessa persa in partenza. Quel giorno ci provò.

«Oggi Zuddu almeno ci stanno trenta gradi, ohu la stessa acqua fridda pari bollita! Che ti devo dari a solita dreher?»

«Sì, dammene due che ho sete!»

Il barista prese due bottigliette dreher e le portò sul tavolo dove si era seduto Zuddu.

«Ecco a tia.»

Zuddu aveva l’abitudine prima di bere di allisciare la bottiglia, comu se la corteggiassi prima di consumarla. Toccò quelle bottiglie e si accorse che una ci avìa gelato la manu.

«A chi mi vuoi mortu?» gridò al barista.

«Picchì Zuddu, chi successi?»

«Fridda è! Quannu mai! Ti metti a coglioneggiari?»

«No, mai. Questo mai, lo sai. Sbaglio fu!»

Niente, Zuddu, anche con quaranta gradi all’ombra, la sua birretta se la calava caura e per giunta, tutta d’un sorsu. Lo vedevamo, quannu finìa, con gli occhi umidi, quasi in lacrimi, ma non ci fu nulla da fari.

«La birra si bevi accussì! Siete voi che non capiti un cazzu!»

Trasiennu i bar, così come al cinema, per capire se c’era qualcuno dovevi aspettare che l’ultimo fumata densa di sigaretta leggermente andasse via, non si riusciva a capire nulla. Tanti voti, entravi, e sbattevi contro qualcuno o qualcosa.

«Oh scusi!»

“Scusi sta minchia! Mi sei salito supra a cipudda, chi si uovuru?»

Difficile far capire che “la cipudda “ era ben nascosta da quel fumo nebbioso puzzolente. Andavi avanti e ti prendevi il tuo caffè.

Quel giorno, alle sette di mattina devo dire che dentro si poteva stari, non c’era nebbia, si respirava. Mi sedetti a leggere il giornale. Prendevo il caffè e leggevo, quando entrano due personaggi un po’ ombrosi. Il più alto tenìa un cappello strano come fosse posato sulla testa per errore, avìa na sigaretta fra le dita ingiallite e muoveva le labbra continuamente, si sentivano pure i denti, come se avissi una dintera al posto di quelli veri, un rumori acutu, fastidiusu, stomachevoli, si intravidia una mezza cicatrici vicinu l’occhiu destro, l’autra metà era coperta da un piccolo occhiale scuru. Portava dei pantaloni niuri, na camicia blu scura, a mia mi sembrò nu iettaturi! L’autru avìa baffi da vendere, ci arrivaunu fino sotto le grandi aricchie, e quannu parlava, tutti quei peli si muovevano a ritmo delle disgrazie che dicìa. Anche chistu avìa occhiali scuri e na cicatrici in un braccio, ben visibili, a mia mi sembrò un disegno, ma iddu si allisciava spesso e continuo quel braccio, comu diri, iu sono statu in galera, stati tutti attenti. Chist’ultimu si avvicina al barista e gli dice.

«Mi dica una cosa, u signori del negozio di fronti nun c’è?»

«No. Nun c’è.» rispose siccu e niettu il barista taliannu quei baffi irrequieti.

«Ma chi fa non apre?» dissero i peli nervosamente.

«Nun lu sacciu.» risposi u barista dumandandosi comu facìa a non avere solletico quell’uomo nelle aricchie con i peli che ci finivano dentro.

«Bhe, virissi di saperlo. Noi autri passiamo nel pomeriggio, se è ancora chiuso, lei, gentilmente, saprà dirmi dove trovarlo o quando viene.» Comu d’incantu i baffi si abbassaru lentamenti.

Il barista non rispunniu. Si mise a taliarli e solo con gli occhi dissi

“Va beni, comu dite voi.”

«A stasera!»

Ed uscirono dal bar e dalla mia vista e antisa. Certo, avìa assistito, forse, ad un avvertimento di malavita, o forse avìa capito mali iu. Poi, taliannu il barista mi convinsi che quei due non erunu clienti normali. Finii il caffè, in due secondi lessi tutta “La Sicilia” e uscii cu prescia.

Si ficiru, babbiannu e scherzannu, le otto. Poco più avanti c’era un autru circulu. Iu non ero mai entrato in quel locali. Anchi ora che vi sto raccontando queste storie non l’ho mai fatto. Passai davanti al circulu e mi fermai. C’era appizzata in un muro bianco sporco una locandina. La caccia è vita. La passione di uno sport.

“Ma iu qua dentro non ci entrerò mai.” Mi dissi. Quel circulu è stato aperto da appassionati di caccia, senza dubbiu, infatti si intravedeva anche qualche testa di cervo, qualche testa di uccello raro e qualche testa di minchia che li taliava con ammirazioni. Sono sicuru però che la maggioranza delle persone che entrava lì dentro ci anteressavano il gioco delle carte, si ni futtieunu della caccia e di chi sparava. Era un centro di ritrovo di giocatori di carte, poi seppi, di tuttu si parlava, tranne che di caccia. Meno mali!

Appena mi fermai davanti alla porta, uscì un uomo, sui cinquanta, avìa gli occhi abbummiati, un pesce preso con le bombe, un po’ barcollava. Si taliava tutto attorno, parìa in cerca di qualcuno. Non vide nessuno, nemmeno a mia che ero a due passi. Con lo sguardo si fermò nelle punte delle sue scarpe. Minchia se li taliava con insistenza. Vuoi vedere che se li toglie, pensai. Scuoteva la testa, poi si girava versu o circulu, la scuoteva a destra e a manca, e soffiò una tirata di aria caura e fetida da fari morri auceddi supra l’albero difronti. Si accese, presumo, l’ennesima sigaretta, e fumando con violenza a me sembrò parlasse da solo, nun capivo granché, ma i labbra si muovevano. “Chistu è pazzu” mi dissi. Poi tirò fora dalla tasca il portamonete, un affare grande quanto una casa, marrone e logoro tanto da fare pena. Lo prese, lo aprì, e lo scrutò con attenzioni.

«Nenti! Persi tuttu, porca troia!»

Un po’ mi preoccupai. Chiddu era capaci di tuttu. Prima ca m’allontanava lo sentì parlare ancora.

«No. Devo stari calmu. A fini di Peppi no. Vai a casa e scorditi a tutti.»

Lo vidi allontanarsi con decisioni. Certu, Peppi avìa insegnato tantu. La paura maggiori per queste persone era che si perdevano del tutto. Comu era successu a Peppi, il nipoti di Zu Pippinu. Grandi giocatori di carte, finito nelle grinfie di don Sariddu, Picchì? Picchì don Sariddu andava a caccia di queste persone e delle loro gentili consorti. Un’autra passioni di caccia, ma chista era aperta sempri, senza limiti stagionali. Veramenti sperai che quel povero uomo desse retta all sua coscienza. Taliannu quel pezzo di muro allordato da quella scritta, lasciai u circulu per proseguire.

Serie: Picciuotti adolescenti


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