
Il giorno del matrimonio
Serie: Sicilia
- Episodio 1: I vasi delle teste di moro
- Episodio 2: Le storie di zu Pippinu
- Episodio 3: La vecchia dell’aceto
- Episodio 4: Le sette fate
- Episodio 5: Le sette fate – la città si riunisce
- Episodio 6: Le sette fate- Non si preoccupi Capitano, non è un problema
- Episodio 7: La storia del Re triste
- Episodio 8: Il castello incantato
- Episodio 9: La storia del Re triste. Il rientro
- Episodio 10: Al convento dei cappuccini
- Episodio 1: Al convento dei cappuccini- parte finale
- Episodio 2: San Giorgiu
- Episodio 3: Una fimmina valorosa
- Episodio 4: Una fimmina valorosa. Il riscatto
- Episodio 5: La matri di San Pietru
- Episodio 6: San Pietru aiuta la matri
- Episodio 7: L’Attesa
- Episodio 8: Il giorno del matrimonio
STAGIONE 1
STAGIONE 2
«É arrivato u fotografu!»
Gridò Antonietta correndo versu la mamma della sposa.
La signora Caterina, prima di radunare tutta la sa famigghia, diede un rapido sguardu allo specchiu di ingresso da sa casa, sistemando quel boccolo che da qualche minuto la stava facendo innervosire.
«Armando, dove sei?» chiamò il marito «Dove ti ficchi sempre? Quando siervi sparisci. Armandooo!»
Il signor Armando si truvava nell’autra stanza dove, insieme al testimone di nozzi, u picciuottu della figghia del suo migliore amicu, stavano discutendo di politica.
Quando la discussioni, in altre occasioni, andava a finire oltre certe soglie, fuori do tolleratu, finìa per sfuggiri di manu, ma quel giorno, in quel giorno specialmenti, ciò non fu possibili fari. Diedero comunque un aspetto leggermente coloritu ai discorsi economici e sociali del nuovo governu da poco elettu.
«U primu dopo tanti anni di miscugli senza loggica, di poltiglie senza sensu ed inguardabili, finalmente ora, s’intravedi una speranza per la nostra povera Italia.»
Così, con questa frase solenne e convinta, il signor Armando, si vidi interrottu dalla mugghieri agitata.
«Ah qua sei? E che fa non senti? È arrivato u fotografu, sbrigati, a momenti Francesca esce e noi dobbiamo essere pronti, tutti.»
«Certo amore mio, vengo subbitu.» disse il signor Armando col sorriso da picciriddu dando uno sguardu al picciuottu, come a metterlo in guardia di cosa volesse dire sposarsi. Poi, sottovoce, curando che il suo mormorio non arrivasse a sa mugghieri, aggiunse.
«Bastano due anni, credimi, guarda, tre al massimu, poi mi darai risposta.»
U picciuottu avìa tutta l’intenzione di rispondere ma fu sommersu dal grido della signora Caterina.
«Armando si sposa ta figghia, ta figghia!»
Il signor Armando non seppe capire se la sua Caterina si riferissi a chiddu che avìa detto al picciuottu, ma come avìa fattu a sentirlo non se lo seppe spiegari, oppure perché continuava a perdiri tiempu nel seguirla versu o fotografu. Si diede una mossa ed uscì dalla stanza per andare dietru alla mugghieri imprendibili.
Francesca, la sposa, era immobile. La parrucchiera stava finendo le ultime acconciaturi, le aggiustava il fiocco appena sistematu su quei capelli d’oro. Un fiocco di colore blu, come il cielo di chidda jurnata di primavera, avvolgendo, con la sua magnifica cosmica rotondità, tutte le ansie, rendendole un po’ più lievi per l’eventuale tantu attesu.
Francesca pur nella sua immobilità riusciva a guardarsi allo specchiu. Vidìa le mani della parrucchiera che volavano da un occhio all’autru, impedendo che la sua bellissima figura riflessa nello specchiu della stanza do lettu di mamà le arrivasse per interu. Una volta ne vidìa il lato sinistro, un’autra volta la fronte, poi la bocca, ma tutto componeva un ritrattu come fosse un dipinto d’epoca. Sorrideva della smania della parrucchiera e di come l’avevano conciata.
Truvava tuttu un po’ ridicolo. Tutte chidde cerimonie per fare poi che cosa? Chiddu ca cuntava era sposarsi, anchi senza tutte quelle storie.
Lei, una ragazza semplice, poi, ebbe un attimo di timore. Sintìa il suo cuore battiri. Era una cosa strana per lei. Tante volte dicìa che non sentiva affatto il suo cuore “viviri ”, così dicìa, non riusciva a percepire i battiti, tanto da pensare di non aviri cori, di essiri il primo esemplare in tutta la storia dell’umanità a viviri senza quell’organu.
La prima volta che si accorse di avere torto fu quando conobbe Alessio.
«Armando, cà, vieni cà che ti sistemo la cravatta, ma che fai ti ci metti a giocari? ma dico io! Sei peggiu di ‘npicciriddu. Io ho tre figghi, non dui, e tu sei il più
Armando non avìa più la forza di controbatteri, si limitava a calare la testa e stari in silenziu, obbedendo.
La signora Caterina sistemò il suo “terzo figghiu” per bene, sistemò anchi, con garbo, la figliola Mariuccia, poi diede un rapido controllo alla sua figura, si sistemò u senu, con un gesto pudico e veloci, stando attenta a sguardi indiscreti e fissando u fotografu disse:
«Intanto la facissi a noi autri una fotografia, siamo messi beni?»
U fotografu si avvicinò con calma a loro, aggiustò non so che cosa, come lui facìa spissu, non aggiustando nulla, fece cinque passi indietru e scattò tre fotu. Il sorriso della signora Caterina coprì, anzi oscurò completamenti le autri due figure. I denti, un pò storti per la verità, rimasero in bella vista anchi dopo che u fotografu avìa abbassatu da un pezzu la macchina fotografica.
«Che dici, Armando, l’ha scattata quello?»
Il signor Armando, un pò incerto se ridiri o no, scelse di rispondere seriamente.
«Si, cara, ha finito.»
«Armando, ma tu pensi che sono venuta beni?»
«Come sempri.» disse il marito sorridendo e aggiunse «Come può non veniri beni una che è bedda? Dimmelo.»
La signora Caterina, si voltò a taliarlu. Bisbigliò pianissimo
«Sfotti a stronza di tua sorella!»
Il signor Armando rimase come uno stoccafisso lessu.
La signora Caterina taliava tutto e tutti. Vigilava comu nessunu avessi potutu fare megliu. La si vidìa col collo alzato, ben dritto, sembrava un pavoni. Era tutta presa da quell’avvenimento. Per Idda era di vitali importanza, tutto doveva essiri a posto. Le venne in menti la discussioni avuta qualchi giorno prima con la vicina di casa.
«Rusidda, tu lo sai chi significa spusari una figghia, no?»
«Certu Caterina, non mi ci fari pensari! Sono giorni dovi la notti diventa giornu.»
«Certu oggi, rispettu ai nostri tiempi è tutta n’autra cosa. Una volta ci mettevamo in un garage, si festeggiava dopo le nozzi, a ballari tutta la notti. Si priparavanu scacce, arancine, pasta o furnu, cotoletti, carne a volontà, e tantu tantu vinu. Chi tiempi!» dissi Caterina chiudendo gli occhi.
«Oggi si curano autri cosi, importanti, e forsi ci avissinu piaciuto, se c’erunu, puri a noi autri. Nun piensi?»
«Non lo sacciu Rusidda, mi pari ca si da importanza a cosi di superchiu, di cosi che si possunu fari a menu.»
Caterina dicìa chistu alla sua vicina, ma era straconvinta del contrario. Infatti Idda tenìa molto a tutte quelle cose “di superchiu “, per lei erunu diventate una questioni di vita o di morti.
Serie: Sicilia
- Episodio 1: Al convento dei cappuccini- parte finale
- Episodio 2: San Giorgiu
- Episodio 3: Una fimmina valorosa
- Episodio 4: Una fimmina valorosa. Il riscatto
- Episodio 5: La matri di San Pietru
- Episodio 6: San Pietru aiuta la matri
- Episodio 7: L’Attesa
- Episodio 8: Il giorno del matrimonio
Ciao Cristiana, grazie sempre per la tua presenza nei commenti. Scrivo delle emozioni di vita reale, concreta, popolare e, come dici tu, l’uso di termini siciliani ne danno un timbro particolare. Sto insistendo a scrivere in questo modo perché mi trovo vicino ai personaggi che vivono con me nei racconti, come se fossi a vivere con loro i drammi ma anche le loro gioie, i loro problemi, le loro speranze.
Al momento ho scelto così. Ti ho già ringraziato sia a te che Irene per l’incoraggiamento che mi date innanzitutto, e per aver espresso chiaramente la vostra piacevole opinione che sarebbe un’opera da mettere su carta. Sai che che ci sto lavorando. Vedremo come. Ti ringrazio sempre. Ciao
Caro Nino, questa mattina l’ho dedicata a rileggere la tua serie e a concludere la lettura di quei racconti che ancora mi mancavano. Mi complimento per queste ‘storie di vita vera’, commoventi, toccanti, a volte divertenti, ma si ride con quel sorriso amaro perché dietro ci sono i drammi delle famiglie e di una terra tanto bella e tanto difficile. L’uso del dialetto rende la lettura ancora più piacevole. Come già ti dicevo, sarebbe bello avere questa serie fra le mani, sulla carta.