Il maiale di Sa Janna Bentosa

È noto come nei dintorni di Nuoro e anche dentro il suo centro abitato insistano testimonianze di civiltà preistoriche, in particolare di quella sarda più antica risalente a più di cinquemila anni prima di Cristo. Essa ha lasciato anche testimonianze monumentali che noi oggi conosciamo con il nome di Domus de Janas, luoghi di sepoltura degli antichi abitatori della Sardegna. Esse prendono il nome dalle Janas, creature immaginarie della tradizione popolare sarda un po’ streghe e un po’ fate. Mi piace andare alla scoperta di siti archeologici che non conosco e un giorno decido di visitare una tomba ipogeica scavata su un costone di roccia granitica che si trova a poca distanza dalla città, in una località che i nuoresi chiamano Sa Janna Bentosa (traducendo dal sardo: porta del vento, passateci d’inverno e avrete la percezione immediata del perché viene chiamata così), ai margini di una strada provinciale non molto trafficata. Le Domus de Janas di Sa Janna Bentosa si trovano sulla sinistra (venendo da Nuoro, grossomodo all’altezza del terzo chilometro) ad una distanza di circa trecento metri dall’asfalto. Mi addentro a piedi e percorro tra la macchia, le sughere e il canto degli uccellini, un sentiero polveroso coperto di foglie, aghi di pino e cartacce. A parte queste ultime, una splendida cornice naturale circonda questo luogo che appare ottimale per i pomeriggi di relax. Arrivo all’entrata della tomba e noto subito un maiale di abnorme pinguedine spaparanzato vicino all’entrata del monumento. Mai visto, vi assicuro, un maiale di quelle dimensioni. Sfuggito all’ingrasso, certamente lontano dal branco, seraficamente sdraiato sul suo lato sinistro, ben lungi dal farvi pensare alla bontà delle carni suine e dei prodotti che da queste solitamente si ricavano, il porco dorme profondamente senza battere ciglio. Mi incute un certo timore per via della sua eccezionale stazza. Si sa come al contrario degli uomini i maiali siano animali pacifici e socievoli, dotati come poche altre specie animali di uno spiccato senso del branco e della compagnia che li porta ad amare le idee di comunità e di vicinanza al proprio simile. Il maiale inerte e asociale è una contraddizione in termini. Inizio a sentirmi leggermente inquieto allorché, passato ormai un quarto d’ora dal mio arrivo, il suino, anziché dare segni di vita, rimane immobile. Forse è morto, penso, abbandonato da un porcaro senza scrupoli dopo il decesso dell’animale per infezione da peste suina. Ci rifletto mentre inizia a piovere, circostanza che mi convince a lasciare subito il posto. Ripensando oggi al maiale di Sa Janna Bentosa mi chiedo se la presenza in quel luogo dell’animale non potrebbe essere stata frutto della mia sola immaginazione… E se fosse invece stata la reincarnazione porcina di qualche entità mitologica messa quel giorno temporaneamente a guardia della domus per difendere l’anima e ciò che rimane del defunto? Chissà… 

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Discussioni

  1. Ciao Graziano. Interessante e piacevole questo tuo racconto. Giovedì scorso ho visitato il borgo di Lollove, poco distante, come tu ben sai, dai luoghi che hai descritto. Avessi letto prima questo tuo racconto, ci avrei fatto una capatina. E, se posso farmi gli affari tuoi (da lontana “cugina” Manca a lontano “cugino”, Manca, perché non scrivi più i tuoi interessanti racconti su Edizioni Open?