Il mondo delle torri

In lontananza si udiva il rumore di un trattore. Berken posò il forcone su una balla di fieno e prese il cannocchiale. Nel cielo le nuvole si stavano addensando come vesciche sature di fango e qualche goccia di pioggia cominciava a cadere tintinnando sui sassi.

La torre dell’orologio rintoccò cinque volte e poi con una specie di ferruginoso lamento si bloccò.

Un silenzio alieno cadde nella vallata. Le spighe di grano ondeggiarono per qualche istante prima di fermarsi immobili, come pietrificate nel sole morente. Berkel prese ad agitarsi rosso in viso. Fissava la torre dell’orologio ad alcuni chilometri da lui e allarmato vide che le lancette erano ferme. Da sempre l’orologio regolava la vita degli abitanti, ne ritmava le giornate e le notti, scandendo gli eventi come la punteggiatura di una frase. Nessuno sapeva chi avesse costruito le torri di Crono.

Il trattore scollinò e Berkel vide che era una vecchia conoscenza, Kirk di Gregoriano.

La pioggia prese a scendere a scrosci e da lontano il rombo dei tuoni sembrava spezzare la terra. Dopo aver parcheggiato sotto la tettoia del capanno degli attrezzi Il riparatore saltò dal trattore schizzando fango dappertutto. – Sei venuto con i tuoi ferri Kirk?- l’altro si grattò la barbetta biondiccia e annuì con un cenno del capo. Berkel sapeva che i riparatori non amavano parlare del loro lavoro ne degli attrezzi che trasportavano nella loro valigetta. Ma non sembravano volerne fare un mistero piuttosto davano l’impressione di non saperne nulla.

– Bevi questo tonico Kirk, ti farà bene- gli disse porgendogli una bottiglietta di cola stracolma di un liquido nero come la pece dall’odore leggermente affumicato. Dopo alcuni sorsi l’altro prese commiato incamminandosi a piedi sotto la pioggia. Berkel lo seguì con lo sguardo fino a che lo vide arrivare alla porta della torre dell’orologio. Non era sicuro di quello che aveva visto fare al riparatore ma gli era sembrato di vedere l’uomo togliersi un guanto e ferirsi la mano destra con un utensile prima di spingere la porta di ferro che conduceva all’interno nei meandri metallici del Crono.

Il riparatore sapeva come muoversi anche se era conscio dell’estrema fragilità di quelle strutture. La realtà era mutevole dentro a quelle mura perennemente buie. Le torri riconoscevano il DNA dei riparatori e le ferite nelle mani erano un usanza antica che garantiva l’autenticità del manutentore.

La città libera di Gregoriano fu fondata nel 2019. In origine era un piccolo borgo di una quindicina di case abitate perlopiù da contadini. La produzione della cola fermentata venne inaugurata nel 2020 con il riconoscimento della città dentro la confederazione della libertà che univa Crono, Liberty flag, Bingo e Haven road. A cui si unì, Gregoriano.

Il trattore che spiccava nella bandiera della città era l’unico mezzo di locomozione ammesso dalla confederazione. Il deserto che separava le città era impraticabile con qualsiasi altro veicolo a motore, a causa delle voragini mobili e degli animali striscianti.

Berken in fondo non poteva lamentarsi. Aveva il suo trattore, l’orto e una vista splendida su una torre dell’orologio. Kirk avrebbe sistemato tutto, ne era certo. Qualcuno bussò alla porta e Berken lo fece entrare con trepidazione. Era Istor ed sempre un onore la visita di un medicus. Gli avrebbe offerto la miglior cola e del cibo buono per sopire gli spiriti malvagi che come zanzare solevano circondare gli uomini eletti dagli dei.

– Benvenuto Istor! Come posso esserti utile?- L’altro non rispose. Si sedette al tavolo senza guardare in faccia il suo ospite e Berkel si accorse delle sue mani. Erano come irrorate da una flebile luminosità. Il medicus si voltò in direzione di Berkel ma il suo sguardo era privo di espressione, come se non lo vedesse.

Una serpeggiante paura si insinuò in Berkel quando si rese conto della realtà. Se persino un uomo di scienza si era servito di un oloide significava che la situazione era molto più grave di quanto sembrasse. Si affacciò alla finestra e vide in lontananza la porta della torre aperta. Il cielo era plumbeo e avvolto da una luce bluastra. Le luci dei focolari erano spente come se le dimore fossero state abbandonate. Una voce che sembrava provenire da lontano scandì parole raggelanti. L’oloide aveva pronunciato l’antico richiamo. La porta della torre si richiuse.

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