IVO

Mi chiamo Ivo. È un nome corto ed è ovvio che manchi il suo diminutivo. Vorrei tanto averne uno, ma attualmente ne sono privo. 

Mi piace scrivere anche se non ne ho motivo. È un’abitudine che mi sta prendendo la mano, e la considero come un medicinale lenitivo che mi dà forza e il coraggio di rimanere vivo. 

Di me ho un giudizio negativo. Sono una persona qualunque e non mi sento un divo. Convivo con un ego riflessivo ed un carattere remissivo. Un connubio che col tempo si è dimostrato molto impegnativo. 

Non sono sempre oggettivo, a volte do un  giudizio sommario e sbrigativo, fuori tempo massimo: direi tardivo.

Con i figli il mio atteggiamento comprensivo forse è troppo permissivo; per questo non è da tutti condiviso e ancor meno condivisivo.

Per un periodo ho lavorato in un istituto assicurativo. D’incu***, pardon, d’invogliare la gente a sottoscrivere polizze non me la sentivo.

Poi ho superato un concorso pubblico nella scuola molto selettivo; non ci crederete ma nello scritto non ho sbagliato un congiuntivo. Ora lavoro in un Istituto Comprensivo molto esclusivo. Con i ragazzi mi sento molto inclusivo. Se mi fanno degli scherzi li accetto: non sono vendicativo. 

Ho preso purtroppo il virus, quello molto trasmissivo. Per fortuna non sono finito in un centro infettivo ma sono rimasto in casa finché, dopo qualche giorno, sono ritornato negativo. Mi è andata bene come a Jovanotti perché son ancora vivo; sarà che entrambi pensiamo positivo.

Così ho avuto il tempo di veder il Festival di Sanremo sempre con spirito partecipativo ed ho scoperto qualche cantante redivivo: pensavo fosse morto ed invece è ancora vivo. Amadeus si dilunga troppo: è dispersivo.

Sto ristrutturando casa così ho chiamato un artigiano per un preventivo. Mi ha guardato in faccia come fossi un sovversivo. Lo chiedevo solo per avere un prezzo indicativo. So che è un evasore e non paga l’IVO (imposta volutamente occultata). Non è questione di rima, è che non rilascia fattura e non paga il corrispettivo. Così m’incazzo e, come sempre in queste circostanze, lo mando a cag**: questo è il mio segno distintivo. E se non va di corpo che prenda un lassativo. 

Moglie: “Ivo, vuoi smetterla di guardare le tette della Balivo!’

Ivo: “Ma che dici amore, son seni piccoli che non hanno bisogno di un reggiseno contenitivo”. Alle sue osservazioni rispondo sempre in modo evasivo. Però è un belvedere, direi molto suggestivo.  Lo dico così per celare la malizia di un colpo d’occhio furtivo. Per me guardare le belle donne  è un comportamento istintivo che cozza spesso con lo sguardo di mia moglie, che in quelle circostanze è ovviamente punitivo.

Presto è domenica, un giorno festivo.  Lo stadio sarà pieno per quel rito collettivo che non ha più nulla di sportivo; qui lo dico e qui lo scrivo.  Quel legame affettivo che lega il tifoso al calcio è comunque in molti ancora vivo. Auspico un comportamento repressivo da parte delle forze dell’ordine nei confronti di chi chiamare tifoso è spesso riduttivo. L’ultras è un delinquente e non solo un sostantivo spregiativo. Non c’è scusante per quell’atteggiamento violento ed aggressivo che ricorda tanto quello di un uomo primitivo. L’ultras va fermato, magari in modo coercitivo, e rinchiuso in un istituto rieducativo.

Moglie: “Ivo basta, stai scrivendo in modo compulsivo nonché in corsivo. Fermati e prendi con me un aperitivo, qui all’ombra di questo ulivo.

Non so perché, ma nel tuo racconto sento qualcosa di ripetitivo. Stai scrivendo di tutto e di niente in modo ossessivo. La critica ti riserverà un commento al vetriolo: stroncativo Ivo Ivo Ivo”.

Ivo: “Lo so, mi metteranno all’indice perché questo non è il modo corretto di scrivere: è diseducativo Ivo Ivo Ivo”. Se dovessi in futuro buttar giù un rospo, lo farò con un amaro digestivo Ivo Ivo Ivo.

Dannazione! Rieccheggia ad ogni frase il mio nome Ivo Ivo Ivo”. 

Moglie: “È il tuo smisurato ego che si fa sentire sempre così vivo Ivo Ivo Ivo”.

Ivo: “Hai ragione, a volte prende le sembianze di un Divo Ivo Ivo Ivo.

Per poi ritornare mestamente in me”. 

Firmato Ivo.

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Discussioni

  1. Non è Arte con la “A” maiuscola, è arte povera con la “a” minuscola. Se hai riso ringrazia Ivo, lui, putroppo, si esprime solo così, è inespressivo. Forza Ivo, sei rimasto nel mio cuore anche se sei solo un figlio adottivo.