La lettera

Caro Prof

Come lei si sarà sicuramente accorto durante le lezioni le arriva la luce dei miei occhi, grandi, aperti in modo di emoji, le arriva addosso la luce della mia ammirazione per lei, luce che come come un faro, punta solo ed esclusivamente su di lei, luce che illumina il suo viso bellissimo. Sì, ne sono sicura, lei è così attento, che, molto probabilmente, sa chi le sta scrivendo. Dal primo giorno, amato prof, ho visto in lei una figura rassicurante, paterna, lei sempre pieno di gentilezze, pronto ad ascoltare chiunque, tutti quelli che necessitavano e necessitano ancora della sua bontà, lei pronto, con spirito di abnegazione. Quante volte si è intrattenuto in classe a parlare con chi aveva bisogno. Per quanto riguarda me, man mano questa sensazione si è trasformata in altro, non vedo più in lei una protezione da fratello maggiore, ma altro. Le chiedo cortesemente di ascoltarmi, di leggermi, per favore, non la strappi e valorizzi lo sforzo di cui ho avuto bisogno nello scriverla. L’ho scritta al computer, così le arriva, sì, è vero, ma prima l’ho fatto a mano. Ho preso carta e penna e ho buttato giù tutto quello che penso, poi l’ho copiata su Word, ma le assicuro che scrivere con la penna una lettera è tutt’altra cosa. Riesci ad ottenere davvero quello che ti gira nello stomaco. È come se le parole venissero pescate con molta attenzione e dolore nel contempo, tirate su, come si fa con secchio dentro un pozzo.Tiriamo su quel secchio e troviamo tante parole, colorate, sbiadite anche, rotte, malmesse, magari le troviamo che urgono una sistemazione, questa consonante va qua, questa vocale va là, ah no, forse è questa. Ecco, c’è un lavoro dietro, un lavoro interiore non indifferente. A volte ci meravigliamo delle parole che troviamo. Non è così forse prof? Quante volte, presi da noi stessi, vediamo volare attorno a noi, come farfalle belle colorate, pensieri, parole, soluzioni. A volte troviamo sorprese, emergono sentimenti repressi, salgono dolori sopiti, vengono su, intrecci di paure, amari momenti, dolori interiori, fatiche, fobie, ma anche sorrisi, piaceri unici dimenticati, tiriamo su gioie di un tempo andato. Un bel secchio di roba preziosa. E poi, c’è la fatica di scrivere in corsivo, perché in quel modo ho scritto, roba del medioevo, è una forma anacronistica oggi, non possiamo dire ad un ragazzo scrivi così, no, oggi non possiamo dire manco, una volta, sai, si scriveva così. È fuori dalla loro logica. Io sono stata sempre una difenditrice di sistemi, non solo la scrittura a mano, ma tante altre cose, diciamo passate, trapassate, morte. Hanno valore, prof, hanno sempre valore e non bisogna dimenticarlo. Comunque non voglio stancarla con tutte queste idiozie. Ricordo il primo giorno di scuola, 19 settembre. Entrai in classe, mi sedetti assieme alle mie amiche ad aspettare il primo insegnante che quell’anno ci toccava vedere. Era lei. Ricordo di aver dato col mio ginocchio una spinta su quello della mia amica, lei senza voltarsi mi disse «ancora non abbiamo iniziato e già vedi che roba!»

Ricordo che lei, prof, indossava una camicia azzurra, dei pantaloni bianchi, tutto le stava una meraviglia, devo dire che lei ha buon gusto, e non lo dico per dire, no, lei è un maestro nel vestire. So che ha la tentazione di chiudere tutto e mandarmi a quel paese. Lo so. Lo può fare se vuole, e chi glielo impedisce? Sua moglie? Non penso. Non credo che lei legga questa mia lettera insieme alla moglie. No, per quel poco che la conosco, sono sette mesi, posso dire che le cose sue, sono solo sue. Nessuna interferenza. Nemmeno quella di sua moglie. Lei, prof, è troppo intelligente per fare questo errore. Sono cose, sono parole, che riguardano lei e me. No, no, aspetti, so cosa sta pensando, io ho diciassette anni e lei quaranta, e non può leggere queste parole da una sua allieva, anzi non avrebbe dovuto ricevere questa lettera, la mette in difficoltà, non può acconsentire ad una sua studentessa di scriverle in privato, e poi perché? Certo che sono cose che lei si domanderà. Forse ha ragione! Ma come facevo a farle sapere di quello di cui avevo bisogno? Come faccio a dirle certe confidenze, intimità? Mi ascolti. Lei è un bell’uomo, ancora un ragazzo, e poi non è così assurda la nostra differenza di età, quanti ce ne stanno, tanti, ma tanti. Anzi, io discuto meglio con chi è più grande di me. No, no, non voglio rovinare il suo matrimonio o tentarla, no, me ne guarderei bene, vorrei solo condividere i miei pensieri, le mie ansie, i miei delicati e difficili anni con lei. Se potessimo farlo di presenza sarebbe un’altra cosa, ovviamente, ma ho dovuto, per il momento, optare di intrattenere e di svelare per lettera le mie intimità adolescenziali. E riflettendoci, per ora, è meglio così, lei sarà sicuramente d’accordo.

Lei prof ha superato certe difficoltà, sa quello che intendo, lei è avanti a certe cose, ma mi creda, in qualche modo dovevo farlo. Mi è necessario. Sa, parlare con una persona più grande, più matura, sicuramente più vissuta di te è di fondamentale importanza. Non posso confidare quello che sento a mio padre, lei mi capisce, non capirebbe del tutto, anzi forse peggiorerei le cose, anche se occorre vedere che padre si ha, per quanto riguarda il mio è così, non posso, poi non ho fratelli né sorelle, e non ho amici o amiche che possano soddisfare le mie esigenze. E poi, anche se li avessi, francamente ho scelto lei, mi è così carino, è disponibile, capisce tutto quello che una ragazza ha bisogno, consiglierà sicuramente l’opzione giusta. Prof, in poche parole, ho bisogno di lei.

Di questo, forzandomi , ne ho parlato con la mia intima amica, la quale mi ha in un primo momento sconsigliato nel fare questa pazzia (così l’ha definita), volevo venire a parlarle di persona e dire tutto quello che avrei dovuto dire, guardarla negli occhi e chiedere il suo aiuto, identificandosi, mostrando tutto il mio mal di vivere. Soffrivo molto, e avevo preso la decisione di attuare questa mia iniziativa. La mia amica, poi, mi ha suggerito un approccio diverso, più cauto, che non era consigliabile questa mia risolutezza nell’incontrarla. E abbiamo escogitato questo sistema della lettera. Avevamo solo la difficoltà di fargliela avere con la certezza che si accorgesse che c’era una lettera da leggere. Il fumo fa male, lo sappiamo. Ma non questa volta. Siamo riuscite a mettere la lettera dentro il suo pacchetto di sigarette, infatti! Sono sicura che lei l’ha letta.

Non voglio dilungarmi ancora, vorrei solo sapere se lei è disposto ad intrattenere con me delle missive diciamo intime, senza fantasticare su nulla, senza dover necessariamente pensare a cose che vadano oltre il lecito. Solo e semplicemente delle confidenze tra un’allieva e il suo professore, che mi aiuti a capire meglio l’età che sto attraversando. Lei sa benissimo di cosa parlo. Certi ragazzi sono davvero stupidi, oggi se ne incontrano tanti. Tutti hanno la certezza di essere i migliori, di sapere tutto, di ottenere tutto, ma alla fine sono solo degli stronzi. Lei può aiutarmi nel districarmi in questo mondo di idioti.

Se lei è d’accordo, in classe domani, sbadatamente, accenda la luce dell’aula, da quel segnale io capirò che a lei interessa la proposta.

Grazie prof, lei è nel mio cuore❤️

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Bravo, Nino. L’impeto adolescenziale puo’ in effetti portare a episodi del genere e sappiamo che le cotte per gli insegnanti non sono un’invenzione. C’è questo sicuramente nella lettera, ma forse anche altro. Sembra esserci una richiesta d’aiuto, una necessità molto forte di avere qualcuno con cui parlare. Sarebbe interessante se la storia avesse un seguito.

    1. Ciao Francesco, la storia dovrebbe avere un seguito, sì, ma ho acceso tanto di quei falò che non riesco più a gestirli bene. Termini altre cose e poi mi butto nuovamente in questa storia. È un chiaro grido di aiuto, quando un’adolescente si invaghisce del prof, entra in una dimensione delicata e critica. Dal Prof la risposta adeguata. C’è? Ci sarà? Ce n’è una? Vediamo. Grazie Francesco.

  2. Leggendo questa lettera mi sembrava quasi di sentire una voce di ragazzina e vedere un bel visino fresco. Ho immaginato quanto potesse essere stato difficile per lei lasciarsi andare, chiedere aiuto, fare il primo passo. Se lui è un prof. corretto, non accetterà di intrattenere con lei un rapporto epistolare intimo, come lei lo definisce, ma se è anche una persona sensibile e soprattutto un bravo educatore, saprà trovare il canale giusto per avvicinarla e darle tutto il supporto di cui lei ha bisogno e che merita. Bravo Nino, questa lettera apre a moltissime riflessioni.

    1. Credo che debba trovare una soluzione. Quella è un’età particolarissima, durante la quale può accadere anche questo. Un buon educatore dovrà tenerne conto, con i rischi annessi. Ma ho acceso tanti di quei fuochi che non so quali alimentare, nel frattempo penserò per quale soluzione opterà il docente. Ciao Cristiana

  3. Davvero suggestiva e ben riuscita questa spianata epistolare, dove sei riuscito a cogliere i toni, i fermenti e le esitazioni di quel mondo, come di quel particolare momento di resa al mistero dei sentimenti, con i suoi bagliori impercettibili, le sue tensioni e i sommovimenti della giovane età, con i suoi picchi di tenerezza e di breve follia. Ci sono tanti piccoli tasselli che rendono al meglio il tuo quadro di intimità, come il cenno sul ginocchio dell’amica, l’osservazione dei dettagli di abbigliamento del professore, la luce dell’aula come segnale di risposta (ottima come trovata), la complicità con l’amica che si fa parte del piano di assedio fino a tutte le dinamiche generazionali, che dalla tua lettera aprono tanti fronti di esplorazione e di riflessioni. La voce scrivente l’ho sentita autentica, in tutte le sue sfumature, senza alcun tipo di affettazione o forzatura. Bellissimo lo stratagemma di nascondere la lettera nel pacchetto di sigarette del professore. E poi vi è quest’aria soffusa di scuola e di lieve malinconia che non stanca mai e che hai congegnato molto bene.