La lotteria Italia 

Serie: Picciuotti adolescenti


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Notizie fresche dal barb

Quel giorno Micheli a quell’ora era ancora chiuso. C’era la serranda calata e si vidìa un cartello unni c’era scritto: Torno subito. Mi misi a ridiri e passai avanti. Micheli era un artista nato. Bravo quanto buono.

Mi misi a caminari verso o bar Italia. Avìa disio di un caffè. Iu era di un’altra parti do quartieri, però ogni tantu con l’amici miei scendevamo fino a San Giovanni e spesso trasieumu u bar Italia.

Oggi, unni abitu iu, in tutta n’autra zona della città, c’è un bar, tabacchi e tanto autru, unni viri un saccu di pirsuni attaccati alla cassa, taliari cu gli occhi spalancati na picca di numeri. Appena nun facieunu na minchia, subbitu dicunu o gestori, 13, 25 e 78. Chista è a vita bona! 14, 25 e 78, mpari tu ti sbagli di un numero, viri viri. Una signora una vota mi fici taliari ammincialutu. Si avvicinau alla cassa, presi posizioni, si fici largo tra i masculi, tirau fora na picca di contanti, li sbattìu sul bancuni, e tremando si misi a taliari a Peppi u gestori.

«Finiennu chisti sono rovinata!»

Peppi non seppi chi ddiri, la taliò con stupore, quasi con paura. Prese i soldi e si misi a sperari che i numeri che la signora avìa datu uscissero. Credeva fermamenti che chidda avissi fattu qualche grossa minchiata.

La signora mentre che giocava, muoveva gli occhi veloci, ma non insiemi, li muoveva strani. Se era chiuso l’unu era aperto l’autru. Avìa un tic nervoso che non riusciva a fermari. Strideva i denti, tantu forti da fari arrizzari i carni! Tirava su col naso, paría sempri raffreddata. Tuttu accumpagnatu da un tremolìo di mani e na movuta di spalla continua, sembrava che stava remando. Tuttu preoccupava a Peppi, che mentre ci giocava i numeri alla povera donna, dava uno sguardo di aiuto al fratello. Viri che questa è fodda! Vieni! Il fratello si avvicinò e si misi proprio dietro alla signora. Ebbi tanticcia di difficoltà a stari fermo dietro a lei, quasi quasi ci venìa di muovere la spalla pure a lui. Taliò al fratello e pari ca ci dissi, ma n’avieumu assai?

Beni, la signora non vincìu nenti. Arrungiò la sua figura, come se avesse preso una pezza bagnata da terra, e uscì dal bar tabacchi. I due fratelli la seguirono, videro che salì dentro una Fiat Panda dove c’era un signore che l’aspettava. Mentre che si allontanavnu si virìa a coppia gesticolare animatamenti. I due gestori tornarono dentro, seri.

All’epoca, al bar Italia, si giocavano i sistemi delle schedine del totocalcio. Oggi pari parlari arabu, cosa sono i sistemi delle schedine? Bhe in quegli anni erunu chisti i giochi, a schedina e a lotteria Italia. La befana era tanta amata quantu malaritta. La notti del sei di gennaiu, vedevamo la televisone, per chi l’aveva, si si, per chi l’aveva. U munnu non è nato con i televisori a casa. Son trasuti piano piano. Comunqui taliaumu quell’unicu biglietto con estrema dolcezza. Lo taliavamu e sognavamo dove farcI la villetta.

«No, in quella zona proprio te la faresti? Ma tu sei pazzu! Io, inveci, ne costruirei tre, due per i miei figghi e una pi mia.»

«I figghi si lasciano in paci. Sempri ammienzu e viettili ti metti!»

«No, no. Iu ci mettu I soldi ed iu decidu. O tutti e tre insiemi o nenti.»

E cosi nascevano discussioni nell’aria fritta dei sogni. E alcune diventavano motivo di liti.

«Ah sì? Perciò non vorresti tua suocera accanto a tia. Ti ricordo che sei sposata cu ma figghiu, e senza di mia iddu non ci sarebbe in questo munnu, capito? Rispetto, rispetto ci voli! E senza scurdariti che i soldi ce stamo mettendo noi, quindi, muta e pitalìa.»

«Sì! Confermo! Noi autri vuliemu stari da soli.»

E da lì partiva il suocero, il marito, e la discussioni del mese prima. La nuora con le unghie sciute verso la suocera.

«Per non parlari quannu ti sei girata con ma matri in manera, diciamo, voglio essiri aducata, in manera sopra le righe. Ma matri è una Signora, con la S maiuscola, capito, cara Suocera?»

Il sette gennaio la vita riprendeva dove s’era lasciata il cinque.

Inveci in questi bar si assisteva alla presenza di certi personaggi particolari. Tu entravi e comu minimu trovavi, due o tre ca birretta ne manu, assittati tranquilli che discutevano, certi voti le discussioni si sentivano di fora. Alla fine, una cassettina di birra se ne andava per gli stomaci allargati di quei signori. Il tutto accompagnato da fresco profumu di MS con filtro, quelle leggere, col pacco bianco.

«Ma chi ti fumi ancora questa roba?»

«E che mi devo fumari? Chisti mi posso permettere.»

«Qua, li vedi? Queste sono sigarette porca puttana.» e facìa vederi, uno di loro, un pacco di Marlboro morbidi.

«Ah tu si capitalista!»

«Sì, sugnu sta minchia! Quali capitalista. Iu più compagnu di tia sono!»

«I veri cumpagni non fumano sta robaccia americana. Costa troppo. I nazionali senza filtro, quelle sono le sigarette buone» disse il terzo.

«Parrau! Meglio che bevi inveci di sprecari paroli. Chi metti a paragoni? A merda cu l’oru?»

Mentre che parlavano, bevevano, fumavano, si sentiva lo scruscio delle carte siciliane che sbattevano sul tavolo.

«Lisciu!»

«A ca ti vuogghiu!»

«Mpari, mi sa ca facisti na gran cazzata!»

«Ah zittu zittu, chi minchia ni capisci tu! Ora ti faccio vidiri.»

U cumpari, che teneva la sigaretta di sbiego, sul lato sinistro, aveva l’occhio chiuso, la facci arrungiata e a malapena con l’autru occhio tuttu russu, pieno di fumu e astuzia, calau u carricu.

«Eh minchia! Chi diti ora tutti e due?»

«Colpo di culu fu!»

«Questa si chiama arte! Voi di queste cose siete appiedi, non capite un caizer!»

«A rivincita mpari. Saru, ne porti autri quattro birre, friddi mi raccomando, non ci chiamamo Zuddu!»

Serie: Picciuotti adolescenti


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