La Luce

C’era una volta un anziano Maestro, saggio e riflessivo, che viveva, immerso nello studio e nella meditazione, in una vecchia casa.

Molte persone erano passate per quella casa e coloro che lo avevano conosciuto ed avevano parlato con lui ne riportavano una enorme impressione e sempre, dalle sue sagge parole, traevano conforto ed insegnamento.

In un piccolo borgo viveva invece un giovane di 17 anni, apprendista in un cantiere edile, tenace e volenteroso, ma eternamente combattuto tra la fede ed il dubbio, tra la ragione ed il sentimento, tra la luce e le tenebre; egli aveva a poco a poco perso la voglia di vivere e trascorreva il suo tempo inutilmente, a fantasticare ed a meditare sulle miserie della condizione umana, sperando in un’ispirazione che potesse squarciare le tenebre nelle quali brancolava e dargli “LA LUCE” a cui tanto ambiva.

Quando non ne poté più di vedere la sua vita così sprecata egli decise di partire e di cercare l’anziano Maestro, il solo che avrebbe potuto dargli la saggezza e la formula della felicità.

Fortunatamente alcuni amici gli indicarono dove poter trovare il Maestro e quando giunse al suo cospetto si sentì dire:

– Entra, tu sei il benvenuto, fratello, ti aspettavo e sapevo che saresti venuto.

Le parole del Maestro lasciarono un poco perplesso il giovane apprendista che tuttavia cominciò a provare per il saggio una grande ammirazione. Nonostante l’apprendista fosse stanco per il suo peregrinare rimase a discutere con il Maestro fino a notte fonda, fino a che i suoi occhi si chiusero e la sua mente si smarrì, felice, nel cosmico silenzio dell’universo. Al risveglio, la prima cosa che vide fu il volto del Maestro che lo scrutava con attenzione.

L’apprendista lo salutò dicendo:

“Cerco la “LUCE”, Maestro, e confido nel tuo aiuto; vedo che le tue mani non hanno calli come quelle dei muratori; vedo che le tue spalle non hanno mai portato pesi come quelle dei carpentieri. Ma vedo che i tuoi occhi sono stanchi come quelli di chi ha molto faticato.”

Poi continuò: “Ho sempre studiato, Maestro, non ho fatto altro che studiare. Mi sono accorto però di sapere ancora poco e desidero studiare tanto da avere un giorno, finalmente, le idee chiare su tutto, conoscere i segreti dell’universo e le ignote forze che muovono le nostre azioni ed i nostri pensieri, e poter vedere, finalmente, la “LUCE”; l’assiduo studio di tutte le religioni e le correnti filosofiche di pensiero non hanno fatto altro che aggiungere smarrimento ed impotenza alla confusione che regna nella mia mente. Ero come una piccolo stagno, Maestro, le cui rive segnavano i limiti del mio sapere, poi sono cresciuto e la quantità di nozioni acquisite mi hanno fatto diventare un oceano; ma con mio grande disappunto di pari passo col la mia conoscenza crescevano i limiti del mio sapere, che, se prima erano ridotti quanto le rive di uno stagno, ora sono grandi quanto le terre che circondano l’oceano.

Ho sentito tanto parlare di voi, so che siete molto saggio e quindi conoscete segreti e cose strabilianti che potete insegnarmi. Una vita umana non basta per conoscere tutto e con la vostra guida spero di diventare l’uomo più sapiente della terra.”

Il Maestro sorrise: – Credi veramente che io possa darti la conoscenza che ti manca e possa condurti a ricevere la “LUCE”?

“Si!” Rispose l’apprendista.

– Sei disposto a fare qualunque cosa io ti dirò di fare? Senza discuterla? Ed a subire delle prove? – di nuovo l’apprendista rispose affermativamente.

– Bene, torna a casa tua, vendi tutto quello che possiedi; spogliati dei metalli e danne il ricavato ai poveri ed ai derelitti; poi torna da me!

Il neofita abbassò lo sguardo con umiltà e fece quanto gli era stato ordinato senza discutere.

Quando tornò il Venerabile anziano lo stava aspettando e lo abbracciò tre volte.

L’apprendista disse: “Maestro, credo fermamente in voi e sono sicuro che mi porterete a conoscere la Verità ed è solo per questo che ho rinunciato ai metalli, alle ricchezze ed alle lusinghe del mondo; perciò vi supplico di non ritardare ancora il vostro insegnamento.”

Il Maestro annuì e rispose: – Comprendo la tua ansia, fratello, ma temo che non sarà una semplice questione di tempo o di insegnamento. Comprenderai a suo tempo, tu ora sei simile a colui che, veduto qualcosa in lontananza, sale su di un monte per vederla meglio mentre potrebbe addirittura dirigersi incontro ad essa per la via più breve. Io ora sto per partire e tornerò solo fra tre anni per vedere cosa hai imparato!”

Quindi l’anziano Maestro accompagnò lo sbigottito giovane nella sua biblioteca e quello che sembrava un angusto stanzino si rivelò un accogliente luogo di raccoglimento e di studio. Sui tavoli e sugli scaffali alle pareti un’immensa mole di libri che lasciava sgomenti e meravigliati. Un raggio di luce colpiva un grosso tavolo di noce sul quale era posato un libro aperto. Il Maestro parlò: – In tutti questi libri che vedi c’è la sapienza dell’Uomo. Tu dovrai leggerli tutti. Quel raggio di luce sarà la tua guida, scandirà le ore del lavoro e della ricreazione. Tra tre anni ritornerò per interrogarti, sappi trarre da questo periodo di lavoro senno, serietà, benefizio e giubilo!!! – detto questo scomparve.

Passate che furono, in un’infinita tristezza, le prime ore di solitudine, l’attenzione del giovane si rivolse all’immensa biblioteca nella quale egli sperava di trovare un giorno la luce.

Tutti i pensieri ed i ricordi passati svanirono nello studio dei testi sacri, nella filosofia greca, nella storia delle religioni orientali ed occidentali, nella matematica, nell’astronomia, nell’astrologia, nella magia, nell’alchimia, nella chimica, nella mineralogia, nella medicina, nella storia, nella poesia, nella letteratura, nella fisica, insomma in tutto lo scibile umano.

E passarono così finalmente tre anni ed il giorno stabilito l’apprendista vide arrivare il suo maestro, sempre uguale e dal passo sicuro. Si abbracciarono tre volte e si parlarono:

“Bentornato Maestro.”

– Ben ritrovato Fratello! Sono qui per interrogarti, coraggio.

L’esame durò tre giorni e tre notti durante i quali non bevvero ne mangiarono. Poi il Maestro sentenziò:

– Fratello diletto, non sei ancora pronto per vedere la “LUCE”; studia ancora. – e scomparve.

Passarono così altri tre anni ed al termine la risposta del Maestro fu uguale.

Trascorsero altri trenta, quaranta, cinquant’anni ed il Maestro ogni volta rispondeva sempre la stessa cosa: “Non sei ancora pronto per la Verità!”

Eppure l’apprendista era diventato l’uomo più sapiente del mondo. Egli aveva letto tutti i libri che erano stati scritti sulla terra. Riteneva ormai di conoscere tutto; era diventato anche vecchio ma la sua salute era ancora ottima.

Il giorno convenuto per il ritorno del Maestro l’apprendista attese con ansia di rivedere il suo severo esaminatore.

Forse questa sarebbe stata la volta buona.

“Bentornato Maestro.”

– Ben ritrovato Fratello! Sono qui per interrogarti, coraggio.

L’esame durò sette giorni e sette notti ed al termine il Maestro disse:

– Fratello mio, ora sei il più saggio e sapiente uomo della terra. Conosci tutto, l’origine di tutto, la causa di tutto, l’effetto di tutto; la fine di tutto. Finalmente hai trovato la “LUCE”.

L’apprendista rimase ammutolito poi balbettò:

“O perfettissimo e Venerabilissimo Maestro, ciò che dite mi sconcerta. In verità potrei anche essere il più sapiente uomo della terra, ma devo confessarvi che non ho affatto trovato la “LUCE” in tutta la mia scienza!” e detto questo scoppiò in lacrime.

Il maestro lo abbracciò e lo tenne stretto a se con tutta la tenerezza di un padre verso il figlio sconsolato.

– Fratello caro, il buon Dio che non ha avuto le tue preghiere accetta ed asciuga le tue lacrime che sono le più amare della terra. Ma come potevi sperare di trovare Dio se in tutti questi anni non hai fatto altro che studiare e rivolgere i tuoi pensieri alla filosofia ed alla matematica? Speravi forse di trovare Dio nei numeri od in vuote parole? Dio ti voleva umile e tu ti presenti a Lui come il più sapiente del mondo. Troppo zelo in te e troppa poca umiltà. Ma le tue lacrime hanno commosso il Grande Artefice del Creato che viene a te in umiltà affinché tu finalmente apprenda.

Il vecchio Maestro lasciò l’abbraccio del discepolo e, alzatosi, aprì le braccia e rivolse gli occhi al cielo. Lentamente si circondò di una luce vivissima ed accecante. Egli si trasfuse nella luce e divenne la “LUCE”. L’apprendista sentì allora la sua anima abbandonare il corpo per andare a ricongiungersi allo spirito divino e ne fu felice.

“Io so soltanto che ero cieco ed ora vedo. Io sono venuto in questo mondo a compiere un giudizio; perché quelli che non vedono e cercano la luce possano vedere, e quelli che vedono diventino ciechi….; ora comprendo e mi compenetro nello spirito divino, nell’universalità.”

Poi spirò. Ma il suo corpo non conobbe disfacimento; si dissolse nella luce e nell’aria e, con lui, tutti i libri della biblioteca.

Questa è la storia alla quale non si pretende crediate, perché l’unica certezza è che, come scrisse T.S. Elliot:

“L’unica saggezza che possiamo sperare di acquistare, è la saggezza dell’umiltà”.

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Discussioni

  1. Ho scelto questo fra i racconti che hai pubblicato e sono stata fortunata. Tante sono le piccole perle sparse in questo testo, tra l’altro scritto molto bene che come ti dicevo fa la differenza. Tuttavia, ciò che maggiormente mi colpisce è la maniera umile in cui il giovane si presenta al vecchio. Il suo ammettere i propri limiti e incapacità ‘… Grandi quanto le terre che circondano l’oceano…’. Credo che con questa ammissione così umana e bella, il giovane abbia superato il proprio maestro.