La stidda di ziu Pippinu

Serie: Ziu Pippinu


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Si è parlato dei debiti di Peppi

— E invece si. Vedi caro nipote, ad ognuno di noi l’universu, c’è chi lo chiama diu, ci ha dato in consegna una stidda. Stasira, più tardi, talìa il cielo, lì c’è la tua stidda, e se non riesci a vedere la tua, perché sei accecatu dai tuoi pinsera, asciugati la menti, lascia stari tutti sti malaffari, dedicati al cielo, ti ci devi perdiri dentro. È grande sai, iu quando ci vado sopra a la mia stidda, vedo tutto, e lo vedo per come deve essiri, non per comu vulissi, quella luci intensa mi rincuora a vita. Ogni sera guardo la mia stidda e la salutu con gioia. Viegnu ( Vengo ) pigghiatu (preso) dal mio pozzo, tirato su e portato , anzi trasportato, per le mie passioni, per i miei amori andati, viegnu pigghiatu e catapultatu in mezzu a luci ca mi fannu sognari. Che vedo? Peppi, io vedo allo ziu Pippinu picciuottu, liberu di tutti e di tutto, senza attaccamenti terreni, senza patemi, senza sciarri(liti), iu e iu, sulu iu. E in cumpagnia di mia, mi vedo dividiri a pezzetti, sì, tanti puzzudda (pezzettini) tanti quantu iu ho amatu in questa vita. Mi vedo l’unioni con loro. Chi spettaculu! Ma che ne puoi sapiri tu, tu non hai alzato mai la testa da un tavolo da gioco, sei un povero idiota! No, non lo sacciu se puoi fare questo viaggio, non sei il tipo. Tu non riesci nemmenu a taliari a luci dei tuoi figghi, di tua moglie, tu non distingui cazzi ri mazzi, lasciamo stari. Sienti Peppi, devi andare da don Sariddu e devi dire che restituirai il dovuto piano piano, col lavoro, facci un piano di rientro e mi fai sapiri. Don Sariddu capirà.—

Il nipote si alzò da terra, si ricompose un po’, si aggiustò i capelli e se ne andò in silenzio.

— Ciao Peppi, salutami a ma figghia, tua moglie e i tuoi figghi. Stanotte, sienti a mia, chiudi tutte le finestre e mettiti a taliari la tua stidda, ci devi provare. Se rimani in silenzio ne vedrai quattro. Alla prossima — disse ciò pianissimo, a malapena si sentiva iddu stissu, mentri che suo nipote scomparve ai suoi occhi stanchi.

Appena si saliva dalla via Cavour, si truvava una casa bella grandi, una villetta ca si faceva taliari. C’erano alberi enormi che impedivano la veduta. Se uno ci passava accanto a quei muri, ogni tanto si sentiva, verso mezzogiorno, lo schiamazzu di alcuni ragazzini seguito subitu adduoppu(dopo) da una vocina femminili che li chiamava per farli entrare dentro.

— Saruzzu, vieni che dobbiamo mangiari, forza che il nonnu è già a tavola, lo sai che vi vuole già là quando si siede lui. Vieni anche tu Mariuzza, forza. —

Una villa che ci volevano gli occhi per taliarla, ma per farlo beni bisognava andarci dentro. Solo un paio di giorni adduoppu la discussioni che Peppi ebbe con suo nannu, lui decisi di prisintarisi in quella villetta. Era un po’ nervusu, non voleva farlo, anchi perché il consiglio dello ziu Pippinu non è che gli era piaciuto tanto. Come faceva a restituiri tutti quei soldi? Però era un tentativo da fari. Voleva vederi se don Sariddu si accordava con quella proposta. Ma, ma se si azzardava a dirgli quello che gli era arrivatu all’orecchio, si giurò che l’avrebbe ammazzatu lì in casa sua, comu finiva, finiva!

La sira prima a sa casa, Peppi aveva parlato con sua mogli, aveva detto della discussioni col nonnu; le aveva detto che quel testardo non voleva aiutarlo e che qualcosa non riusciva a capiri. Perché? Perché pur sapendo che era una situazioni periculusa si rifiutava di aiutarlo. Il nannu aveva quei soldi.

— Mi devi credere Franca, mi è venuto voglia di sbatterlo al muru, e fargli uscire tutti quei soldi, glieli restituisco lo sai, ma uno è ridarli ad un parente, altro è a don Sariddu u stuortu.—

— Stai calmo Peppi, devi cercare di ottenere quello che vuoi, sì, ma non in modo impulsivu. Ma come hai potuto perdere tutti questi danari! — disse la moglie girandogli le spalle, quasi con le lacrime agli occhi.

— Francuzza, lo so, sono stato uno stronzo. Dovevo capiri che don Sariddu e i suoi mi avevano tirato un tranello, tu lo sai che iu sugnu (sono) bravu a carti, lo sai? Ma con loro qualcosa non mi ha convinto da subbitu, ma cosa facevo? Mi alzavo e me ne andavo, sì, da morto. Quando quelli prendono un pollo, non solo lo spennano, minchia, anche la pelle tirano, e le carni: ti fannu a pezzetti! —

— Peppi, come pensi di risolverla? —

— Non lo so… in qualche modo di sicuru —

— Certu, in qualche modu, certu. — concluse Franca tristemente.

— Se solo il nonnu si convincesse, se quella testaccia di anziano capissi, se sulo immaginassi chi c’è sutta! (Sotto) Forse sarei più ottimista. Ma accussì, accussì no.—

— Vuoi ca ci vengu iu cu tia da quell’uomo?—

Disse Franca cercando di tirarlo su e incoraggiarlo.

— Mai! No, tu stanne fora, ci pensu iu! Sugnu sicuru che il nonnu mi voli umiliari, voli farmi vedere con gli occhi miei chi significa sèntiri l’odori della morti. Mi sta costringendo ad andari da quella bestia, per poi, e di chistu mi sto convincendo, per poi pinsarici iddu. —

— Può darsi Peppi, e debbo diri la verità, te la meriti una bella umiliazioni. Capisci una volta per tutti che devi rientrare in te stesso. Ancora siemu ragazzi, possiamo cambiare rotta amore miu, ma dobbiamo usciri da questo casinu! —

— Sì Franca, sì, siemu ancora in tempu. —

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