
La vera paura
Dicono che, quando siamo sul punto di morire, gli ultimi sussulti del nostro sistema nervoso proiettano nella nostra mente alcuni frammenti della vita passata, ricordi di quello che siamo stati e che abbiamo fatto, luoghi che abbiamo visto, persone che abbiamo amato, esperienze che abbiamo vissuto, emozioni che abbiamo provato. Una serie di immagini che si susseguono una dietro l’altra apparentemente senza filo logico, come se stessimo osservando un treno ad alta velocità che ci sfreccia davanti e in cui ogni finestrino è un ricordo diverso, oppure come una di quelle presentazioni di diapositive che immancabilmente qualche parente tira fuori a Natale e che tutti facciamo finta di apprezzare.
Sì, dicono così. Eppure io sono qui, seduto nella mia vasca, l’acqua resa rossastra dal sangue che non smette di sgorgare dai tagli sui polsi, le forze che pian piano mi stanno abbandonando, gli occhi che faticano a restare aperti… e non vedo niente, non sento niente. Nessun ricordo del primo giorno di scuola o del primo goal segnato da bambino, nessun flashback della prima fidanzatina o dei migliori amici, nessuna memoria di un abbraccio di papà o di un bacio di mamma. Sono qui, da solo, senza ricordare il passato e senza immaginare il futuro, quasi come se il tempo si fosse cristallizzato in questo preciso istante e non esistesse nulla al di fuori di questo momento, né prima e né dopo. C’è ancora il mondo al di fuori di questa vasca? Probabilmente sì, ma per me è come se già non esistesse più. Come ci sono finito qui? Non lo so. Perché ho fatto quello che ho fatto? Non mi ricordo… ma devo aver avuto qualche buon motivo, o almeno credo. Sono stato davvero io? Mi sembra quasi di potermi osservare dall’esterno del mio corpo, e di non riconoscermi più.
Una cosa però inizio a sentirla, una sensazione in particolare, un’emozione atavica… che cos’è? Ah sì, questa la so riconoscere, perché è quell’ombra nera che mi ha seguito per lunghi tratti della mia vita, che ha scavato nella mia anima e soggiornato nella mia testa, e che forse mi ha spinto a questa scelta: si chiama “Paura”. Ma è possibile? Ho fatto tutto questo per non sentirla più, ed invece è l’unica cosa che sento anche ora? Paura di cosa, poi? Di morire? Dopo aver realizzato (o forse solo sperato) che questa fosse l’unica via per sbarazzarmene? Cazzo…
Questa però non è la “solita” paura, non è come la paura di non essere all’altezza delle aspettative, la paura del giudizio degli altri, la paura di non essere mai abbastanza… quella è la paura che ho conosciuto, questa invece ha qualcosa di diverso. E’ più profonda, più viscerale, più ineluttabile… è semplicemente più “vera”, ed è terrificante. Che stupido che sono stato! Se solo avessi avuto un assaggio della sensazione che sto provando ora, avrei forse realizzato che tutto quello che mi preoccupava era il nulla in confronto a questo. Che quelli che per me sembravano macigni impossibili da sopportare, erano in realtà poco più che granelli di sabbia al confronto del peso che sta schiacciando la mia anima in questo momento. Ma adesso è troppo tardi, e non posso più tornare indietro.
…
Mamma?
Papà?
Siete voi?
Allora è vero quello che dicono…
Ciao Mamma, ciao Papà.
Mi dispiace.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa
“Che quelli che per me sembravano macigni impossibili da sopportare, erano in realtà poco più che granelli di sabbia al confronto del peso che sta schiacciando la mia anima in questo momento.”
Vero! Frase che racchiude il senso del racconto, tragico e angosciante. Tema difficile che hai racontato molto bene.