L’attesa

Ci siamo imbattuti l’uno nell’altra in un tardo sabato pomeriggio d’autunno a Sofia, in un luogo dove il nome delle stagioni rappresenta ancora una promessa mantenuta sino in fondo, traghettato dalla golosità che mi contraddistingue e da una decisione avventata.

Era l’ora in cui quel che rimane del sole penetra il bosco di betulle che dona respiro alla città, in un estremo impeto d’orgoglio; l’ultima occasione di tingere il mondo nelle sfumature più calde quando tutt’attorno è nient’altro che freddo, e l’arrivo del buio appare certo quanto incerto sembra il ritorno della luce.

Mi ha accarezzato appena la guancia, senza pudore, per poi occupare lo spazio vuoto accanto a me su di una panchina trascurata.

Era certa di trovarmi lì, messa a parte dei miei segreti, confortata dalla calma attesa che sopraggiungesse infine l’ora, il minuto, il secondo esatto dell’appuntamento che non ci eravamo mai dati.

Ho raccolto il suo invito e l’ho sfiorata con le dita, avvicinandola a me. Il peso di lei impercettibile sul palmo della mia mano, l’incarico affidatole portato a termine senza chiedere spiegazioni; un compito concluso ed uno nuovo appena iniziato, scandito da un soffio di vento che l’ha strappata da una stretta materna per posarsi vicino a me.

A me e a nessun altro.

Accendendo così davanti ai miei occhi un bagliore tanto abbacinante quanto effimero. La sensazione di avere intravisto, per un brevissimo istante, i contorni di un affresco dalle tonalità sconosciute e dalle forme incomprensibili. Un dono mostratomi in maniera inaspettata per un fulmineo ed irripetibile momento.

La dogmatica convinzione della Ragione nelle Cose, che avvicina una foglia ad un uomo in maniera del tutto inattesa e inevitabile, in un contatto tanto caduco quanto permanente, senza mai svelare il disegno che la sorregge. Se non in rare, inestimabili, inintelligibili occasioni.

Una fitta pungente di inadeguata incompiutezza e l’impaziente certezza delle risposte quando anch’io avrò concluso il mio lavoro, per poi dimenticarle di nuovo e ricominciare tutto da capo.

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Discussioni

  1. Bellissimo racconto!! Breve e intenso. Capace di svelarsi piano piano mantenendo la curiosià del lettore fino alla fine senza mai perdere il focus sulla scrittura e sull’eleganza delle parole!!

  2. Rubo l’espressione di @GabrieleLocarno e ribadisco che il tuo stile è una carezza al cuore. Scrivi molto bene senza ridondanze. Con una essenzialità particolarmente efficacie. Me la sono immaginata quella foglia autunnale che sfiora la guancia. La bellezza dello stare soli come se fossimo in attesa di qualcosa che forse nemmeno aspettiamo, seduti su una panchina. La città, viva e splendida, alle spalle che partecipa alla bellezza del momento. Veramente commovente questo tuo testo.

  3. Adoro il tuo stile di scrittura, è una carezza al cuore. Apprezzo moltissimo anche la sinteticità del brano, è essenziale, ma proprio per questo c’è dentro tutto quello che serve.

    Appena ho un po’ di tempo recupero anche gli altri tuoi scritti!