Lei sa chi è mia moglie?

Serie: In una strana notte


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Si assiste ad un interrogatorio del giovane.

«Avevo trascorso la serata con amici, sa come vanno ste cose, uno racconta una cosa divertente, un altro ride e racconta la sua. Una storia tira l’altra, un bicchiere tira l’altro, ma niente di particolarmente stordente, commissario, sono tornato a casa, lucido… beh a dire il vero, un po’ lucido, sì, sa quanto uno cammina e non riesce a capire bene se il suo piede ha toccato terra o no, ma no, non ero ubriaco, no commissario, ero contento, ecco, allegro. Ma mia moglie non è il tipo che capisce l’allegria, no. Lei, deve sapere, che non ride mai! L’ultima volta che le ho visto i denti mah sarà stato, dieci, no, no, forse quindici anni fa. È successo…»

«Eh no, non mi racconti da quando è nato per favore, lei è convinto che abbiamo tutto il giorno davanti? Devo capire il perché c’era del sangue vicino a lei, e poi, mi scusi, si guardi i jeans, sono sporchi di sangue, questo dobbiamo chiarire.»

Guardai i pantaloni del giovane ed erano effettivamente sporchi, c’era una macchia scura sulla gamba destra. Lui si era abbassato, chino su ste stesso, e guardava quella macchia strana.

«Commissario, io la voglio aiutare, ma mi deve ascoltare, lei deve sapere tutto, deve capire chi è mia moglie.»

«Dove abita?»

«Dove abito? Lo sa che al momento non so rispondere a questa domanda.»

Il commissario non seppe trattenere un gesto di nervosismo, a stento ritenne opportuno non schiaffeggiare quello strano giovane. Certo, forse aveva di fronte un folle, anzi sicuramente era così, uno squilibrato che molto probabilmente aveva commesso qualche sciocchezza, e doveva arrivare a capire cosa. C’entrava la moglie, di questo ne era certo. Tutti questi pensieri gli si leggevano benissimo senza che lui dicesse alcuna parola.

Io guardavo tutt’e tre dalla finestra e cominciavo a pendere dalle labbra di quel giovane, che obiettivamente tanto preciso non era. Però mi somigliava tanto, ma tanto. Bho.

«Dove abitava» tentò il commissario. Nessuna risposta.

Nel frattempo bevvero i caffè, il giovane al tablet mangiò la brioche. Ci furono cinque minuti di assoluto silenzio.

«Ero entrato come sempre in casa…» continuò il giovane senza freni, come se il poliziotto non stesse lì a chiedere. Stava raccontando la sua storia, a dir il vero molto, molto interessante.

«Vado diritto sul divano, era il mio posto di sicurezza, mi sentivo quasi protetto quando mi stiravo lì. Non è che viene lei a gridarmi nell’orecchio! Ma lei, commissà… Lei non lo potrà mai sapere i modi e le parolacce che tira fuori quando è adirata, meglio dire incazzata. Mi arriva una sberla sul collo da farmi cadere quasi la testa. Le mie figlie erano lì, sedute proprio davanti a me, capisce commissà… quella stronza mi stava menando davanti alle mie figlie. Lei è padre, vero?»

Il commissario fremeva tutto. La gamba destra salterellava come appresso ad un ritmo forsennato, di quelli che non puoi che andarci dietro, come se ascoltasse la sua musica preferita, ma non c’era nessuna musica in quell’ufficio, almeno io non ne sentivo. Le sue mani, che impressione mamma mia! Si aiutavano l’un l’altra a scaricare la tensione; ogni tanto andavano a finire sul tavolo, soprattutto la sinistra, poiché la destra era impegnata perennemente con una sigaretta, a sbattere violentemente le dita irrequiete di un commissario irrequieto di una storia irrequieta e della quale non ci stava capendo una minchia. Ma non intervenne, con la speranza che in mezzo allo sproloquio di quel giovane potesse in qualche modo trovare un filo da dove partire.

«Lei saprà come è indisponente una discussione familiare davanti ai propri figli, non dovremmo farlo mai, lei lo fa?»

«No, evito, ma continui la prego, cosa è successo dopo.»

«Prima, alzando il collo da terra, perché da lì l’ho raccolto, dissi, solo con lo sguardo, alle mie figlie di andare fuori, che era una cosa che riguardava me e la loro madre.

Commissà… appena la porta del salone si chiuse, e vidi attraverso i vetri satinati, fra un fiore e l’altro, tra un disegnino e un ricamo artistico che le due figure non facessero più sagoma, mi alzai dal divano.»

Serie: In una strana notte


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