L’INGRESSO DELL’ANTRO

Serie: REALTÀ NASCOSTE


Un uomo (Akron) sta scappando e nella fitta nebbia viene catturato da uno strana piovra. Ma appena sta per divorarlo, l"uomo si risveglia in una altro luogo (e in un altro tempo?). Fa la conoscenza del suo soccorritore Luvart, cercando di ricordare...

Il piano era semplice. Avrebbe sfruttato l’unico cambio turno della guardia, un prezioso quarto d’ora durante il quale la sorveglianza della villa sarebbe stata sguarnita. C’era sempre infatti una nutrita schiera di guardiani a protezione di quell’abitazione, il cui proprietario, il dottor Olivier, era una delle più potenti e illuminate personalità sostenute da una certa fazione della classe dirigente.

   Dopo aver forzato il portoncino posteriore, sarebbe sgattaiolato veloce lungo il perimetro del corridoio e, una volta raggiunte le scale, dritto al piano superiore. La nona porta a sinistra era dotata di una serratura a pressione che si apriva solo con un determinato sigillo. Nessun problema. Era riuscito a duplicare il sigillo la settimana prima, quando si era introdotto nella villa fingendosi uno dei tanti parassiti che infestavano quotidianamente la corte del dott. Olivier.

   Quindi, una volta dentro, avrebbe cercato il quadro raffigurante la veduta notturna del Tamigi con in primo piano L’Ago di Cleopatra. Dietro, la cassaforte meccanica alla parete sarebbe stata semplice da violare. All’interno avrebbe trovato ciò che doveva rubare: il famoso Cerchio del Guardiano, un prezioso bracciale con incastonata al centro una piccola sfera in ossidiana nera. La tradizione narrava che quell’artefatto avesse il potere di assorbire e neutralizzare tutte le energie negative. Chi gli aveva commissionato quel furto sembrava disposto a sborsare qualsiasi cifra pur di possederlo. E Arkon era stato ben felice di accettare quell’incarico così ben remunerato. Anche se quel tipo gli dava un po’ i brividi.

   Comunque, questo era stato il piano. E in effetti ricordò che tutto era andato come previsto. Ma mentre stava correndo allontanandosi dalla villa gli venne in mente che si era voltato all’improvviso perché aveva avvertito come una strana presenza alle sue spalle. E poi, il buio…

   Ritornò con la mente al presente. Istintivamente si controllò in tasca: il bracciale era ancora lì. “Bene” pensò “ora devo solo uscire di qui, consegnare la merce e ritirare i miei soldi.” Si alzò di scatto, per dirigersi verso dove prima aveva visto uscire Luvart.

   Una volta giunto presso quell’imbocco, constatò che in realtà non si trattava dell’uscita ma semplicemente di un tunnel lungo una ventina di metri, anch’esso scavato nella roccia. Alle pareti, a destra e a sinistra, erano state posizionate delle torce fiammeggianti di legno e pece. Probabilmente era opera di Luvart. Avanzò quindi fino alla fine del tunnel. Ma un’altra caverna simile a quella che aveva appena lasciato si aprì davanti a lui. Allora superò anche quella, dirigendosi verso il varco in fondo da dove proveniva altra luce.

   Ma ecco di nuovo un altro tunnel illuminato da torce. E, in fondo, un’altra caverna. Proseguì, lasciandosi alle spalle altre sette caverne, e poi altri tunnel. Possibile che quella grotta fosse così grande? Cominciò a correre, preso dal panico e dallo sconforto. Passò oltre ad almeno un’altra dozzina di caverne e tunnel in sequenza, senza essere in grado di giungere all’uscita.

   Il respiro ormai si era fatto estremamente affannoso e il cuore iniziò a battere più velocemente di quanto avrebbe dovuto. Il panico si stava inevitabilmente impadronendo di lui. Con il petto che pulsava all’impazzata ben presto gli si offuscò la vista, abbandonandosi ad uno stato di incoscienza.

   Arkon inspirò forte, trasalendo. Un’aria gelida gli penetrò subito nei polmoni. Spalancò gli occhi, stranito.

   Si trovava nuovamente tra le nebbie della foresta dove aveva fatto l’incontro con la mostruosa creatura tentacolare. D’istinto si guardò attorno, piroettando in una panoramica a 360 gradi. Sotto quel cielo nero e argento non vide nulla. Si girò nuovamente a controllare a destra e a sinistra. Niente. Nessun tentacolo e nessun mostro.

   Si tranquillizzò. Solo adesso si accorse di avere freddo. E di ritrovarsi nudo e affamato.

   Piuttosto che rimanere fermo, prese il coraggio a due mani e provò ad incamminarsi per vedere dove portava quel sentiero. Man mano che procedeva gli sembrava adesso di avvertire come dei fruscii accanto a sé. Ma no, forse era solo la sua immaginazione che gli giocava brutti scherzi. Però… Però, scorgendo tra la nebbia ai lati della strada, era quasi sicuro di aver visto qualcosa strisciare tra i tronchi neri di quegli alberi scheletrici. Accelerò il passo.

   Procedette svelto ancora per un centinaio di metri, seguendo la via orientandosi grazie al fioco chiarore della luna che trafiggeva timidamente la spessa coltre di nebbia. Continuava a controllare incessantemente a destra e a sinistra, finché effettivamente vide qualcosa.

   Alla sua sinistra, ad una trentina di metri in un piccolo spiazzo ricavato nel bosco, apparve un vecchio rudere grigio. Si presentava a forma di cupola, una struttura monolitica costruita con pietre e fango. Nessuna finestra. Solo una porticina di legno marcio.

   Arrivato presso quella costruzione, Arkon avvertì subito uno strano senso di disagio che non riusciva sul momento a spiegarsi. Ad ogni modo, aveva freddo e fame, e quello stabile gli poteva sicuramente fornire riparo e magari forse c’era anche qualcosa da mangiare all’interno. Quindi mise da parte la prudenza e tirò verso di sé il pomello di rame azzurrognolo. La porta cedette lamentando uno scricchiolio, e si aprì.

   Non c’era niente. Dentro, nessun arredo, non un tavolo né una sedia. Nemmeno un caminetto per potersi scaldare o del cibo. In quell’ambiente spoglio di ogni cosa risaltava solo una piccola botola in mezzo alla terra del pavimento. Arkon era deluso e sconfortato, ma per lo meno adesso aveva un tetto sopra la testa. Cosa nascondeva quella botola?

   Ormai era lì da un po’ e non sapeva cosa fare. Tanto valeva curiosare un po’. Afferrò perciò l’anello di ferro arrugginito innestato al centro della lastra di legno e sollevò con forza.

   Venne immediatamente travolto da una zaffata di aria pesante, che sapeva di antico. Arkon vide dei piccoli gradini ricavati nella terra che conducevano più in basso, e sparivano dietro una curva oltre la quale proveniva un debole bagliore. L’uomo rimase interdetto, chiedendosi cosa avrebbe trovato lì sotto.

   L’Antro lo stava chiamando e, nonostante avesse paura, in cuor suo sapeva che era quella la direzione da prendere.

Serie: REALTÀ NASCOSTE


Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Ciao Nicola! Questo secondo episodio delinea poco per volta le coordinate di questo ‘altro luogo’, e credo che qui venga a galla l’atmosfera fantasy, un po’ labirintica, come quella che si respira nelle vecchie illustrazioni del Piranesi.

  2. Il piano sembra tutto fuorché semplice! 😅
    Un bel capitolo, molto avvincente. Anche qui, ti consiglierei di snellire un po’ le descrizioni e di fluidificare meglio il testo.
    Per il resto, la storia continua a piacermi! 👌

  3. Quando esordisci con ‘Il piano era semplice’ e poi mi trascini nella lettura in un dedalo spaventoso, allora mi lasci spiazzata! Interessante e originale soprattutto la dimensione onirica: il protagonista che si scopre nudo e affamato è un ottimo stratagemma per confondere e minare le certezze del lettore.

  4. Per chi ha letto: in realtà questo è il secondo episodio; ho revisionato il primo così attualmente è sospeso e mi mette questo come primo e…vabbè, appena me lo ripubblicano vedrò