Saretta, il figlio e la nuora da don Sariddu

Serie: Ziu Pippinu


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Non si trova ancora una soku

Prima che arrivassero alla villa, passarono sotto casa mia. Il corteo si fermò. Saretta guardò gli altri due con sopportazione, poi con un cenno della testa ancora bionda fece segnale di rassegnazione e di andare a parrari con il bastardu. Iu ero alla finestra, ma questa volta mi feci vedere, uscii davanti alla porta, mi sedetti ed accesi la mia pipa.

Fu una fumata speciali.

Saretta si rimise in marcia: gli altri due la seguirono. Peppi si voltò un paio di volte per vedere se gli facessi qualche cenno. Ma a me interessava solo il fumo che usciva dalla mia bocca.

Venne ad aprirgli un uomo anziano, sui settanta. Aveva l’atteggiamento di chi vede dei rompiballe, ma sicuramente il suo padrone gli aveva chiesto di far entrare quelle persone e con sorpresa videro il suo volto sorridere, come cambiato in un solo istante.

— Prego, trasiti (entrate). Don Sariddu vi aspetta. Appiessu i mia( seguitemi)—

I tre gli stettero dietro osservando con molta attenzione tutto quello che c’era da vedere. Stettero in fila indiana. E quando Saretta vedeva qualcosa che riteneva interessante, si voltava verso sua nuora e la invitava a prendere visione di quello che l’aveva colpita. Peppi vedeva i loro movimenti, ma la sua attenzione era rivolta più alla figura di don Sariddu. Si girava con la paura di trovarselo davanti assieme a Gaetanu. Saretta vide in quel breve tragitto tutto quello che le poteva servire all’occasione. Anchi il più insignificante arnese poteva tornarle utile. Il suo respiro cominciò ad aumentare di frequenza ed era un po’ affannato. Si avvicinava il momento di prendere una decisione, definitiva, risolutiva. Occorreva capire solo come fare. Dentro la tasca della gonna aveva con sé un piccolo coltello, di quelli che si usano in cucina, così piccolo che scompariva nella sua mano la quale non era poi così grande.

— Oh miei cari, venite, venite. —

si sentì una voce, quella inconfondibile del padrone di casa, possente, forte e sicura.

— Signora Saretta, lei è sempre giovane, ma come fa? Come fa a mantenersi così? Ah?—

Mostrando le quattro dita di ogni mano appese al gilet, nascondendo per bene i pollici dentro dei taschini, giocando, con piccoli ondeggiamenti laterali, con gli occhi dei suoi ospiti. Saretta lo fissava con decisione. Voleva, ma figghia, farla finita subitu. Avvicinarsi a quell’animale e piantargli il coltellino nella giugulare, finendolo una volta per tutte. Franca lo guardava con timore. Vedeva quell’ammasso di lardo muoversi e venire verso di loro, accompagnato da un’ombra alta due metri appena dietro di lui.  Ebbe un sussulto di vomito al pensare di vedersi a letto con quella specie di uomo. Voleva avvicinarsi e dare una gran pedata nelle sue parti intime da renderlo innocuo per il resto della sua inqualificabile vita da miserabile.

— Franca… — poi disse don Sariddu — sempre la solita bella figliola.—

tuo patri si avvicinò al padrone di casa sentendo tremari tutto il suo corpo. Voleva strangolarlo con le sue stesse mani, strappargli la gola, così da non poter rivolgersi mai più così a sa mugghieri.

— Gaetanu, vieni che c’è il giovanottu agitato. Offrigli qualcosa.—

La guardia del corpo in un baleno fu con le mani addosso a Peppi, in un attimo tuo patri e Gaetanu sparirono dalla stanza. Le due fimmine cercarono di interveniri, si mossero tutti e due assieme, ma non riuscirono a fermare né Gaetanu né la figura di don Sariddu.

— No, no signore. Lasciateli stare, non vi preoccupate, non gli succederà nulla. E poi, permettetemi di dire che noi tre ragioniamo meglio senza quel picciuottu.—

Saretta tentò di sferrare una tumbulata (un grande ceffone) verso don Sariddu, ma il suo tentativo si perse nell’aria di quella stanza, senza truvari sensu. Don Sariddu si scostò con agile movimento e schivò quel tentativo, spostandosi verso la nuora Franca, portandosi proprio dietro la ragazza, la quale si vide avvinghiata fra le braccia pelose del padrone di casa.

— Saretta, signora Saretta, non faccia così. Vede come è serena sua nuora… vero bellezza? Non è così?— disse l’astuto don Sariddu tenendo stretta la picciotta che si sentì incatenata  a quel corpo viscido. Franca vedeva il volto adirato e stravolto di ma figghia mentri sentiva l’alito pesante di quel porco che con un braccio le teneva il ventre e con l’altro teneva fermo il suo collo. Cercò di liberarsi, ma non poté sia per la forza che l’uomo metteva nelle strette, sia per le parole che sentì:

— Signore, sintitimi(sentitemi), io… noi, mi correggo, dobbiamo risolvere questa situazione. Non ho detto io a quello stronzo di so figghiu di mettersi nei guai. Mi è debitore. E credetemi, la soluzione ce l’ho tra le braccia.—

Saretta ebbe una scossa dentro. Sentì, come fa un vulcano, emettere un magma rovente.

— Lei è un uomo spregevole! Dio farà di lei un tuzzuni( pezzo di legno ridotto a carbone), brucerà all’inferno.—

— Mi fa piacere Signura Saretta che lei creda che Dio mi prenda in considerazioni, deve saperi che mi hanno detto di peggio. Lasciamo giudicare a Diu de cosi suoi. Noi pensiamo a qua, ai nostri problemi. Signura, Peppucciu i soldi non ce l’ha, so patri Pippinu, mi pari, mi dica se sbagliu, non vuole sapere nienti di quel fannulluni. E allora? Vedete— disse un sarcastico don Sariddu, allentando un po’ la presa su Franca, ma non lasciandola del tutto. — noi tre saremo una squadra per salvare la vita a Peppucciu. Faccio una cosa storta? Lo so, lo so, mi chiamano don Sariddu u stuortu( lo storto) ma devo dire che questa volta, ma a dir la verità anche molte altre volte, ritengo di fare il bene di tutti. Non è vero Francuzza?—

Franca quasi non fiatava. Pensava solo a come liberarsi da quella presa con un colpo basso, colpo che lo avrebbe reso inefficace, un colpo ben assestato in modo da renderlo incapace di mantenere quella proposta indecente. Ma non sapeva esattamente come fari. Vedeva Saretta che anchi essa nun putìa(poteva) fari molte cose, se non ascoltari e rassegnarsi. Avevano tutte e due la testa in Peppi, chissà dov’era in quel momento. Chissà cosa gli stavano facendo quei mafiosi. Una situazione molto molto difficili.

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