
Un uomo col suo cane
Ho visto un uomo anziano passare col suo vecchio cane sul viale sotto casa mia.
Ero sul terrazzino a fumarmi una sigaretta. Guardarli camminare lentamente e sentire la malinconia salire a graffiarmi il cuore è stato un tutt’uno. E’ così, capita spesso. Cose banali che vedi tutti i giorni e non ci fai caso, poi qualche volta, vuoi che sia il tempo uggioso o vuoi che sia qualcosa che non è andata come doveva, ti si insinuano nell’anima e ti trovi a ricamarci su costruendo storie che assomigliano alla realtà ma che sono spesso ritagli della tua memoria accomodati ad arte dalla tua immaginazione.
L’anziano aveva un’aria triste, fiacca, e il cane non era da meno. Andavano via senza fretta: nessuno che tirava da una parte o dall’altra. Sembravano quasi fratelli perché è vero, alla fine, che il cane assomiglia al suo padrone e viceversa.
Ho immaginato che quest’uomo fosse vedovo da poco, con i figli lontani o persi nel loro lavoro. Figli che gli vogliono bene ma che non hanno il tempo per ascoltare tutte le cose che passano nella mente di un vecchio. Che non capiscono quanto a lui manchi la loro madre e che la vita, quando si è anziani pensionati, è così lenta, così avara. Non capiscono, ancora, che una carezza o due parole in croce danno senso a tutta una settimana e che un abbraccio riscalda il cuore per un mese.
Viene da pensare che ha più comprensione il cane e non è bello da dire. Solo lui conosce perfettamente la malinconia dei suoi giorni.
Entrambi più giovani passeggiavano sulle sponde dell’Adige. Quando l’uomo, per gioco, tirava un bastone il cane correva a prenderlo e tornava veloce, legno in bocca, invitandolo a lanciarlo un’altra volta e poi un’altra ancora. E rideva contento, il cane, e solo chi non li conosce può dire che i cani non ridono, i loro umani lo sanno benissimo.
Camminavano assieme in montagna e se l’uomo faceva il sentiero una volta il cane, col suo andirivieni, a fine giornata lo aveva fatto tre volte, per fargli capire che gli piaceva, che non c’era niente di più bello che passare il tempo con lui, che la fatica era un premio per entrambi.
Come Rosanna, sua moglie, anche il cane capiva subito se non stava bene e, come sua moglie, gli stava vicino, come poteva. Se Rosanna gli preparava un brodo e lo baciava in fronte per sentire se aveva febbre così il cane si accucciava ai suoi piedi, ogni tanto gli leccava le mani e tentava di farlo giocare ma, capito che non ce la faceva, appoggiava la testa sulle sue gambe e lo guardava preoccupato non sapendo cosa fare per vederlo contento.
Adesso è il cane che lo porta a spasso e mentre lo fa pensa: ” Sei stato l’amico migliore che potessi avere, ci siamo divertiti un sacco quando mi tiravi la pallina o quando andavamo per funghi. Ci siamo stati vicini… Ti leccavo il viso quando è morta Rosanna e tu hai fatto di tutto per farmi passare quel male alle anche che non mi faceva stare in piedi… Vorrei che ci addormentassimo assieme e che assieme sognassimo di correre nei prati su al monte, un giorno dopo l’altro, per sempre.
Sono solo fantasie, pensieri strani avuti in un momento di tristezza da chi, fumando su un terrazzino, ha visto passeggiare un uomo anziano col suo cane.
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Una grande dichiarazione di amore per la vita e di umanità, che hai realizzato con delicatezza e ispirazione. Ho avuto la sensazione di trovarmi sullo stesso terrazzino, con le tue figure che camminavano lentamente fino a dissolversi dentro di te – e quindi dentro di noi che ti leggiamo. Per ogni passo un ricordo, una fitta, una sensazione lieve, poi lacerante, che si allontana nel fumo, ma senza mai dissolversi, diventando universale e nello stesso tempo comune.
Leggendoti, e gustando i tuoi pensieri come le tue boccate, ho pensato anche a “Cane e padrone” di Thomas Mann. (Per una vecchia edizione della Bur, in mio possesso è “Padrone e cane”). E a proposito di evocazioni e suggestioni, anche a “L’uomo e il cane” di Carlo Cassola. Grazie di questo tuo ritratto.
Ciao Giuseppe! Riuscire a mettere per iscritto i propri pensieri – dandogli una forma accessibile a tutti e organizzandoli in modo da suscitare emozioni nel lettore, e al contempo guidarlo in un discorso ragionato e letterario – è una gran dote. Questo racconto ne è un esempio perfetto👏🏻
Ogni parola è un soliloquio…..una voce che sussurra e assorbe la bellezza con la sua sola vibrazione…..la aspira e la dona, ed è così dolce ricevere qualcosa che viene donata con tanta tenerezza.
La tua opera è una carezza sul cuore.
Carissima!!! Il tuo commento vale più di quello che ho scritto: Grazie!!!
Caro Giuseppe, hai saputo con grande maestria cogliere un attimo e tutto il meraviglioso che c’è in esso….grazie a te.
Elogio al cane oppure elogio all’essere umano. Non lo so. Però so che stiamo così bene insieme da riuscire a vivere in simbiosi fino ad arrivare al punto che non possiamo più fare a meno l’uno dell’altro. Ottimo lo spunto della sigaretta sul terrazzino e di quella capacità di osservare che alcuni hanno così sensibilmente spiccata da immaginare un mondo dietro a una sola cosa e magari mettere il tutto su carta. Perché no?
Mi hai spezzato il cuore Giuseppe, ma è stato un dolore dolcissimo. Grazie.
Troppo buono Roberto! La versione originale in dialetto è molto più musicale ma sicuramente meno comprensibile.
“Sono solo fantasie, pensieri strani avuti in un momento di tristezza da chi, fumando su un terrazzino, ha visto passeggiare un uomo anziano col suo cane.”
Ciao ❣️ questa chiusa racchiude l’essenza di questo racconto. Si parte dall’osservazione di un’immagine e poi l’immaginazione parte, costruisce una storia intrisa di introspezione e riflessioni.
Bellissimo ❣️
Grazie Lola, ho iniziato a leggere la tua carinissima serie!
incantevole questo andare e venire della fantasia insieme allo sguardo: si parte da un osservatore e si ritorna a lui passando per l’immaginazione. Un bel lavoro, Giuseppe, scritto come si deve.
Grazie Francesca! Mi fa molto piacere l’apprezzamento.