UNA MORTE 

Lembi di pelle sotto al letto, non ci voglio mettere le ossa, non voglio guardare sotto, dicono ci fermentino i ricordi in quel buco, proprio lì dove ogni notte nascondevo segmenti e rette ora ci abita l’abisso, più precisamente un foro di proiettile, un covo pieno di maschere, un pozzo inesplorabile.

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

Mio padre ha dei solchi sulle mani, non ci voglio mettere i muscoli, non voglio guardarmi dentro, dicono che ad ogni ruga corrisponda una malattia, proprio lì dove ero solito rifugiarmi ora ci abita il dolore, più precisamente una mancanza, un piatto senza commensale, un verme del cervello.

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

La mia mano disegna cerchi con la penna, non ci voglio mettere dei quadrati, non voglio soffiarci dentro, dicono che ad ogni soffio corrisponda un gemito, proprio lì dove ero solito sfiorarmi ora ci abita un tumore, più precisamente una tenaglia, un filo spinato dentro al fegato, un pelo incarnito cresciuto al buio.

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

La zona industriale accanto al mio paese si è presa prima l’orizzonte poi le isole della statale, non ci voglio mettere i piedi, non voglio buttarli dentro ad una rotonda, dicono che ad ogni curva corrisponda un morto, proprio lì dove i vecchi fumavano i toscani ora ci stanno le scavatrici, più precisamente dei cani bavosi, un calamaro fritto vomitato da un bambino, un sacchetto di plastica ripieno di carta igienica e preservativi usati.

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

La nebbia vicina al mio viso, non voglio incontrarla, non voglio ascoltare i The National, dicono che ad ogni lampione corrisponda un dito sul finestrino, proprio lì dove camminavo ora si presenta la fine di ogni cosa, più precisamente della provincia, un confine intangibile, una bestemmia nuova.

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

Il vento, l’acqua, la plastica sugli scogli, le lattine in mezzo alle gambe, la voce della mattina, il treno delle sei, i supermercati, le sigarette, i materassi sui marciapiedi, il vino, i dischi consumati, le piazze, i tagli sul mio ventre, nulla è per me se non lo è stato prima per te, nulla è per me se non è per te, non appartengo più a questo mare, vorrei nuotare altrove, dove il cielo aspetta ancora un mio invito, di sabato o domenica, quando persi la mia ragione, la mia natura, il mio odio. 

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

Cadere inerme tra le vite che calpesta la folla, vapore d’industria e demonio color petrolio, scarpe infangate e padre di giacche verso l’inferno, madre che implora il figlio di non prendersi un mulo, maestro di guerra tra esplosioni strette in un rosario, tra lampi di luce riavvolgo la vita in campi di grano, ad una collina inchiodato privo delle mie gambe – vorrei camminare- senza cordone ombelicale, senza frutti di stagione, mercante del niente, cliente del nulla. 

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

Terre desolate, cinta di mura, Hiroshima, Nagasaki, campi di concentramento, i palmi bucati verso Dio, Chernobyl, le polveri radioattive, Hitler, Mussolini, schiavi, ebrei, fascisti, Marylin Monroe, Fellini, Mastroianni, l’orologio della mezzanotte, l’orologio della mezzanotte, l’orologio della mezzanotte.

È mezzanotte.

È mezzanotte.

È mezzanotte.

Mi sono perso. 

Un punto di non ritorno da cui poter ricominciare.

Ricomincio:

C’è una morte. Più precisamente un’idea che muore.

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Un punto di non ritorno da cui non poter ricominciare. 

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