
Viaggio a Milanu
Serie: Picciuotti adolescenti
- Episodio 1: Di notte a ciauliari
- Episodio 2: La storia di Gnaziu
- Episodio 3: Aspettando i miei amici
- Episodio 4: I turisti e zu Pippinu
- Episodio 5: Viaggio a Milanu
- Episodio 6: In tram a Milanu
- Episodio 7: I due gemelli
- Episodio 8: Le fresche notizie dal barbiere
- Episodio 9: La lotteria Italia
- Episodio 10: Il circolo della caccia
- Episodio 1: Davanti a televisioni
- Episodio 2: Il venditore di cianfrusaglie
STAGIONE 1
STAGIONE 2
«Vuoi vedere che è stato… no… ma che schifo! Guardalo, guarda per terra, mamma mia, davvero sono terroni qua, Giulio, mangiamolo mentre camminiamo questo macarrè sennò, quanto è vero iddio, vomito!»
Li vidi quasi scappari, mi passarono accanto. Lei avìa la facci bianca, pallida da morire, iddu la rincorreva chiamandola «Alessandra, aspettami, non correre, ormai non si sente più quel cafone.»
Minchia, appena sentii definire cafone lu zu Pippinu, mi alzai di scatto, rincorsi quel signore e gli dissi:
«Senta mi ascolti un attimo, canarino!» Notando che non mi avìa sentito, gridai: «Dico a lei, guardi che cafone ci può esseri lei. Quando le persone non li conoscete non potete giudicarle. Si è scandalizzato per il vecchietto? Oh mamma mia! La sua signora non ci cala il macarrè? Si dice macallè intelligentoni, manco sapete quello che dite, io vi dico una cosa, ogni sputazzata che quel vecchietto fa è benedetta, capito?»
Il “canarino” un pò arrossì. Perse la sua tinta giallina che avìa prima, non seppi rispondiri, forse ebbe paura. Mi vidi un pochino aggressivo, pronto alla lite, guardò la sua Alessandra, che tremava, e s’alluntanaru cu tanticcia di prescia. Andai ad assittarimi nuovamente unni era prima, mentre taliava questi due turisti prendere la via Gesù che seppur era una strada in salita li vidi scomparire in un battibaleno. Un po’ mi dispiacque essere intervenuto con quei turisti, per noi sono persone sacre, il turismo è importante, stava incominciando a farsi veder qualcuno dopo anni, e quindi cercavamo di rispettarli in tutto. Ma patri mi racconta spesso che i tedeschi venivano a squadroni a marina, venivano, riempivano le spiagge, i ristoranti, lasciavano tanti marchi, ma mi dice pure che non erunu stupidi, si accorsero subbitu che qualcuno ne stava approfittandu di loro e così anno dopo anno si ficiru sempri di menu, finu a quannu in spiaggia non c’erunu che paesani. Ora qualcosa stava cominciando a muoversi, qualcuno veniva a visitare la nostra città. Ma quel giorno, minchia, no ce l’ho fatta, cafone no! Non lo sopportai. Ogni paisi ha le sue abitudini, ogni paisi ha i suoi personaggi sacri, e penso che la mia reazioni è stata normali, non bisogna toccare i simboli delle città che si vanno a visitari. È veru che loro non lo conoscevano a zu Pippinu, ma proprio per questo non bisogna lasciarsi andari a giudizi affrettati, giusto? Giusto!
Tanti anni fa ma patri e ma matri mi portarono a Milano, io avevo dieci anni, me lo ricordo quel giorno. Già mi resi conto subbitu che c’era tanticcia di confusioni in più rispetto al mio paisi, picca picca. Appena siamo scesi alla stazioni centrali, iu stringii forti forti a manu di ma matri, ebbi paura nel vederi tutte quelle persone. Mi sembrarono come le formiche che ammazzavu con l’elasticu. Quanti pomeriggi passai a fari stragi di furmicoli. Mi divertivo a vederi volare sotto i miei colpi. Le strade a quell’epoca erunu non precisamente asfaltate, c’erunu molte vie di comunicazioni col sottosuolo, ed iu mi immaginai che sotto c’era un mondo tutto strano, che sotto i miei piedi c’erunu milioni di furmicoli. Avìa paura che questi animaletti, diicevanu inoffensivi, ma iu non lo credetti, e con la mia arma in manu, un elasticu giallo proiettile, facevo sterminio del nemico. Qualcuna mi finì dentro l’occhio, la lasciavo stare fino a quando le mie difese non la inghiottivano e la disintegravano. Avìa una smania si dici appena virìa quest’animaletto. Portavo sempri con me la mia arma micidiale e all’occasioni, paffiti, fora, mirari, sparari, annientari. Eru crudeli? No, ero un bambino degli anni ’70 che si divertiva a giocare alla guerra. I miei giochi preferiti erunu o i pupi, soldatini di gomma, indiani contro i buoni, capito? Indiani, i cattivi, contro i bianchi, i buoni. Ed iu convinto che i film western raccontavano la verità facevo morire tutti gli indiani, in malo modo, erunu i cattivi, bisognava toglierli di mezzu. Piccatu che la storia poi mi dissi che era esattamenti al contrario. Cosa di prendiri i pupi soldatini e rifarmi la mia storia. Oppure giocavo allo sterminio del nemico del sottosuolo, minchia, più cadaveri vedevo, più mangiavo a casa. I vicini di casa che mi vedevano fare questi giochi strani, quando ammazzavo tutte quelle furmiculi erunu cuntenti e mi incoraggiavano a continuari, ci pulivo la strada, mi dicevano, bravo ammazzali tutti sti stralucheddi! Mentri, quando mi mettevo a giocare coi soldatini, e lì no, io gridavo, ora la voce del bianco, ora la voce e le grida degli indiani, quando trasmettevo questi film all’aperto, si lamentavano con ma matri, ma ta figghiu nun avi comu jugari? Iu continuai a jugari come vulìa, senza sentiri a nessuno.
Quando scesi alla stazioni di Milano, mi venni a menti tutto questo. Paragonai tutte quelle persone a delle furmicole, subbitu misi la manu nella tasca per cercare la mia arma, ora ci pensu iu a tutta sta confusioni, mi dissi, ma non trovai elasticu, e mi rassegnai al casinu.
Ma patri mi feci visitari la metropoli, iddu avìa statu già in quell città E così me l’avìa promesso che un giorno mi ci portava. E lo fece davvero. Mi impressionò la confusioni e la prescia. Non lo scorderò mai quanta prescia avieunu tutti. Forse correvano a prendere qualchi premio? Forse andavano a mangiari, avieunu fami? Tutti che facci lunghe, bianchi come le lenzuola, un occhio chiuso e l’autru che si stapìa aprendo, muti col mondo attorno, viaggiavano con la testa abbassata, penzolona, chissà quanti pensieri, pinsai, chissà quanti problemi hanno questi. Ma vivere nelle metropoli vuol diri cumminarisi accussì? No, iu non vulìa stare nelle grandi città. Se questo era il prezzo, no, meglio la mia piccola città.
«Papà» dissi «ma perché sono così tristi qua?»
«Non sono tristi, vanno solo a lavorare, hanno prescia perché ci sono gli orari da rispettare, e qua ci tengono. Capito?»
«No papà , non lo capisco, perché se si alzassero prima? Non avrebbero bisognu di correre, no?»
«Questo si, ma sai, calcolano tuttu al secondo. Ed ogni secondo in più che stannu a casa per iddi è oru!»
Serie: Picciuotti adolescenti
- Episodio 1: Di notte a ciauliari
- Episodio 2: La storia di Gnaziu
- Episodio 3: Aspettando i miei amici
- Episodio 4: I turisti e zu Pippinu
- Episodio 5: Viaggio a Milanu
- Episodio 6: In tram a Milanu
- Episodio 7: I due gemelli
- Episodio 8: Le fresche notizie dal barbiere
- Episodio 9: La lotteria Italia
- Episodio 10: Il circolo della caccia
Fantastico questo dipinto di Milano vista con gli occhi di un bambino siciliano degli anni ’70.
La similitudine con le formiche è perfetta, così come il pensiero di usare l’elastico per porre fino alla confusione.
Molto bello.
Sì, un impatto traumatico con la grande città negli occhi di un bambino fuori dal suo mondo. L’episodio evidenzia un approccio “particolare “ che il meridionale del tempo, diciamo, si sentiva di tenere quando andava al nord. Per fortuna oggi è venuto un po’ meno.