C’è qualcuno là fuori?

Serie: Mediamente in pericolo!


I mediamente organizzati stavolta avrebbero fatto sul serio, optando, per la prima volta, per una “due giorni” con pernottamento in tenda. Credo di essere io il responsabile di questa decisione. Da quando sono piccolo, mi sono sempre recato al parco del Gran Paradiso, che prende l’ultimo tratto del Canavese, una delle ampie vallate che suddivide il piemonte a fette. I miei hanno una casa lì, a Locana, attorno ai 900 metri di altitudine, ma spingendosi fino alla fine della valle, dove la strada impatta contro i 3000 metri circa delle montagne della Val d’Aosta, si arriva al Colle del Nivolet. Da Locana, più o meno, un’ora di viaggio in macchina. Lì sopra, il mondo finisce e ci sono solo laghi e prati…e marmotte. Sembra di entrare in una favola, in un cartone animato, in un regno incantato. Io c’ero stato solo una volta, lassù, e ne avevo un ricordo bellissimo. Pertanto ripetevo spesso, in quel periodo, al buon Favie che dovevamo andare lassù. Veo era dalla mia parte perchè, se io andavo a villeggiare da anni nel Canavese, lui ci è proprio vissuto. Ha abitato, infatti, fino a pochi anni fa, a Cuorgnè, a venti minuti di macchina da Locana. Entrambi, quindi, avevamo intrapreso questa campagna di convincimento per una nostra “operazione nostalgia” simile a quella che Favie aveva attuato, portandoci a Fenestrelle. C’è un certo gusto a portare delle persone a vedere cose che ci hanno emozionato. Attraverso i loro occhi, le loro reazioni sbigottite, è come se regalassimo una seconda “prima volta” anche a noi stessi.

Prima di procedere con il raccontare la nostra avventura, che sarebbe rimasta tra le più memorabili, soprattutto, coincidenza vuole, proprio per me e Veo (vedremo poi perchè), voglio raccontare quella mia prima esperienza di tanti anni fa al Nivolet, perchè merita, secondo me, di essere raccontata.

Finita l’ “estate ragazzi”, in cui io, 21enne, avevo fatto da animatore nel periodo in cui prestavo servizio civile al posto della leva militare, io, altri due animatori 15enni, una coppia sulla trentina ed il parroco, avevamo deciso di campeggiare in tenda al Nivolet. Io e i due 15enni, Marco e Ciro, avevamo optato per mettere la nostra tenda più distante dalle altre due, poichè volevamo restare svegli fino a tardi a chiacchierare e schiamazzare, senza disturbare i “matusa”. Dunque avevamo fatto in questo modo, se non che, ad una certa ora, la stanchezza si era fatta sentire anche per noi. Quindi, i commenti andavano diradandosi e sempre più il silenzio ci ammutoliva, preparandoci al sonno. Ma quel silenzio, presto, è stato disturbato da alcuni rumori fuori dalla tenda. Sembravano dei passi. Ora, voglio ricordare ai lettori, che eravamo tre ragazzini, in mezzo al nulla, di notte e che, fuori dalla tenda, era buio pesto.

-Raga, avete sentito?-

-Sì, ci staranno facendo uno scherzo?-

Abbiamo provato a fare silenzio e, dopo poco, nuovamente, si sono fatti sentire quei passi, a pochi centimetri da noi. Chiunque fosse, o qualsiasi cosa fosse, lo dividevano pochi millimetri di nylon dalle nostre mortali spoglie. Cominciavo ad avere paura. Tra l’altro avevo da poco visto il film “Blair Witch Project”, che narrava di una situazione simile, finita ovviamente malissimo. Il pensiero di quel film non mi aiutava a restare sereno.

-Dai, raga, ci staranno facendo uno scherzo. Sarà don Ugo.- Ho detto io.

I nervi di Ciro hanno cominciato a cedere: -Se è don Ugo esco fuori e lo prendo a pugni, capito?!- Ha urlato, esagitato. Io e Marco ci siamo resi conto che era davvero terrorizzato.

Che situazione del cazzo. Ci eravamo pentiti, a quel punto, di aver piazzato la nostra tenda lontano dagli altri. Abbiamo provato a fare silenzio. Altri passi, altri rumori, vicinissimi.

-Sentite, raga, io non ce la faccio a stare così- Ho detto, sollevandomi sulle ginocchia e avviandomi verso la cerniera dell’uscita- Preferisco uscire e vedere che cazzo c’è, piuttosto lo affrontiamo!-

-Va bene! – Mi ha assecondato, Marco.

-No, dove vai!- Ha frignato Ciro, ormai regredito ad uno stato di panico infantile- Marco! Dammi la mano!-

Dio mio! Non so se ero più inquietato dai rumori fuori o dalla reazione smodata di Ciro.

Apro la prima cerniera. Cerco la seconda, pensando, nel frattempo, che se avessimo voluto contare un minimo sull’effetto sorpresa per avere la meglio sul nostro potenziale avversario, con tutte queste cerniere sicuramente lo avevamo stra preparato ad accoglierci…o a scappare. Infatti, usciti fuori dalla tenda, non c’era nulla. Il silenzio più totale della notte di montagna, a 3000 metri. Stelle a miliardi. Quel cielo era troppo invitante, così come lo era la prospettiva di non tornare subito in quella condizione ansiogena da cui eravamo appena usciti. Così, siamo rimasti a parlare una mezz’oretta lì, all’aperto. Tra una chiacchiera e l’altra, ci eravamo perfino dimenticati della situazione assurda di poco prima. Gli animi si erano rasserenati. L’indomani avremmo dovuto svegliarci presto, poichè don Ugo era di quei mattinieri fanatici che devono godersi la giornata fin dal mattino presto e impongono la stessa cosa a chi si trova con lui. Siamo rientrati in tenda. Dopo dieci minuti di tranquillita, di nuovo rumori, a pochi millimetri dalla mia faccia, sentivo calpestare l’erba, lì fuori.

-Fanculo!- Ho sbottato.-Vabbè, chi se ne frega, dormiamo.-

E a poco a poco, tenendo sempre un po’ vigile l’organismo rispetto ad una eventuale situazione di attacco/fuga, la mente ha cominciato ad intorpidirsi e sono riuscito ad entrare in uno stato di dormiveglia. Il problema dei rumori, a breve, sarebbe stato “risolto” dal picchiettare della pioggerella sulla tenda, che avrebbe coperto qualsiasi altro eventuale rumore. Questa tranquillità in più mi ha permesso di calarmi in un sonno un po’ più profondo. Ma al mattino presto, un fischiare continuo, fuori dalla tenda, mi ha dapprimo disturbato il sonno e poi svegliato del tutto.

-Qualcuno vuole dire a don Ugo di smetterla!? Ditegli che ora ci alziamo, basta che la smetta!- Sono scattato, rabbioso.

-Ma non è don Ugo.- Mi ha risposto Marco, sorridendo nervosamente.

-E chi è?- Ho alzato la testa. Marco e Ciro stavano già preparando la roba.

-Le marmotte.-

-Le marmotte? Ma che cazzo dici!-

-Sì, sì, è vero.- Gli ha fatto eco, Ciro.

Sembravano sinceri. Mi sono affacciato fuori dalla tenda e ho sentito arrivare da tutte le parti, per tutta la vallata, un fischiare all’unisono. Cazzo, questa mi mancava. Ho sorriso. Il mio umore era migliorato.

Più tardi, una bella colazione con marmellata e burro fresco di montagna, che avrei penato per digerire, e poi ci siamo incamminati. La nostra amica, ha avuto un attacco d’ansia per via dell’aria rarefatta che, a 3000 metri, a volte, con l’aggiunta del fiatone, dà l’impressione di non avere più ossigeno ( cosa che avrebbe condizionato pesantemente l’escursione di Veo, come avremo modo di vedere), ma per il resto, un paradiso; prati verdi e laghi cristallini. Per guardare con il binocolo da una cima, i miei occhiali da sole, che tenevo sulla fronte, mi sono caduti su un costone poco più sotto. Ero determinato ad arrampicarmici per recuperarli, ma l’animatore più grande, a muso duro me l’ha impedito. Ero affezionato a quegli occhiali, ce li avevo da anni, erano tamarri quanto basta, ma ho dovuto lasciar perdere. Chissà, forse quell’animatore mi ha salvato la vita.

Questo è il mio ricordo del Nivolet. Non ci ero mai più tornato da allora. Lo stavo per fare con i mediamente organizzati, ben 16 anni dopo. Ero emozionato. Io, tra l’altro, quel giorno iniziavo le mie ferie e avrei aspettato il resto del gruppo a Locana, dai miei. Quando sono arrivati a raccattarmi, ho capito che sarei stato in macchina con Veo. Cavoli, lui è quello che guida in modo più spericolato ed ha più incidenti alle spalle. I suoi sinistri automobilistici sono epici. Il primo, quando era un ragazzino, è finito sul giornale del Canavese per la sua singolarita, perchè lui e i suoi amici sono riusciti a cappottarsi nella piazza principale di Rivarolo, tentando di parcheggiare. Un altra volta ha distrutto il muso della macchina contro un cinghiale (sostenendo che l’anima dell’animale era entrata in lui); cinghiale che i carabinieri del posto si sono caricati in spalla e hanno portato chissà dove, probabilmente su qualche griglia ad arrostire. Un altro incidente, ai Murazzi, in centro a Torino, dopo una serata. E’ uno che mentre guida deve fare 300000 altre cose: messaggia, scommette, sceglie i cd, telefona, etc. E io sarei stato in macchina con lui mentre avrebbe guidato su alti tornanti di montagna, a picco su strapiombi vertiginosi, verso i quali lui si allarga paurosamente e, dal sedile passeggeri, sembra sempre imminente la caduta. C’era di buono che Veo, in macchina, avevo un simpatico pupazzetto a forma di alieno grigio. E’ diventata la mia mascotte e ho deciso, in quella occasione, che avrei fatto tutto il servizio fotografico dell’escursione con l’alieno presente in primo piano.

Dunque, tutto era pronto. Siamo partiti verso questa straordinaria avventura. Era una fantastica giornata di inizio agosto ed io avevo appena cominciato le mie ferie. Guardavo il cielo azzurro e assaporavo, ogni momento, quell’immersione in una sconfinata libertà.

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