
Che le danze abbiano inizio
Serie: Er gabbio
- Episodio 1: La proposta di lavoro
- Episodio 2: Finalmente libero
- Episodio 3: Le farfalle
- Episodio 4: Rivelazioni
- Episodio 5: Che le danze abbiano inizio
- Episodio 6: Una giornata frenetica e da dimenticare
- Episodio 7: La segnalazione
- Episodio 8: Vecchie conoscenze
- Episodio 9: La visita
- Episodio 10: L’avvocato
STAGIONE 1
Ormai l’accordo era stato preso: Pepi e Nico sarebbero diventati soci a tutti gli effetti; il primo ci avrebbe messo il capitale, e il secondo la sua esperienza; insieme avrebbero reso la palestra di Trastevere, quella appartenuta a Ciro, la migliore della capitale. Nico era entusiasta per l’affare, ma non tanto per quello che quel posto sarebbe diventato… anche se, a dire il vero, diventando pure un centro di spaccio gli iscritti, tra l’altro fra i più ricchi di Roma, non sarebbero mancati.
Da quando aveva salito il gradino, Nico non si era più comportato da sprovveduto come quando si era fatto beccare con ventiquattro piante di marijuana: era diventato come un pozzo senza fondo stracolmo di buone idee; spesso approvate da Pepi, ormai suo mentore.
Il giorno dopo la scarcerazione di Romolo, i due soci andarono da lui per augurargli un buon Natale: Nico gli rese anche le trecento euro da parte di Ciro, anche se in verità le aveva sborsate Pepi, e Romolo non pretese neanche gli interessi, visto che i due lo invitarono alla festa di Capodanno che si sarebbe tenuta in una lussuosa villa nei pressi di Ostia.
A Romolo non solo gli fecero comodo i soldi, in più alla serata avrebbe ritrovato qualche vecchia conoscenza e probabilmente avrebbe anche conosciuto qualcun altro con cui poter rimettersi in affari. In cambio, raccogliere informazioni su Salvo il Bello, l’ex socio di Pepito, per lui non sarebbe stato granché complicato.
I due soci, incerti di come Romolo si fosse comportato e se avesse saputo svolgere il suo compito sul conto di Salvo senza smuovere troppo le acque, cominciarono a prendere delle precauzioni.
***
Dopo il giorno di santo Stefano, Nico aveva cominciato a scortare Martina durante i tragitti casa-lavoro e viceversa. A lei era sembrata una cosa eccessiva, ma Pepi aveva insistito. Comunque, ignara di tutto quello che ci fosse dietro, era felice per come stessero andando le cose: quelle poche volte che lo aveva incontrato nel condominio, Romolo l’aveva salutata educatamente e senza fare stupidi commenti. Infine, era entusiasta che presto suo fratello e Nico avrebbero avviato la palestra a Trastevere.
Dal lato economico il 2005 non cominciò granché bene per Nico, perché non guadagnò un centesimo dalla riuscitissima festa di Capodanno, giacché Pepi gli aveva anticipato più soldi di quelli che avrebbe dovuto dargli per il servizio di sicurezza. Però da quando alla serata Nico aveva indossato quell’abito di Prada, Martina non ebbe più remore a farsi vedere in sua compagnia e ormai da un paio di mattine facevano insieme colazione al bar.
«Mi ha appena chiamato tuo fratello, dicendomi di aspettarlo perché vuole festeggiare e sta portando una bottiglia di champagne» le disse Nico, mentre Martina metteva al sicuro l’incasso della giornata.
«Ormai ci siamo, eh! Quindi, quando comincerete a far ristrutturare la palestra?»
«Sicuramente dopo l’Epifania.»
«Sono felice per voi. Però, una volta avviata l’attività, la sera non mi accompagnerai più a casa?»
«Purtroppo credo di no, ma ti insegnerò a difenderti.»
Lei sorrise. «Senti, che ne diresti di portarmi a cena fuori?»
«Quando?» chiese aggrottando la fronte, sapendo di non avere soldi a sufficienza per portarla in un posto esclusivo.
«Stasera. Ma, tranquillo, un localino caratteristico andrà benissimo: sono stufa di frequentare certi posti e ho voglia di cucina casereccia.»
Nico tirò un sospiro di sollievo. «Con piacere. Ma, in moto?» chiese grattandosi la testa.
«Ma no! Andremo con la Smart. So che non è molto spaziosa per te, ma se sei riuscito a salire sulla Porsche di Pepi, la mia ti assicuro che è più comoda.»
«Sicuro. Beh, però dovrei andare a cambiarmi.»
«Metti il vestito della festa!» intervenne prontamente, sorridendo e sbattendo le ciglia. Il trillo del campanello interruppe il piacevole momento: doveva essere arrivato Pepi e Nico andò ad aprire.
Dopo aver versato il Cristal per brindare al contratto firmato poco prima, a Pepi squillò il BlackBerry. Non essendo apparso il numero sul display, pensò che fosse meglio non fare sentire la conversazione a sua sorella, così trangugiò lo champagne e andò fuori dal negozio per rispondere.
Passò qualche minuto, e Nico lasciò intendere a Martina che il fratello sicuramente avesse ricevuto la telefonata di qualche amichetto; intanto riempì nuovamente i flute. Quando Pepito tornò da loro cercò di non manifestare i propri pensieri, ma Nico qualcosa intuì.
«Dai, Pepi! Bevi un altro bicchiere che dobbiamo andare: stasera Nico mi porta a cena fuori!»
«Ah!» esclamò bloccandosi un attimo. «Mi fa veramente piacere.»
Dopo tre bicchieri, Martina, una volta giunta a casa, ebbe un po’ di difficoltà a centrare il buco della serratura. Nico si assicurò che stesse bene, poi le diede appuntamento per venti minuti dopo e andò a prepararsi, seguito da Pepi.
***
Non appena si chiuse la porta di casa alle spalle, Nico chiese al socio: «Prima, chi t’ha telefonato?»
«Salvo.» Nico sbarrò gli occhi per la sorpresa, ma in verità volevano rintracciare il siciliano già da diversi giorni… «E vuole incontrarmi.»
«E quando?»
«Tra meno di un’ora.»
«E te pareva!» Sbuffò. «Mi sa che devo annula’ ‘a cena cco tu sorella.»
«Ma no, stai tranquillo, ho fissato l’incontro in un locale dove mi conoscono tutti: non correrò alcun rischio.»
«E dove?»
«Al Coming Out.»
«Ah, quel posto dove ce vanno tutti li froci de Roma?» Pepi fece una smorfia. «Allora mejo che nun ce vengo. Però mi sa che mejo annà a magnà in un posto lì vicino: nun se sa mai…»
«Beh, Martina ti ha detto che vuole andare in un posticino caratteristico: lì vicino c’è Luzzi; e si mangia pure bene.»
«Mortacci tua! Ma quello, è troppo caratteristico!»
«Macché! Dopo qualche bicchiere di vino, le si scioglierà la lingua e vedrai che saprà rispondere a tono.»
«Se ‘o dici tu» concluse, recandosi nella sua stanza per cambiarsi.
Nel frattempo Pepito si fece una botta.
***
Poiché a Martina girava ancora un po’ la testa, Nico si mise al posto di guida e si diresse verso zona Celio, nei pressi del Colosseo. Arrivati difronte la trattoria, Martina si portò le mani alla bocca per lo stupore.
“Eccallà, ‘o sapevo che nun le sarebbe piaciuto” pensò. «Vuoi andare da un’altra parte?» le chiese prima di entrare.
«Ma no, anzi, mi hai fatto una bella sorpresa: Pepi qui ci viene spesso, ma non ha mai voluto portarmici.» Da vero gentleman, Nico aprì la porta e la fece accomodare.
«Anvedi che gran pezzo de fregna!» l’accolse il proprietario. «Signorina, ma nun è che ha problemi de vista? Che ce fa ‘n compagnia de ‘sto brutto gorilla?»
«Me tiene lontani li stronzi come te, bello!» rispose lei, lasciandolo sgomento.
Nico sorrise e rincarò la dose: «Ahò, e vedi de farce magnà subbito e bbene, altrimenti mica t’o pago er conto!»
Visti i tavoli tutti ammassati, l’intimità lì era un lusso non concesso. Nico scelse un tavolo all’angolo, fece accomodare Martina spostandole la sedia e lui si sedette con le spalle al muro e lo sguardo verso la porta; poi si tolse dalla tasca interna della giacca il BlackBerry, regalo di Pepi con una scheda intestata a chissà quale pakistano, e lo poggiò sulla tovaglia di carta per non perderlo di vista nel caso sarebbe dovuto scappare per andare a soccorrere l’amico.
***
Pepi era nervoso e già al secondo Cosmopolitan quando Salvo entrò e si diresse al suo tavolo. Nessuno dei due tentò di porgere la mano all’altro, e si salutarono semplicemente con un cenno del capo.
«Sai, mi è dispiaciuto che sei finito dentro. Comunque te la sei cavata piuttosto bene e mi sembri in forma.»
«Ormai è trascorso un mese, e se eri così dispiaciuto per me, come mai ti sei fatto sentire solo adesso?»
L’altro sorrise lievemente, si lisciò i capelli e sfoderò le sue doti da attore: «Un mesetto fa ho smarrito il telefono e ho perso tutti i numeri.» Si bloccò all’arrivo del cameriere. «Davvero pensi che non ti avrei fatto una telefonata, se avessi potuto?»
«Non credo che per te sarebbe stato difficile procurarti il mio numero.»
«Certo, sarei anche potuto andare da tua sorella per chiederglielo, ma tu hai sempre preferito che non stringessi con lei, e quindi per evitare…» Lasciò in sospeso la frase e notò l’effetto voluto.
Il volto di Pepi arrossì per la rabbia: sapeva che in passato Salvo avesse dormito insieme ad altri tranne che con lui, ma quello si era sempre negato e anzi avrebbe desiderato portarsi a letto Martina.
«A proposito, come sta?»
«Sta col suo nuovo ragazzo» disse per tagliare corto. «E comunque abbiamo un sacco di amici in comune che avrebbero potuto forniti il mio numero, se solo glielo avessi chiesto.»
«Sono ritornato in Sicilia per qualche settimana e quindi è da un po’ che non vedo nessuno, ma appena sono tornato ho chiesto in giro e come vedi ti ho chiamato.»
Pepi, stufo della discussione, fece un gesto con la mano come per soprassedere. «Senti, andiamo al sodo: cosa vuoi?»
Nonostante il tono di superiorità, l’altro tenne a bada la collera, bevve un sorso di rum e rispose: «Ti andrebbe di rimetterci in società?»
«Il fatturato è in calo, vero?»
«Non è per quello» mentì, «e che mi mancano tanto i bei vecchi tempi.»
«Ci penserò. Intanto lasciami il tuo numero.»
«Per chi minchia mi hai preso?» sbottò. «Puoi darmela anche adesso una risposta.»
«No. Ho già un socio e devo prima parlarne con lui.»
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- Episodio 9: La visita
- Episodio 10: L’avvocato
Ciao Ivan, un siciliano non poteva mancare eh? Le cose si complicano, l’entrata in scena di Salvo potrebbe scombussolare I piani di Nico e Pepi! Bella conclusione, sto leggendo con piacere la tua serie?
Ciao Tonino, mi hai reso veramente felice col tuo apprezzamento verso la serie, grazie! Eh già, mi son trattenuto ma alla fine il siciliano è spuntato, ma questa volta il protagonista è un valido romanaccio, il catanese, fuori casa, dovrà fare un passo indietro.
Ciao Ivan. Il tuo episodio mi ha ricordato una scena simile, vissuta in prima persona. Quando sono andata a Roma per la prima volta il marito di un’amica ci ha portati in un locale che somiglia al Luzzi (non ricordo il nome, magari era lì?) e per noi è stato un po’ destabilizzante 😀 😀 😀
Comunque, tornando alla serie, i risvolti si fanno interessanti. Mi chiedo solo una cosa. Riuscirai a terminare in una stagione? C’è molta carne al fuoco
Ciao Micol, probabilmente il locale è quello (se si trova vicino al Colosseo) oppure è “La parolaccia” a Trastevere. I dieci episodi son già stati tutti scritti e sono riuscito, fortunatamente, a concludere. Purtroppo la fine lascerà un po’ di interrogativi, ma se pubblicherò un e-book lì ci sarà anche un epilogo, che ho già scritto, che soddisferà anche ci avrebbe voluto sapere di più. E comunque non è detto che non ci sarà una seconda stagione.
Ecco tornato il siciliano, chissà che sconvolgimenti porterà ai progetti dei nostri “eroi”.
Ciao Ale, inizialmente pensavo di non inserire un siciliano, sarebbe stato troppo scontato… ma, dopo il romano e il napoletano, penso che calzi a pennello. E come se mi fosse venuta in mente una di quelle barzellette tipo: c’è un romano, un napoletano e un siciliano… Ahahhaha
Come al solito, le vicende di Nico non deludono. Devo ringraziarti, perché mi hai fatto scoprire un genere che prima snobbavo. Ora divoro in un boccone le descrizioni pittoresche come una cena da Luzzi ed i dialoghi “veraci” dei tuoi personaggi. Anche se mi tocca stare in pensiero per Nico, che lontano dai guai proprio non riesce a starci!
Sono io a dover ringraziare te, Sergio. Riguardo al genere neanche io saprei dargliene uno ben definito, l’ho segnato come narrativa ma chissà… Comunque mi rendi davvero felice, ma il merito è giusto che in parte vada anche a Claudio Chiavari. È stato lui a consigliarmi Luzzi anziché La parolaccia che è un posto turistico e non per veri romani. Non vorrei spoilerare, ma non temere per Nico: lui non ha paura di niente, piccioni a parte, e se la caverà.
Leggo il primo paragrafo: “Beh, dai, un lavoro tutto sommato ones… Ah.”