Cigni

Un battello che trasporta turisti, sedie colorate di plastica, ben fissate al pavimento, un passaggio stretto tra file di persone che ammirano il verde e le case; e il sole, a rendere tutto madido di sudore, anche i banchi della frutta,  gli artigiani che impagliano, i pescatori e i pescati. Tutto trasmette caldo. Persino le anatre si bagnano le piume e le ombre non riparano le poche panchine abbandonate da anziani o da comari pettegole che criticano i passanti.

In mezzo alla gente c’è anche lei. Si bea dell’afa, attenuata dall’onda nata dal passaggio. Tra bordo e sedie, da sola, guarda scorrere auto e torri.

La città, protetta dal lungo fosso, si fa piccola, come quella volta.

Cigni, bianchi, scivolavano. Li osservava nuotare, avevano aria di casa. Li inseguiva con gli occhi e li ammirava. Il bianco e l’eleganza erano la rappresentazione del silenzio. Il loro procedere dava l’impressione di esseri venuti da un mondo lontano.

La nausea, la sensazione di malessere, la corsa per prendere il treno, l’agitazione, il cuore e le raccomandazioni; tante raccomandazioni. Il fischio, sempre più forte; smorzava ogni suono. La salita sull’ambulanza, il vomito, poi il vuoto.

Ora quei cigni sono la concretizzazione delle idee sulla tranquillità ma mostrano  delle suggestioni insinuate, delle impressioni lasciate nella mente. Sull’erba, a riva, altri cigni. Le loro deiezioni nere e la loro aggressività: ora si rende conto dell’umanizzazione degli animali, che vivono per istinto. Del suo considerarli come simboli di qualcosa o qualcuno, ideato e reso concreto da altri.

La parte mancante del suo cervello la fa ragionare più in fretta. Si vergogna di meno. Adesso assapora questo giro del fiume; adesso la vita entra nel sangue. Anche i suoni riconosce: le voci, il rumore del motore, la sonnolenza pomeridiana, i bambini che chiedono; niente la infastidisce, niente la spaventa o la preoccupa.

Difficile trasmettere la difficoltà, far notare la mancanza di gesti quotidiani, scontati, a tutti quelli che la circondano : lavarsi, vestirsi, salire su una scala e prendere un libro, reggerlo il libro, scrivere, tutte azioni che un corpo compie insieme a chi ne dispone.

“Si scende!” Grida la voce all’altoparlante.

“Signora, la devo aiutare?” Dice l’uomo sulla passerella.

“No, grazie. Faccio da sola. Sono abituata.”

Non era più stata sopra l’acqua.

Sulla sua carrozzina elettrica pensa a quelli che non vedono la bellezza. Perché non se lo possono permettere, perché non hanno accanto nessuno che li comprenda, li stimoli o, semplicemente, perché non capiscono.

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Discussioni

  1. Mi ha ricordato la riflessione del giovane Holden, quando si chiede dove andranno a finire le anatre quando il lago si ghiaccia. Bella la cartolina iniziale, nonché questa antropomorfizzazione cigno-persona che ho trovato interessante (un racconto lo diventa sempre quando ci sono animali protagonisti)… da un punto di vista tecnico ho trovato una scrittura vivace e interessante, anche se purtroppo mi sento di bocciare la frase “il sole rende tutto madido di sudore” perché logisticamente e oggettivamente gli oggetti non possono sudare, ciao

  2. A volte si dà tutto per scontato: perfino la Vita. E non è così. Dopo un cambiamento tanto drastico il rapporto che si ha con se stessi ed il proprio corpo deve essere riprogettato su misura: le cose (soprattutto le chiacchiere ed i modi di fare) appaiono come sono davvero, utili o non utili. Si entra quasi in una realtà parallela, dove gli stimoli acquistano il sapore di una scoperta.