DUE OCCHI 

Serie: IL RICHIAMO DEL BOSCO


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Anna si reca in un paesino di montagna per presenziare al funerale della sua migliore amica. Qui scopre delle strane storie. È ancora scossa dalla visione della "strega" al cimitero

   Doveva andarsene il più presto possibile da quel cimitero.

   Le stradine anguste del paesino erano alquanto ostiche da percorrere, mettendo a dura prova l’orientamento di chiunque non fosse cresciuto in quel posto. Anna affrettò il passo. Sfilò davanti alle abitazioni illuminate debolmente dai lampioncini ai lati del camminamento. Erano tutte case costruite utilizzando solide pareti in legno squadrato sopra un basamento in muratura, con le scale in legno esterne che conducevano ai ballatoi. Tipiche di quei luoghi.

   La ragazza si sistemò meglio il berretto di lana e la sciarpa. Ora il freddo stava diventando quasi insopportabile, nonostante indossasse un pesante cappotto e fosse protetta bene. Comunque, era praticamente arrivata: girato l’angolo avrebbe trovato il cancello della casa di Elena.

   Attraversò a grandi passi il grande spiazzo erboso davanti al casolare. Prima di aprire la porta d’ingresso, provò una strana sensazione di disagio. Si voltò verso il bosco, come per cercare di individuare chissà cosa. Poi scosse la testa, amaramente divertita della sua paranoia.

   Frugò nella tasca del cappotto e tirò fuori la chiave di casa che Elena gli aveva consegnato. «Ecco, in caso di emergenza» le aveva detto un giorno mettendogliela in mano. «Tanto, siamo quasi sorelle. Mi fido di te.» La loro era stata veramente un’amicizia profonda. Dio, quanto le mancava.

   Anna aveva sofferto parecchio nel dividersi da Elena, ma comprendeva che per lei era diventata una questione di necessità. Ne avevano discusso parecchio, e alla fine l’amica aveva preso la sua decisone: si sarebbe trasferita in quel luogo, lontano da tutti. Le persone possono essere molto crudeli, ed Elena l’aveva sperimentato sulla sua pelle. Il male è subdolo e ha mille forme. Si era nascosto in certi colleghi di lavoro che le avevano reso la vita difficile e alla fine erano riusciti a farla licenziare. Aveva preso le sembianze di alcune finte amicizie che l’avevano torturata fino a convincerla di essere un’intrusa tra loro. La cattiveria si era incarnata anche nei vari scarafaggi che l’avevano illusa e poi maltratta, come fosse stata una bambola da pestare e scopare a piacimento.

   Ma Anna c’era sempre per lei. Per stringerla tra le braccia e consolarla. Per cercare di proteggerla dal suo male di vivere, che alla fine era riuscito comunque a trovare il modo di raggiungerla fino in quel paesino sperduto tra i monti.

   Elena si era innamorata fin da subito di quel rustico a ridosso dei boschi e delle montagne. Era spazioso e a buon prezzo. Inoltre, le aveva confidato che stranamente tra quelle quattro pareti aveva fin da subito provato una sensazione strana, che non riusciva a spiegare: era come se lì si sentisse veramente a casa. Si trattava di un’emozione della quale aveva proprio bisogno in quel particolare momento della sua vita. Ora sarebbero state le braccia della natura a proteggerla.

   Molto presto, in effetti, aveva ritrovato la gioia e la serenità di un tempo. Grazie al fatto di beneficiare di ampi spazi interni, con un entusiasmo rinato aveva rispolverato la sua vecchia passione per l’interior design e per i legni. Sfruttando in modo ottimale tutti gli spazi, li aveva impreziositi con arredi antichi e ricercati. La prima volta che Anna era venuta a trovarla, infatti, era rimasta a bocca aperta.

   E ancora adesso quei particolari arredamenti emanavano un fascino che continuava a perdurare. Nel soggiorno, un enorme tappeto decorato con originali arabeschi orientali si stendeva quasi per intero sul pavimento, dove nel centro troneggiava un meraviglioso tavolo con il piano in vetro, sorretto da un unico pilastro centrale in larice. Lo circondavano quattro sedie in rovere dal sapore gotico, finemente intarsiate. La parete di fronte all’ingresso ospitava una piccola libreria in abete tinto noce, costituita da due ante inferiori pannellate e altrettante ante superiori con vetri acidati, dai quali si intravvedevano alcuni libri e un vaso in ceramica nera. Il lato sinistro della stanza era impreziosito da una graziosa cassapanca in abete, laccata e dipinta in stile antico con tonalità di verde opaco e bordeaux. Sull’altro lato invece le faceva da contraltare un caminetto in pietra con una grossa trave in abete nella parte superiore, che fungeva da mensola.

   Appesi alle pareti si alternavano vari dipinti ad olio incastonati in pregiate cornici in legno scuro e dorato, raffiguranti scene mitologiche e paesaggi naturali. Completava l’arredo la presenza di graziose tendine ricamate alle finestre.

   «Vieni, Anna.»

   All’improvviso, nel silenzio del salotto, una voce sembrava chiamarla. La ragazza sgranò gli occhi, riconoscendo lo stesso tono che aveva sentito la notte prima in camera da letto. Istintivamente si gettò in direzione del caminetto, afferrando l’attizzatoio.

   «Chi c’è? C’è qualcuno?» gridò spaventata, brandendo l’attrezzo davanti a sé nel caso si fosse presentato l’intruso. Stava avanzando prudente dirigendosi ai piedi delle scale che davano al piano di sopra. Guardò in alto. Nessun rumore. Nessuno.

   «Affacciati alla finestra, Anna.»

   Quella strana voce si era fatta più forte. E adesso era sicura che provenisse dall’esterno. Non aveva ovviamente nessuna intenzione di eseguire quanto le era stato suggerito. Decise invece di accendere la luce esterna dell’ingresso, sperando così di dissuadere con quel gesto l’eventuale malintenzionato che potesse trovarsi là fuori. L’effetto però che ottenne non fu proprio quello di un faro illuminante: la lampadina, infatti, gettò pigramente sul terreno solo un opaco bagliore circolare.

   La ragazza si accostò alla finestra per sbirciare fuori. Niente e nessuno. Concentrò meglio lo sguardo. Oltre, nell’oscurità della notte e con la foschia che stava salendo, non si riusciva proprio a distinguere un granché. Finché non indietreggiò di scatto. Tra i cespugli si stava muovendo qualcosa, che tra un attimo sarebbe uscito. E fu allora che lo vide…

   «Cazzo! È solo un cinghiale! Cazzo!» ansimò la ragazza, continuando ad imprecare contro sè stessa per aver continuato a dare retta alle sue suggestioni anche in quell’occasione. Decise che per quel giorno ne aveva avuto abbastanza. Era ora di spegnere il cervello e di riposare.

   Fuori, nascosti dalle tenebre del bosco, due occhi stavano però ancora continuando ad osservare la casa.


Serie: IL RICHIAMO DEL BOSCO


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