Elda Maggio

Serie: Loro, i primi.


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ho raccontato la storia di Adolfo

Il profumo è ciò che la caratterizza , inizio ad avvertirlo in strada ad almeno un cinquantina di metri da casa sua, come se uscendo avesse voluto, ancora una volta, lasciare la sua impronta nel mondo senza dare nell’occhio.

La trovo nell’ androne del palazzo che innaffia le piante.

“Buongiorno Elda!”

“Ehilà, benvenuta, benvenuta…lasciami finire che poi andiamo su”.

Regge l’innaffiatoio con una mano e con l’altra si tiene saldamente aggrappata al tripode, il bastone a tre piedi. So già che non vuole essere aiutata, quindi aspetto pazientemente. Versata l’ultima goccia di acqua su una splendida Maranta Leuconeura,nota anche come pianta da preghiera,(che come mi ha spiegato viene così chiamata perché le foglie la sera si chiudono appaiate tra loro e sembra proprio che la pianta abbia le mani giunte in atteggiamento di preghiera) ci incamminiamo lentamente verso l’ascensore.

La osservo: Elda è minuta , peserà si e no 50 chili, ha pochi capelli bianchi che tiene legati in uno stretto chignon, la pelle del suo viso è liscia e rosea. E’ vestita, come ogni volta che la incontro, con una gonna nera alle ginocchia, una camicia con il collo in pizzo e un cardigan nero. Un outfit, direbbero oggi gli esperti di moda, molto monacale.

Arriviamo al piano , la aiuto a tenere aperta la porta dell’ascensore, esce fa tre passi ed apre il suo regno nascosto (così lo chiama lei) .

Effettivamente il suo appartamento è davvero qualcosa che non ti aspetteresti mai.

Innanzitutto le pareti dell’ ingresso sono rosse, ma non un rosso slavato, bensì un bel rosso ciliegia carico, il soggiorno in cui è annesso un angolo cottura è rosa , la camera da letto è giallo sole e il bagno, scelta bizzarra, nero. E scelta ancora più bizzarra, tutti i mobili e gli arredi presenti nei vari ambienti sono abbinati ai colori delle pareti. Tutti, ma proprio tutti. E poi ci sono le piante , ovunque, dove si posi lo sguardo. Sembra di entrare in un luna park nella giungla.

La casa di Elda, a guardarla superficialmente, è la sua antitesi, il suo opposto.

Ma io, che ho imparato a conoscerla, direi invece, che è il suo completamento.

Mi fa cenno di sedermi, sul puff rosa cipria, accanto alla sua poltrona damascata, ça va sans dire, rosa . E’ uno dei momenti, di tutta la settimana, che aspetto con più trepidazione.

Elda ha la neurosifilide, una infezione al midollo spinale, che pensate un po’ si è presentata 30 anni dopo aver contratto una prima infezione quando era poco meno che cinquantenne . Questa malattia le provoca un dolore intenso alle gambe, oltre che altri sintomi che non sto a descrivere ma che la fanno stare, a volte, molto male. Per questo ha bisogno del mio aiuto.

Elda era una tenutaria, gestiva una casa di tolleranza. Io all’inizio non capivo e le ho domandato “Casa di tolleranza? Cosa si tollerava?” Penso di non averla mai vista ridere così tanto. Preciso che non sono una sprovveduta, ma quel termine non lo avevo mai sentito. Conoscevo bordello, casa chiusa, casino , soprattutto questo, visto che mia nonna (donna molto pia e devota) ogni volta che dicevo “Che casino!” mi dava una sberla. Comunque alla fine Elda mi ha spiegato che venivano chiamate di tolleranza da quando Camillo Benso, conte di Cavour, autorizzò l’apertura di case controllate (quindi tollerate) dallo Stato per esercitare la prostituzione. Allora le ho chiesto perché chiamarle anche case chiuse. “E’ semplice da capire, cara bambina, le persiane e le finestre di queste case dovevamo rimanere sempre sigillate, chiuse per non offendere la morale pubblica.”Non ho mai riso così tanto.

La storia di Elda è drammaticamente affascinante. Inizia a prostituirsi da bambina quando il padre muore di tisi e la madre anch’essa molto malata la affida alle cure di una vicina di casa. Elda racconta che fino ai 10 anni è stata una bambina molto amata. La madre di origine francese, era molto amorevole, l’ha cresciuta con affetto e dedizione, il papà, invece, piemontese di Torino, era schivo e taciturno e non si occupava mai della figlia.

Elda divide la sua vita in bianca, nera e a colori. I suoi racconti sono così coinvolgenti, che ogni volta faccio fatica ad alzarmi dal puff ed occuparmi di lei e delle faccende domestiche.

“Bambina, lascia stare, fa Daryna!” Daryna è la sua badante, quando io arrivo lei se ne va. Ma non io non lascio stare, mai. “E’ il mio dovere Elda, altrimenti cosa sono venuta a fare?” “Tu sei venuta ad ascoltarmi.”

Esco dal suo appartamento con il suo profumo nelle narici e una nuova piantina da portare a casa.

Serie: Loro, i primi.


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Discussioni

  1. “Comunque alla fine Elda mi ha spiegato che venivano chiamate di tolleranza da quando Camillo Benso, conte di Cavour, autorizzò l’apertura di case controllate (quindi tollerate) dallo Stato per esercitare la prostituzione.”
    Non lo sapevo, anche l’aneddoto delle “case chiuse” mi ha colpito: non ci avevo mai pensato

  2. Amo le storie che condividi con noi. Sanno di vita, ma in un modo poetico che fa nascere un sorriso e far star bene. Mi piace che in mezzo alla durezza dell’esistenza tu ci faccia dono dei fiori nascosti in ognuno dei tuoi pazienti: basterebbe un po’ di pazienza, empatia e amore per rendere il mondo migliore. E, soprattutto, ascoltare chi ci è vicino

  3. Ho letto volentieri, con tanta curiosita’, ( conoscendo gli episodi precedenti), anche questo di maggio. Anche stavolta ho apprezzato la tua capacita´ di sdrammatizzare le storie che racconti, con una versione tenera e un po’ ironica, che rende la lettura assai gradevole.