Il promontorio della paura

Serie: Morti bianche


Morti Bianche è una miniserie che esplora il fragile confine tra la vita e la morte, mentre il vento e il mare modellano sogni e visioni. In un'ottica sperimentale del movimento, il Capitano Ripamonti salpa alla ricerca di un sé nascosto tra le onde del tempo.

Il promontorio cominciava a prendere forma all’orizzonte, scolpito dalla luce e dal vento, immutabile di fronte al ritmo incessante delle onde. Un soffio caldo gli scivolò sulla pelle, sentì un fremito intriso di sale e di rosa, il tocco gentile di mani lunghe e affusolate, labbra fini e capelli biondi. Percepì la pienezza di un piacere lento e profondo, come il mare e la terra che si penetrano fino a confondersi.

La Dufour 312 scivolava placida sull’acqua. Il Capitano Ripamonti spense i motori, inserì il CD nel lettore e navigò a vista, lasciandosi trasportare dalle note del Concerto per pianoforte n.21 del caro Wolfgang. Mentre la musica sfumava in sottofondo, una voce narrante cominciò a raccontare:

Mi spinsi più lontano, verso il cuore di questa regione abbandonata, puntando verso il dito di terra che si protende nel mare, all’estremità del quale è il luogo dell’antica Tharros. La scogliera che discende bruscamente alla fine del promontorio, è bucherellata dalle tombe dei coloni cartaginesi. Questa necropoli scavata in profondità, era anticamente una miniera d’oro e di pietre preziose, ma il moderno archeologo ha completato l’opera di espoliazione, che i saraceni cominciarono circa un migliaio di anni fa. Il vento e le tempeste hanno fatto irruzione nel riposo dei principi. Il vento fischia tra le camere funerarie, una volta sotterranee. Sabbia e polvere hanno ostruito i grandi sarcofaghi, che un racchiudevano braccialetti, collane, anelli e orecchini delle sacerdotesse di Bal.

La citazione era finita e la musica tornò in primo piano. Il capitano gettò l’ancora.

Avvicinarsi alle rovine di Tharros, con le parole dell’esploratore e scrittore Crowford Fitch accompagnate da uno spartito sublime, era un rituale salvifico: era ancora bellezza, ancora vita. Si fermò e ammirò. Grazie all’alta marea, il sito archeologico era completamente sommerso e le colonne romaniche facevano capolino tra un’onda e l’altra, mentre i gabbiani, irriverenti messaggeri di Poseidone, si riposavano sostando sui capitelli decorati dalle conchiglie. Si tuffò.

Nelle trasparenze fresche e salate di quel passato glorioso, custodito gelosamente dalle acque, contemplava i fondali. In quel tempio atlantideo, si cullava nell’acqua battesimale, immaginando la grazia delle sirene, che lo spiavano in silenzio, nascoste tra i massi sommersi.

Lentamente il mare, come una carezza, lo guidò fino a toccare la sabbia e lo restituì alla terra. Godeva del momento a occhi chiusi sdraiato sulla riva, quando un suono stridente, simile alla puntina di un vecchio grammofono che graffia il vinile, ruppe l’incantesimo. Si voltò di scatto e alla sua destra, sopra uno scoglio ricoperto di alghe marce, vide uno schermo olografico mezzo rotto, che si ostinava a trasmettere le promozioni del giorno: “Purifica le tue vibrazioni in soli 15 minuti con il Metal Astrophisical Mindset Coach, a partire da 9.90 corone… Vola in terza classe come un grande aviatore, indossando tutto il tuo bagaglio, le mutande per cappello e un sano digiuno intermittente fino all’atterraggio, per soli 12 corone… Acquista l’energia cosmica per 5.99 corone, attivatore psichico incluso… Trasforma la tua vita con Pubbliself World, un mondo magico dove il prodotto da vendere sei tu: prima sessione di 30 secondi completamente gratuita… Diventa immortale oggi! Con il nostro Cortextransfer, trasferisci la tua coscienza su Zeno Cloud e vivi per sempre tra le stelle per soli 19,99 corone al mese.”

L’ologramma gracchiava come un corvaccio nero sulla tomba dell’umanità. Una presenza dissacrante, in quanto incredibilmente stupida.

Ripamonti si guardò intorno: silenzio, niente e nessuno. Si chinò lentamente, raccolse un sasso bello grosso, e prese la mira. Proprio mentre stava per liberare tutta la sua rabbia, uno scricchiolio risuonò tra il vento e le rocce. Inconfondibile! Era il rumore secco di un legnetto spezzato da un piede o una zampa. Si voltò deciso, i suoi occhi si strinsero cercando un segno, un movimento. Nel contempo, la sua cassa toracica si chiuse, il mento si abbassò a proteggere la gola, i trapezi e la nuca s’irrigidirono e il piede sinistro si spostò indietro. Mentre scrutava i dintorni, il pugno destro strinse la pietra e il braccio sinistro si posizionò davanti al ventre. Silenzio.

“Ti ho sentito. Cosa sei?”

Dallo scoglio alla sua destra, spuntò un ciuffo di capelli.

“Cosa sei? Mostrati!” La voce del capitano si fece decisa, quasi intimidatoria.

Sentì una presenza dietro di lui, si voltò. Vide una gracile indigena, i capelli raccolti in una lunga treccia color argento, la pelle scura incartapecorita dalla salsedine, gli occhi neri segnati e stanchi, ma lo sguardo sicuro di chi non teme. Indossava stivali marroni da motociclista, un vestito di jeans strappato e una collana di piume e conchiglie che le illuminava il volto. Reggeva un lungo bastone, con la punta che volgeva a sinistra, ornato di natura e matematica: conchiglie, fiori, foglie, piume, pietre colorate, numeri, equazioni e figure geometriche. Prima lo fissò, poi spostò lo sguardo sul suo pugno. Sembrò valutare la situazione per un istante, dopodiché si dileguò.

“No, aspetta!”

Rincorrerla sarebbe stato inutile. Lui lo sapeva. Lasciò cadere il sasso, troppo tardi.

Mentre la figura selvaggia di dissolveva nel vento, un bagliore lo infastidì. Mise la mano destra tesa sulla fronte per proteggersi dal riverbero, si avvicinò con circospezione e raccolse uno strano amuleto. Aveva colori vivaci, decorato con motivi simbolici, perline e pendenti, impreziosito da un nodo dorato a forma di fiore. Era sicuro di averlo già visto.

Quella sera, nel ventre della sua barca, si scordò dello stupido ologramma rotto. Un senso di gratitudine affiorò dal pozzo scuro del rancore, dissolvendolo almeno per un istante. Non volle scrivere nulla della sua immersione nel paradiso subacqueo.

DIARIO DI BORDO

Nave: Cassiopea – Dufour 312

Capitano: John Guy Ripamonti

Data: 7 Luglio 2067 Ore: 11h00

Latitude: 39° 52′ 23.88″ N

Longitude: 8° 26′ 22.99″ E

Tharros

Ho scoperto che qualcuno abita il “mio” posto. La paura dell’altro è ancora un riflesso, condizionato o incondizionato? Niente è mai stato solo mio, tutto è anche dell’altro. Non è forse questo che temo? Mi fermerò in esplorazione. Funzionamento AI già compromesso.

Serie: Morti bianche


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Discussioni

  1. Cape Fear non è luogo da tutti. Molti lo hanno scorto da lontano, qualcuno ne ha solo parlato.

    Sembra che tu abbia voluto, come Ulisse, udire il canto delle sirene (forse ne ho vista una tra le tue righe), o varcare la soglia dell’ignoto.

    Non è necessario che io mi dilunghi inutilmente, non vorrei annoiare nessuno. Rinnovo la mia ammirazione ai massimi livelli per una scrittura davvero splendida, che non segue rotte oggi conosciute ma molto più antiche. Questo potrebbe
    rappresentare, paradossalmente, un problema nellepoca del “Brutti, sporchi e cattivi…” (“e felici di esserlo”, aggiungo io). Uno stile sopraffino, d’altri tempi, alla ricerca della forma più adatta che, ecco l’errore dei nostri tempi, non deve essere per forza la più veloce, la più facile.

    Chi Sa di musica non si stupisce della grandezza di Wolfgang. Alcuni lo hanno letteralmente definito “er mejo”, perdona l’inflessione romana, sotto molti punti di vista. ll concerto n. 21
    accompagna maestosamente la navigazione della Dufour che vediamo, letteralmente, scivolare sulle onde, sospinta dalle splendide note.

    Per me due i momenti catartici, quelli in cui nelle profondità delle righe si nasconde un terribile mostro marino o, chissà, un tesoro:

    “L’ologramma gracchiava come un corvaccio nero sulla tomba dell’umanità. Una presenza dissacrante, in quanto incredibilmente stupida.”

    “La paura dell’altro è ancora un riflesso, condizionato o incondizionato? Niente è
    mai stato solo mio, tutto è anche dell’altro.”

    Ci vedo proprio tanto in queste semplici parole, evito di dare la mia interpretazione ma, fedele al principio che dire tutto e il contrario di tutto equivale a zero, confesso che preferisco il mostro marino… (“che vita vuota, che vuota vita” mi ricordava qualche giorno fa Francesco Pino, parlando della coppia Mondaini-Vianello).

    Ti faccio gli auguri per questa raccolta che stai preparando, se mi consenti la chiamerei antologia. Gordon Pym ti accompagnerà nel corso di questa tua lunga navigazione fatta di avventure e disavventure, come la vita.

    1. Salut Robèrt, mancavi a rafforzare la mia lucidità precaria, sempre in balia delle onde. Rinnovo la mia ammirazione profonda per i tuoi commenti, gioelli preziosi. Confermo che, a mio avviso, la narrazione veloce, a volte apprezzabile, sia spesso una strada verso la decandenza, una droga facile e poco costosa, ma del tutto sintetica, un prodotto di laboratorio nell’agenda di impoverimento globale. Ti prego salutami caramente Francesco Pino. Grazie come sempre per le tue sagge e bellissime parole. P.S. In questo momento, sono molto felice, accanto a me sulla barca vedo solo Jaques Perrin, il marinaio della meraviglia. Spero che duri a lungo questa calma piena.

  2. La tua scrittura non è facile, assomiglia molto all’onda che si infrange sulla riva per poi immediatamente ritirarsi. Mi ricorda lo stile dei poemi britannici e nell’atmosfera mi ricorda in particolare Coleridge. Quell’andare su e giù continuamente che ti tiene aggrappato perché se ti permetti di perdere la concentrazione, allora devi ricominciare da capo. Ogni parole evoca immagini e la lentezza della narrazione aiuta a visualizzare le situazioni. La storia è curiosa e originale. A tratti mi pare di trovarmi in una fotografia degli anni ’80 per poi scoprire che siamo in un futuro, neanche però troppo lontano. Non so se sarà facilissimo condurre questa serie nel migliore dei modi. Certamente devi cercare di non perdere mai il filo. Credo che, concentrarti sul tuo protagonista sia la scelta migliore. Tutto il resto fa da bellissimo contorno. Come se la serie la conducesse lui. Tu siediti e stai a guardare, poi trova il modo migliore per mettere in parole quello che hai osservato.

    1. Wow! Grazie Cristiana per le tue bellissime parole, il riferimento a S.T. Coleridge conta per me come un premio letterario. La serie, come ho gà scritto, è una scelta nuova per me, vedrò strada facendo dove porta il sentiero. Non so se sia un pregio o un difetto, probabilmente è entrambe le cose, ma so amare le cose semplici, non quelle facili. Come hai giustamente osservato, il protagonista si sta dirigendo in un territorio difficile che solitamente evito di esplorare, perché intuisco ciò che mi attende e lo temo. Ma vado avanti…Ancora grazie per i preziosi e incoraggianti consigli.

      1. Ti capisco, all’inizio fa paura, ma vedrai che poi ne varrà la pena quando rileggerai il tutto 🙂
        Come disse King in Misery (visto che qui su EO se ne sta parlando ultimamente), c’è la paura di fare un saldo nel vuoto, ma anche l’emozione di iniziare un viaggio nuovo.
        Buona scrittura!