Primo giorno di scuola…dall’altra parte
Sveglia alle 6:00 del mattino. Mi alzo dal letto, pronta per andare a prepararmi una colazione nutriente e proteica. Per affrontare la giornata. O, almeno, così credo.
In realtà non ho tanta fame. Sono così emozionata della giornata che mi aspetterà: il mio primo giorno di scuola da insegnante in una nuova scuola, dove non ho mai insegnato prima d’ora.
Ho lavorato in diverse scuole, ho fatto e continuo a fare esperienza. Ma ogni scuola è diversa dall’altra. E insegnare ogni anno in un istituto diverso è come se fosse la mia prima volta!
Così, bevo un tè verde rigenerante, accompagnato da qualche biscotto integrale che mi fornisce giusto un po’ di carboidrati per carburare un po’.
Apri l’armadio e scelgo un abbigliamento casual: un maglioncino beige e un paio di jeans scuri, senza strappi o rattoppi vari. Un velo di trucco e una sistemata ai capelli. Esco col cappotto nero e la sciarpa bianca, pronta per prendere il primo autobus di linea che mi porterà a scuola.
Sono le 7 del mattino e mi trovo su un autobus pieno di gente ancora assonnata e di alunni carichi di libri sulle spalle. Tutti hanno un volto triste o imbronciato. Forse quegli alunni non hanno fatto i compiti il giorno prima e sperano di arrivare a scuola il prima possibile per provare a scopiazzare l’indispensabile.
Intanto do una sbirciatina fuori dal finestrino dell’autobus, osservando la bellezza degli alberi d’autunno. Penso. Non vedo l’ora di mettere piede per la prima volta in questa nuova scuola! Chissà che facce di colleghi mi aspetteranno! Chissà se saranno accoglienti o pieni di sé.
Prenoto la fermata e mi avvio a scendere dal mezzo. Attraverso la strada ed ecco che davanti a me si apre un vialetto. Ciottoli e foglie rossicce secche sono il tappeto su cui poggiano le suole delle mie scarpe con plateau e tacchetto.
Dietro quella infinità di alberi che recintano il vialetto su cui avanzo, ecco spuntare il primo scorcio dell’istituto. Affretto il passo. Sto attenta a non inciampare. I miei occhi cercano il prospetto della scuola. Ed eccolo là. Un istituto di tre piani, pieno di finestre larghe, che sanno davvero di scuola. Una scalinata su cui salgono i ragazzi al suono della campanella.
Decidono anche io di entrare. Mi presento all’ingresso con il personale posto come una sentinella all’entrata. Mi aspettavano, a quanto pare. Vengo condotta in Presidenza e lì conosco le prime colleghe. Sono impazienti di sapere il mio nome, da dove provengo e la mia età. Nel frattempo, firmo la mia presa di servizio e do un’occhiata fugace al mio orario per la settimana.
Sulla soglia della Presidenza, ecco il Preside. Mi attende per accompagnarmi gentilmente in classe, per svolgere la mia prima ora di italiano. O, meglio ancora, di conoscenza della classe.
Mentre camminiamo, mi parla contento del suo istituto.
Dentro di me sono entusiasta dell’accoglienza ricevuta. Ho il cuore in gola perché non vedo l’ora di varcare la soglia della mia nuova classe.
Inerpicandomi per i corridoi, in compagnia del Preside, eccomi finalmente davanti alla porta chiusa di una delle classi a me affidate.
Gli alunni sono già dentro, in attesa della nuova docente che sta per arrivare.
Mille interrogativi, dubbi e domande iniziano a farsi frequenti nella mia mente.
Quali avventure mi aspetteranno in questo nuovo anno scolastico?
Cerco di evitare di darmi delle risposte sin da subito. Il bello arriverà. E sono pronta a godermi e a vivere ogni singolo secondo nella scuola, con i miei nuovi alunni e i miei nuovi colleghi.
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In qualsiasi ruolo la si mette, la scuola ha un incipit, a volte persino involontario, di agitazione. Carina l’idea di cambiare prospettiva, infondo siamo tutti eterni alunni della vita, proti ad imparare e a vivere tutto quello che verrà.