Solo arrivare a domani
Serie: Mediamente in pericolo!
- Episodio 1: La strada verso il Nivolet
- Episodio 2: Il Gigante Silenzio
- Episodio 3: Solo arrivare a domani
- Episodio 4: Più la notte ĆØ buia, più l’alba ĆØ vicina
- Episodio 5: Ceresole Reale
- Episodio 6: Sospesi nel vuoto
- Episodio 7: Verso la tempesta
- Episodio 8: Tuoni, fulmini e saette
- Episodio 9: La “frascata”
- Episodio 10: C’ĆØ qualcuno lĆ fuori?
STAGIONE 1
Ho ripreso a camminare, andando incontro a quel mugghiare che il vento produceva passando tra due picchi. Avido di alture, da cui ingozzare gli occhi di bellezza, avanzavo freneticamente, dandomi di volta in volta una nuova cima come meta finchĆØ, giunto sullāennesima e guardando di sotto, non ho visto un posto che ha placato quella fame di panorami. Uno spiazzo tra due laghi.
āEā questo il posto!ā Ho pensato.
(Foto di Fabio Elia)
Un cartello ammoniva sul fatto di non inserire, nei laghi, pesci forestieri, poichĆØ, informava, era avvenuto in passato che qualcuno lo avesse fatto con nefasti effetti per flora e fauna autoctoni. Unāocchiata ai laghi e ai due maestosi picchi antistanti; chissĆ come sarebbe piaciuto agli altri, questo posto. Con questo pensiero in testa, sono tornato a cercarli, determinato a convincerli.
-Ragazzi! Ho trovato un posto magnifico, vicino a due laghi!-
-Ma ĆØ riparato?-
-Credo di sƬ. Eā in basso, in una conca.-
Il mio tono era quella di un bambino supplichevole quando vuole convincere il genitore a portarlo al parco dei divertimenti. Favie non era convintissimo, ma si ĆØ arreso di fronte al mio entusiasmo. Gli altri sembravano bendisposti a svegliarsi, al mattino, di fronte allāazzurra superficie di due laghi di montagna. Era fatta, ma ora veniva il difficile, ossia portare la roba sul posto senza farci notare dalla gente del rifugio e dagli avventori. Dopo aver portato le auto al fondo della strada, dove una transenna sanciva la fine della percorribilitĆ e il mondo civile incontrava lāarea selvaggia dei picchi disabitati tra Piemonte e Val dāAosta, abbiamo preso zaini e borsoni e ci siamo avviati su per i ripidi pendii erbosi, inframmezzati da letti rocciosi di ruscelli. Io ero carico come un mulo. Avevo uno zaino sul davanti, uno sulla schiena e due borsoni, uno per mano. Stavo morendo. Il cammino sarebbe stato disagevole anche senza pesi; cosƬ era estenuante. Arrivati a metĆ percorso, ci siamo seduti su qualche pietrone a rifiatare. Favie si ĆØ offerto di farsi carico di uno dei borsoni che stavo portando e io glielāho ceduto senza opporre resistenza, in cambio avrei portato la sua quechua, molto più leggera. Dopo pochi minuti, il paesaggio lacustre da me scelto, si rivelava anche ai loro occhi meravigliati. Scilli urlava per lāentusiasmo qualcuna delle sue frasi sconnesse. Favie era corrucciato per due motivi: uno, ci sarebbe stata unāumiditĆ elevatissima; due, dallāaltro capo di uno dei due laghi, su di unāaltura, due tipi ci stavano osservando attentamente.
-Stanotte verranno ad ucciderci nel sonno.- Commentava Ele, tra lāimpaurito e lāeccitato.
-Saranno due come noi. Perciò vuol dire che si può pernottare.- Ho cercato di rassicurare gli animi.
-E se fossero due di guardia, posti lƬ proprio per individuare i trasgressori?- Si chiedeva Favie.
-Addirittura sarebbero così zelanti da fermarsi la notte qui per controllare?- Ho chiesto io, poichè in effetti si stava già facendo buio.
(Foto di Fabio Elia)
Favie ha deciso di giocare dāanticipo ed andare a chieder loro se si potessero o meno piazzare le tende. Quelli continuavano a fissarci, immobili, in modo inquietante. Io, Favie ed Ele, muniti di torce, abbiamo costeggiato il lago che ci divideva da quegli individui, saltando di roccia in roccia, fino ad arrivare a tiro dāurlo.
-Scusateee!- Ha urlato Favie- Sapete mica se si può pernottareeee?-
Qualche secondo di suspance, poi uno ci ha risposto:
-Una notte sola sì, perchè è considerato bivacco.-
Ci aveva visto giusto. Erano due spioni stacanovisti. Li abbiamo ringraziati per lāinformazione e siamo ritorniati verso gli altri per dare la lieta novella. Ele, comunque, non era del tutto convinta e continuava a formulare ipotesi da film horror, in cui ci avrebbero inevitabilmente fatto fuori nel modo peggiore.
Rasserenati gli animi circa la questione multa, abbiamo cominciato a preparare il campo per la notte, piazzando le nostre tre tende. Favie ed Ele avrebbero dormito ovviamente assieme; Scilli e Blaco, giocando forse dāanticipo per non dormire col problematico Veo, si sono subito scelti come compagni di tenda, e cosƬ le coppie erano fatte. Veo, dal canto suo, piazzati i fornelli, era tutto intento, tra padella e pentolino, a prepararsi la pasta; sembrava un dj alla consolle. Io, Blaco, Scilli e ed Ele, mangiando panini, ci siamo stesi su un materassino e abbiamo cominciato a fare a gara di stelle cadenti. Se ne vedevano continuamente, tanto che avevo difficoltĆ a trovare ancora desideri da esprimere, cosƬ finivo per ribadire quelli giĆ espressi.
(Foto di Fabio Elia)
Favie ci faceva foto e prendeva in giro Veo. La pasta era piuttosto scotta, ma il dj dei fornelli si ĆØ mangiato quella più un panino e per digerire, se n’ĆØ fumate un paio di quelle buone, una dopo lāaltra. Nel frattempo, la temperatura cominciava a scendere vertiginosamente, in maniera inversamente proporzionale allāumiditĆ , che raggiungeva livelli inverosimili, tanto che, toccando il materassino o la superficie esterna delle tende si poteva constatare che erano fradici, come se stesse piovendo. Era il momenti di prepararsi per la notte. Io, oltre ad indossare maglietta, maglia, felpa e k-way, ed essere entrato nel sacco a pelo, avevo avvolto quatāultimo in un pile e una coperta. Accucciato in questo modo, la temperatura nel mio fagotto si faceva sopportabile e scivolavo, cosƬ, in un sonno ristoratore, ma non per moltoā¦
-Meex, stai dormendo?- Mi ha chiesto Veo, svagliandomi.
-SƬā¦- Ho risposto io, pensando allāinutilitĆ di una domanda simile. Evidentemente non aveva sonno e voleva che non dormissi neanche io.
-Ma non ti manca il respiro?-
-No. Ho il fiato un poā corto, ma ĆØ normale. Siamo a 3000 metri e cāĆØ poco ossigeno. Però ti ci abitui.-
-Io ho sentito che due escursionisti sono morti soffocati nella tenda perchĆØ mancava lāossigeno.- Ha detto lui, mentre spingeva continuamente il āsoffittoā della tenda verso lāalto.
-Ma che cazzo dici, Veo. Sarebbero illegali le tende se soffocassero le persone. Hai solo un poā di fiato corto, non ci pensare.-
-Non so. Mi sento strano. Forse devo vomitare.-
-Probabile. Hai mangiato pesante e poi ci hai fumato sopra, poco prima di stenderti. Esci e vomita e dopo starai meglio.-
-Vieni con me.-
-Cazzo, Veo, non mi chiedere questo. Ci ho messo una vita ad infilarmi dentro questi strati di coperte, dovrei disfare tutto. Mi stendo al contrario, con la testa fuori e ti guardo da qui.-
-Ok.-
E cosƬ, ĆØ uscito dalla tenda a vomitare, mentre io mi āgodevoā lo spettacolo, dopo essermi capovolto, facendo contorsionismo nella tenda, con la leggiadria di una larva. In effetti, pensavo, Veo aveva contravvenuto, tra lāaltro in maniera rigorosa nel suo trasgredire, a tutti gli accorgimenti che andrebbero presi, se si ĆØ soggetti a ipossia, per evitare quello che viene chiamato āmal di montagnaā, ossia la sofferenza per la scarsitĆ di ossigeno (tra lāaltro raro sotto i 5000 metri). Prima regola: evitare di salire, in un solo giorno, da zero a tremila, ma fare delle tappe intermedie. Seconda regola: perlomeno, se si ĆØ trasgredito alla prima, evitare di pernottare. Terza regola: evitare grossi sforzi fisici. Quarta regola: non appesantirsi con pasti troppo abbondanti. E io ce ne aggiungerei una quinta: non fumarsi due āsturziā, soprattutto prima di coricarsi e dopo aver mangiato pesante. Lui le aveva ciccate tutte. Però, dato che aveva vomitato, adesso tutto sarebbe andato per il meglio. Infatti, poco dopo, sarebbe rientrato in tenda ed io mi sarei riaddormentato, ma non per moltoā¦
-Meex! Ma tu riesci a dormire?-
-SƬ, Veo, se non fosse per te ci riuscirei.-
-Mi manca lāaria. Non ci posso stare qui. Devo andare via da questo posto.-
-Ma dove vuoi andare, Veo? Eā notte fonda e siamo in alta montagna.-
-Prendiamo la macchina e andiamo a cercare un bar. Prendiamo un caffĆØ.-
-Veo, a questāora, qui in montagna, non troveremmo un bar aperto nel raggio di decine di chilometri e, inoltre, sei pazzo a pensare di guidare su quei tornanti pericolosi con il buioā¦e in questo stato.-
-Arriviamo almeno fino alla macchina e dormiamo lƬ.-
-Ti prego, Veo, ĆØ solo questione di testa. Non ti fissare. Rilassati.-
-Non ci riesco. Tu sei psicologo, dimmi qualcosa.-
Il vuoto. Dāaltronde, come setting non era proprio il massimo del comfort. La prima cosa che mi ĆØ venuta in mente da fare, non chiedetemi perchĆØ, ĆØ stato cantargli la sigla di Jeeg Robot DāAcciao. Stava in silenzio ad ascoltare e, per un poā, ho pensato che stesse funzionando. Ma, poco dopo, sarebbe balzato sulle ginocchia, verso lāuscita, dicendo:
-Ora, io scenderò fino alla macchina e tu dovrai accompagnarmi in questāavventura.-
-Noooo, Veooo, ti prego!-
-Va bene, allora vado da solo. Io qui non ci riesco più a stare.-
Indeciso, lāho guardato trafficare con la cerniera e mi ha fatto tenerezza. Non potevo fargli attraversare quei pendii, da solo, col buio, in quello stato. Che cazzo di amico ero?
-Va bene, dai, vengo anchāio. Ma restiamo a dormire in macchina, non ci mettiamo alla guida.-
-No, no. Rimaniamo a dormire lƬ.-
Ed eccoci fuori, nella notte buia di montagna. Io mi tenevo la coperta sulle spalle, tipo Batman, e guardavo le tende degli altri, invidiandoli. Abbiamo cominciato la discesa, con le nostre torce sulla fronte, ma dovevamo andare a naso perchĆØ, tra noi e la macchina, non cāerano sentieri, solo pendii che, col buio, sembravano tutti uguali.
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