
Un’esperienza meravigliosa: diario di viaggio
“Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.”
Alla C.A del Dirigente Scolastico
Dott. Rosso Di Sera
Oggetto: programma di scambio Italia/Francia
18.05.2019
Con la presente desidero portare alla Vostra (proprio di tutti) attenzione un problema che sta mettendo in seria difficoltà mia figlia, Stefania Stefanini, ora a Calais. Lamento la “non possibilità” di organizzare l’alloggiamento dei ragazzi verso una nuova famiglia ospitante nel caso se ne presenti la necessità. È una falla del programma che può creare non solo disagio, ma una vera e propria avversione nell’aprirsi a nuove esperienze. Non credo che mia figlia sia l’unica “sfigata” al mondo a non aver trovato la giusta famiglia in grado di tutelarla e averne cura. So per esperienza diretta, grazie a una familiare inserita nel direttivo Intercultura, che di norma è pervista un’attenzione particolare verso quei ragazzi che manifestano difficoltà.
Premetto che l’esperienza con la partner giunta in Italia non è stata positiva ed è stato segnalato ai docenti. È difficile condensare l’intera vicenda in poche righe, vado quindi a produrre un simpatico diario di viaggio intitolato “Un’esperienza meravigliosa”. Baserò il mio raccontare su i messaggi scambiati a mezzo WhatsApp.
16.05.2019 Arrivo a Calais
La ragazza raggiunge il domicilio della famiglia ospitante e si trova immersa in un cantiere aperto. Mancano le porte (anche quella del bagno): sul pavimento della sua abitazione sono posate assi di legno, ha a disposizione un letto e un comodino. Sinceramente, poco importa. Le situazioni possono richiedere adattamento, le condizioni della casa non sono un problema. Se proprio le scappa metterà sulle ginocchia un asciugamano. Non c’è protezione nella doccia, pazienza: il bagno si trasformerà in un simpatico acquario. Poserà i vestiti a terra, chiederà uno scatolone per mettere gli oggetti che ha portato.
La mamma della partner è una persona disponibile, cortese. Stefania scopre che i genitori di Aline sono separati, nessun problema in merito, e che quella è l’abitazione della mamma. Non si mangia, si va a letto, buona notte.
17.05.2019 parte I: La bicicletta
Comprendo che la mia preoccupazione può sembrare futile, ma così non è. La ragazza non sa andare in bicicletta: è stato chiaramente detto alla partner francese in occasione della sua permanenza in Italia ed era stato accordato di utilizzare l’autobus nel periodo studio a Calais. Amara sorpresa: il mezzo di locomozione utilizzato per andare a scuola, per un percorso piuttosto lungo, è giustappunto la bici. Alle deboli proteste è stata negata ogni altra possibilità. Premessa: Stefania ha imparato ad andare in bicicletta in età prescolare quando ancora utilizzava le rotelle. Ha partecipato al percorso di educazione stradale nelle classi primarie con parecchia difficoltà, unica occasione in cui ha tenuto una bici in mano. Non mi sono mai chiesto se Alda Merini e Rita Levi Montalcini sapessero andare in bicicletta: uhmm (espressione perplessa). Durante il tragitto verso l’istituto scolastico cade: fortunatamente non riporta danni, si rialza e continua a pedalare. Ci ha provato. Ricorda la difficoltà alla partner che le comunica che “l’autobus” non le piace e si va in bicicletta.
Si torna verso casa, i ragazzi ospitanti hanno organizzato un barbecue. Sono divisi in due gruppi, non tutti i compagni di classe partecipano all’evento.
Stefania viene “mollata” lì assieme ad altri italiani, si inizia a festeggiare senza sapere bene dove si andrà a parare. Alcuni ragazzi francesi (fra cui la partner) spariscono per i fatti loro: vanno a giocare a tennis? Stefania cerca contatto, non sa cosa fare e cosa si farà. Non riceve alcuna risposta, totalmente ignorata.
Alla fine si torna a casa e ci si prepara per la festa in spiaggia vedi falò e chitarra. Una pizza surgelata e via e due chiacchiere con la mamma, santa donna meno male che esiste lei, che la rassicura: non userà più la bicicletta. L’accordo con Aline e la mamma è quello di tornare a casa verso le ventidue.
Parte II: falò e chitarra
WhatsApp. * Stefania, § Giorgio
22.25
*Torno a casa fra venti minuti
§ Ok speriamo
22.56
* Tra poco andiamo
* Mi fa 5 min
* Mezza scocciata
* Ovviamente
23.00
* Mai più
* Cazzo
* Stanno facendo pure cazzate
* Bello hahahaha
§ Rimani a casa e goditi le gite scolastiche
*Sì
* Hahahaha
* Cambierei anche casa
* Ma starò lì
* Per la mamma
23.05
* Juju è andata (unica ragazza con cui ha legato Stefania)
§ Sei sola?
*Nono
* Andiamo
* Forse
* Daiii
* Dopo chiamami
* Quando sono a casa ti avviso
§ Ok, fammi sapere quando
* Mai più
* Io spero solo che arriviamo a casa
* Ma mai più
* Spero non succeda nulla
* Ho un po’ paura
§ È lontano?
*Eh
* Mai più
* Ricordamelo
* Brutta idea
§ Comunque non va bene
* Brutta idea
§ È lontano?
* Nono
*Non vengo più
*Figurati
§ Ok, quanto manca?
§ Non esci più di casa se non per le gite
* Già haha
* Stiamo andando
§ Dammi il numero della prof e se hai quello della mamma
§ Comunque la situazione non mi sta bene
* Neanche a me
* Aspetta
* Adesso si sono fermati
§ Mandami i numeri
* C’è gente comunque
§ Siete a piedi?
* Sì
* Ma si sono fermati
* Non so perché
§ mandami quei benedetti numeri
* Ma adesso?
* E di chi?
§ Della prof e se hai quello della mamma
§ Non chiamo, voglio solo averli
* Ok
* Solo della prof
* Lo cerco
* Ok andiamo a casa
§ Avvisami
* Sì
* Spero
* Mi ha detto di sì
* 10ma volta che le chiedo di andare a casa
23.23
* HAHAHAHA
* MA CHE CAZZ
§ Che fate?
*Si sono fermati ancora
* Forse andiamo
* Comunque
* Aline è la meno andata
§ Non va bene lo stesso
* Mo fa “scusa se ci è voluto così tanto”
* Speriamo bene
23.35
*Sono a casa.
Ammetto le mie colpe. Ho cresciuto un’asociale diversa che non desidera essere riconosciuta parte di un gruppo in virtù del consumo di droghe seppur leggere, alcol e sesso (quest’ultimo non parte in causa di tale vicenda). Una suora dark con a disposizione un buon cervello. Sono demoralizzato, arrabbiato. Questa bellissima esperienza si è trasformata in un incubo.
Stefania scopre che la mamma non ha ancora fatto rientro a casa e che in realtà Aline vive con il padre. È sola. Contatto la docente chiedendo aiuto per un possibile cambio di famiglia.
Mio demerito è non aver espresso apertamente tutti i miei timori per tutelare la ragazza che ha paura di venire messa all’indice come “spia”. Non vuole parlare con l’insegnante. Ci insegnano fin da bambini che le “spie” sono infami. La legge del branco è dura, tutto sommato lei è ancora troppo giovane per fregarsene completamente: deve sopravvivere. Le dispiace, non vuole danneggiare nessuno. Compresa la partner. Ho ceduto per lei e sono qui a fremere.
Con la docente punto l’attenzione sull’incompatibilità delle ragazze e il completo disinteresse di Aline. La francese sembra non avere intenzione di fare un passo verso Stefania, la evita e non è disponibile: muta. Un muro di indifferenza. Ottengo la disponibilità della professoressa, ma quelli che pensavo essere piccoli indizi seminati nella conversazione non vengono colti. Colpa mia, le dovevo più chiarezza. Soprattutto perché ha raccolto sulle sue spalle una grande responsabilità e meriterebbe di sapere. Le chiedo perdono.
Cedo al desiderio di Stefania, intenzionato a mettere in chiaro la situazione una volta che la classe ha fatto rientro in Italia.
18.05.2019 Devo per forza stare con Aline
Il mio consiglio, quello di rimanere in casa ed evitare Aline e compagnia, non può essere raccolto. Le disposizioni dello scambio prevedono che la ragazza si accompagni alla partner fino al termine della vacanza studio.
Consiglio a Stefania di parlare chiaramente con mamma e Aline, esprimendo cosa sente. Le viene detto che mamma sarà più presente e Aline si trasferirà lì per tutto il periodo di scambio. Notizie confermate dalla docente, che ha preso in carico la vicenda e assieme alla collega in loco tenta una mediazione. Non manca la buona volontà, di questo sono conscio.
Stefania deve trascorrere un’altra triste giornata in compagnia di persone che non hanno alcun interesse per lei. Quasi tutte, alcuni gesti riescono a scaldarle in cuore anche se per un battito di ciglia. In traghetto, Giuliana chiede agli altri di fare sedere Stefania perché non si sente bene. Questo pensiero mi inumidisce gli occhi. Non piango, mai, per nessuna ragione e questo è un segno della lacerazione che provo. Tristezza. “Sono felice perché Giuliana ha pensato a me”. Poi mi arrabbio, tanto tanto. Come cazzo (perdonate il francesismo) si può essere felici di una cosa come questa? Quanta disperazione può esserci? Il cagnolino ha raccolto un biscottino da terra: il cagnolino, ben inteso, è mia figlia.
Questa sera si “festeggia” di nuovo. Stefania non vuole: poveretta, le è venuto un forte mal di testa. Non è una scusa. È distrutta, non riesce a tenere gli occhi aperti.
Sono le 20.10, mamma prepara a Stefania hamburger e patate: parlano un po’. È gentile, interessata: forse, solo troppo occupata con questioni che la affliggono. Aline, “forse”, non è un mostro e non si nasconderà sotto il letto: c’è speranza. Netflix in Francia offre una programmazione Anime da paura.
Domani è un altro giorno.
“ Forse è tutto. § Giorgio, padre single ansiotico”
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Forte e incisivo, e descrive molto bene come il vero terrore si nasconda nelle pieghe di una presunta “normalità” che è tale per gli altri e non per noi.
Mi è piaciuto il modo in cui il personaggio di Stefania e la sua solitudine emergano così efficacemente attraverso l’ansia del genitore lontano.
Triste pensare che è ispirato a un fatto reale (come mi sembra di aver capito).
Ciao Riccardo, come hai compreso il racconto è nato da una vicenda contingente. Ora, a mente sgombra, riesco a ragionarci meglio: le mamme sono tremende! 😀
Nulla toglie al fatto che nella società odierna tutti tendono all’uniformità e che la “diversità” è considerata un problema. E non solo nel caso dove la diversità in questione è “importante”, ma basata su parametri sciocchi come il gusto personale. Un tipo di musica, un tipo di abbigliamento… questo, è demoralizzante.
Ciao Micol.
Una bella boccata d’ansia! Si percepisce tutta e la senti serpeggiare intorno al collo, silenziosa.
Mentre leggevo ero consapevole che prima o poi mi avrebbe preso e, senza volerlo, ho cominciato a respirare a fatica perché questo racconto è un concentrato di emozioni che passano dalle aspettative alla delusione, e non ti dà il tempo di riflettere, come nella vita reale. Non so quanto ci sia di vissuto o cosa possa aver influenzato questo racconto, ma è molto diretto. E mi è piaciuto parecchio.
Complimenti
Ciao Fabio, non ti dico la mia, di ansia. Ora ci rido, ma quella conversazione è riportata pari pari da quella avuta con mia figlia mesi fa. Funziono così, come gran parte delle persone che amano scrivere: metabolizzo mettendomi alla tastiera. E’ un modo tutto sommato onesto per raffrontarsi con se stessi dopo del tempo e rimettere le cose a posto. La mia ansia era totalmente giustificata? La vicenda si è conclusa senza danni e mi ha fatto riflettere sul fatto che sta diventando adulta o e deve imparare a cavarsela da sola. E’ stata un’esperienza che l’ha fatta crescere e le ha fatto comprendere di essere più forte di quanto pensava. Le persone che ha incontrato non erano in fondo così “malvagie”, solo adolescenti con un diverso concetto della vita. Non posso pretendere che non faccia degli sbagli, quello che vorrei è un essere a 1.300 chilometri nel caso li facesse e avesse bisogno di aiuto.
“non essere a 1.300 chilometri”…
Oddio che ansia! Situazione verificabile purtroppo. Racconto reale e crudo… si ha bisogno di dare uno sguardo sulle ombre reali della quotidianità… sugli inadatti, sulla socialità difficile… e ci sta pure una dose di sfiga direi. Che tenerezza…
Ciao Francesca, scusa se non ho risposto prima. Ho scoperto il tuo commento solo oggi, non so perché ma a volte la messaggistica interna mi rema contro. Quanto alla sfiga tanta, tanta, tanta. Ma la sfiga esiste e dovremo essere preparati ad affrontarla. Quello che non comprendo è il motivo per cui oggi si desidera l’uniformità a tutti i costi. Mentre aspetto mia figlia di ritorno da scuola, la vado a prendere in auto, mi piace osservare la marea di adolescenti che si riversa per strada dopo essere usciti dal girone dell’Inferno dantesco chiamato Liceo. Jeans, jeans strappati, felpina, jeans, jeans strappati, felpina. Loghi bene in vista, zainetto identico (eastpack) se non per il colore. Poi, vedo arrivare Lei. Una diciassettenne vestita di nero con i capelli rosso fuoco (ora,con la ricrescita, shatush su castano scuro), a cui importa solo ciò che le importa davvero. Dei del cielo, sono orgogliosissima sebbene anche lei porti sulle spalle un eastpack 😀
Ciao Micol,
avendo una figlia già ragazzina mi sono messa nella parte del genitore ansioso che “osserva” a distanza le sofferenze del figlio, incapace di poter fare qualcosa. Io sono fumantina quando mi si tocca mia figlia, guai a chi le potrebbe fare del male, anche fosse solo morale. Sono passata per le discriminazioni dovute alla sua patologia e, se non fosse stato per evitare denunce di certa gente, sarei ricorsa anche alla violenza. Poi ho pensato che lei avrebbe avuto bisogno di me e in tutta la mia presenza, e sono tornata in me. Mi hai commosso 🙂
Ciao Isabella, in questi giorni ho imparato a contare fino a 1.300 (come i chilometri) 😉 Gli adolescenti sono un campo minato, quando poi si mettono di mezzo gli adulti è una catastrofe. Molti predicano di “diversità” quando in realtà reagiscano alla non “conformità” come ad un “fastidio”. Al pastore non piacciono le pecore colorate: o tutte bianche, o tutte nere. Danno meno da fare.
Un racconto attuale ed amaro, la conversazione su whats up, geniale. Personalmente posso dire che da autrice, blogger, giornalista, zia e donna ho sospirato leggendo le tue parole, consapevole di come la differenza fà paura. Lo vedo quotidianamente tra le vie di Roma, ai giardinetti dove anche i nostri quadrupedi vengono allontanati se diversi o bruttini. Bipedi e pelosi abbiamo tutti un cervello, cuore ed anima, oltre l’aspetto. Capisco la difficoltà di essere genitori nel nostro mondo, le vivo di zia, figuriamoci!
Però credo anche nel futuro ed i ragazzi lo sono, viaggiare, conoscere, interessarsi, sono piccoli passi verso la libertà e la consapevolezza. Voglio essere positiva e sperare nelle nuove generazioni che sono più smart e poliedriche di noi.
Ogni epoca ha i suoi figli.
Brava Micole per il tuo racconto che porta a riflessioni e confronti costruttivi, contraddistinti dal tuo stile personale, lineare, semplice ed ironico quando serve.
Ciao Faby, purtroppo è deprimente scontrarsi contro i mulini a vento. Tutti tendono a voler uniformare tutti, dimenticando che la “diversità” è “unicità”
Mi piace come sei riuscita, nel ritmo e nella struttura, a creare una narrazione comunque fluida. Un racconto sagace e attuale, ma aver green, il ruolo di genitori, qualunque sia la tecnologia a loro supporto, non è mai facile. BRAVA!
Ciao Marta, come ho detto ad altri servirebbe il libretto delle istruzioni 😉 Mah, l’unica soluzione è fare meglio che si può…
Non lo so, un figlio è qualcosa che non ho ancora sentito dentro di me di avere, forse proprio perchè appunto, un minimo si vorrebbe essere preparati anche se sai che in realtà non li si è mai realmente. Da figlia posso solo vedere e avere cognizione di quanto noi stessi, da figli, chiediamo ai genitori. Più amore c’è e più c’è facilità di sbaglio, perchè vorremmo sempre proteggere più che possiamo chi amiamo.
Spero di aver colto il senso del racconto, ma mi sembra di cogliere la tristezza della nuova generazione, intelligente e moderno usare una simil conversazione whatssapp.
Grazie Giovanni, effettivamente in questo racconto a farla da padrona è il disagio giovanile e la perdita di una “purezza” non intesa in senso fisico quanto morale.
Tastierino malevolo… a farla da padrone
Mia carissima Micol, ho colto il senso e il significato di tutta la vicenda e… mi dispiace. Da prof., da giornalista, da Giuseppe, da scrittore, da lettore, da qualsiasicosatuvoglia… questi tipi di scambi “””culturali””” NON PIACCIONO. Assolutamente, zero totale. Perché il conformarsi (nel più dei casi) non è cultura; perché sorridere forzatamente non è cultura; perché farsi piacere delle situazioni non è cultura. Gli scambi sono tali perché in quel determinato periodo ci si DEVE ESSERE per quella determinata persona. Mi spiace veramente un sacco. Sono situazioni che mi mandano in bestia. Adesso devo trovare un Drok pronto a calmarmi! 🙂
Ciao Giuseppe, da scrittore sai che la migliore terapia è la scrittura. Gli scambi culturali dovrebbero essere un punto d’incontro, un unirsi rispettoso delle diversità. Dipende dalle persone coinvolte, certo, ma un adulto dovrebbe avere la sensibilità necessaria per “capire” i suoi studenti oltre la convenienza e il fastidio di essere disturbato. Quello che mi infastidisce è pensare che alcune occupazioni non sono esattamente dei “lavori” e basta; concetto a quanto pare obsoleto.
Ben scritto davvero. Spero che sia solo un racconto ma temo di no. Da mamma mi vengono in mente tante cose, ma ne dico solo una: forza, perché tu e tua figlia siete forti, e lo sarete sempre di più!
Ciao Nicoletta, come dicevo a Dario dovrebbe esistere un manuale delle istruzioni per capire come essere genitori. Si ha sempre paura di prendere la decisione sbagliata 😉
Per Micol: a chi lo dici 🙁 l’ho cercato da tutte le parti il manuale quando sono nati i figli, ma non c’era, e non c’era nemmeno la garanzia 🙂 magari ci fossero… da ventitre anni temo di sbagliare ogni giorno, e probabilmente sbaglio ogni giorno. Si ricomincia sempre da capo 🙂
Ciao Micol, non posso prendere la prospettiva da genitore, ma quella di figlio si. Non ho mai affrontato un viaggio studio o scambio culturale, ma so cosa vuol dire essere ignorato dagli altri…
Ciao Antonino, ci siamo già sentiti in diversa sede e sai che questo raccontino è un po’ amaro. Avevo sperato di alleggerirlo con un po’ di ironia, ma tant’è: è uscito in questo modo. Il problema è che Giorgio, padre single ansioso, ha ancora qualche sassolino nella scarpa. Quanto all’essere “esclusi”, forse è un gene iscritto nel dna che si trasferisce di padre in figlio. Credo che sia quello che mi permette di comprendere il mio personaggio, Stefania 😉
Se penso che in un futuro non troppo lontano queste cose potrebbero capitare anche alle mie figlie, un po’ mi spavento. Preferisco non scendere nello specifico della situazione da te descritta, ma una cosa è certa: la società di oggi ci vuole tutti uguali, stessi pensieri, stessi gusti, non c’è posto per i “diversi.”
Fin da quando erano piccole, ho provato a indirizzare le mie figlie verso la ricerca della loro unicità; essere loro stesse nonostante il mondo. Amalgamarsi nella massa è forse la soluzione, il raggiungimento della felicità. Ma sarebbe un’emozione effimera.
Forza Dario, per me -7. Tu hai ancora qualche anno prima di dover diventare veramente ansioso 😉
Ciao Dario, ieri ti ho risposto in fretta sull’impeto del dopo pubblicazione. Sì, difficile come saper agire, Dio avrebbe dovuto consegnarci un manuale di istruzioni su come essere genitori. Penso che perseguire l’unicità sia importante, ma molto difficile. E’ una battaglia contro i mulini a vento.
Carissima Micol, hai ragione! È difficile, ma guai ad arrendersi.😁