
Via Giuseppe Manno
Serie: Città di Castello
- Episodio 1: Quartiere Stampace
- Episodio 2: Via Giuseppe Manno
- Episodio 3: Quartiere Marina
STAGIONE 1
[…] quante salite debbano affrontare loro ogni giorno perché la gente possa sollazzarsi con dei pasti ad hoc.
«Ecco a lei, buon appetito!» dice la signorina di prima, riportandomi alla realtà.
Riesco solo ad esprimerle un vano ringraziamento visto che nel frattempo, sommersa dalle varie richieste, sparisce tra gli altri tavoli. Ho ordinato un espresso doppio, ben diverso da un caffè lungo (non so voi ma qui siamo molto pignoli per queste cose) e scelto dal menù il piatto che recitava esattamente pan bauletto tostato, salsiccia, bacon, uova fritte, funghi arrosto e dolcesardo in carrozza, per poi concludere con un bicchiere d’acqua naturale a temperatura ambiente. Il piatto come al solito si presenta benissimo e le fragranze che sprigiona contribuiscono ad aumentar la mia già precaria fame. Inizio dal caffè, mentre con un leggero inchino del capo saluto un vecchio caro amico che si trova in quel momento a passar fronte il locale. Mi sento avvolto in uno spazio senza tempo, i suoni stessi tra gabbiani, traffico e mormorio dei passanti mi trasportano in questo paradiso percettivo dove la luce è la vera regina. Il caldo, il suo re. Città del Sole, un altro dei tanti nomi con cui Cagliari viene chiamata non certo a caso.
Le uova sono buonissime, gonfie, soffici. La salsiccia molto saporita, sapida al punto giusto e il pane tostato con quel suo dolce profumo è… fantastico. Il formaggio invece si scioglie appena ci poggio sopra la forchetta, lo mischio insieme a qualche fungo e piazzo il tutto sopra una fetta di pane. Un vigoroso morso mi porta alla mente il dolcesardo arrosto fatto da me, nelle occasioni familiari durante le festività.
Questo è altrettanto buono, sì, ma non regge certo il confronto.
Per questo sorrido, pensando anche al fatto che questo piatto costa quattordici euro.
Ma ci sta, d’altronde sono in una delle vetrine cittadine più in. O almeno, lo è senz’altro per me.
Nel frattempo ho quasi terminato il mio pasto e faccio a uno dei camerieri che momentaneamente guardava verso di me un gesto con la mano, come se stessi scrivendo qualche cosa in aria con una penna invisibile.
Capisce subito cosa voglio comunicargli, e si indirizza verso l’ingresso del locale.
Sorso d’acqua, mi pulisco la bocca in questo bel morbido tovagliolo con lettere ricamate e tiro un sospiro di sollievo: «Ah, ecco. Ora si che si ragiona» dico a voce alta ed in tono pacato senza che nessuno, o quasi, mi senta.
Dopo qualche minuto arriva la ragazza di prima, poggia sul tavolo un piccolo ed austero anonimo portaconto nero in vera pelle ed esclama «Ecco a lei, prego! È andato tutto bene?», in maniera assai sorridente.
In cuor mio so che è un sorriso di circostanza, eppure così reale da trasmettermi un’ottima sensazione.
La ringrazio, poggio una moneta da due euro sul tavolo e mentre raccolgo quel patetico cosetto nero inizio ad alzarmi. «Questi son per te, non mischiarli alle mance comuni. Grazie mille, ti auguro buon lavoro. Buona giornata» concludo, ormai in piedi e spingendo la sedia un po’ in avanti com’era quando sono arrivato, prima di sedermi, in modo che non dia fastidio al passaggio. Vado all’interno, alla cassa, e mostrando il conto chiedo un altro espresso. «Sono 17 euro e 60 centesimi, mentre questo caffè… glielo offro io» mi dice, altrettanto sorridente, il giovane alla cassa. «Claudia, puoi fare un espresso al signore, per cortesia? Al banco» domanda retoricamente alla collega, la quale con un rapido «Certo, arriva subito» stava già iniziando a pigiare la levetta del dosatore automatico riempendo così del tanto giusto il gruppo da uno. Con l’apposito pressino ne preme poi la macinatura e avvita il suddetto, calca il tasto corrispondente ad una sola tazza sulla ben lucida Cimbali M26 che emette finalmente il suo inconfondibile rumore. «Prego, ecco a lei, lo poggio qua» dice proprio Claudia qualche secondo dopo, avendo notavo che stavo finendo di sistemare gli spiccioli di resto appena datomi dal cassiere.
Bevo così il mio secondo caffè e sono pronto per la passeggiata, oggi vado verso il Bastione di Saint Remy.
Mi aspetta dunque circa mezzo chilometro a piedi, in salita.
Ottimo per sgranchirsi le gambe e mandar caparbiamente giù quest’ottimo pasto.
«Buonissimo, grazie» dico alla ragazza al bancone, dirigendomi verso l’esterno e aggiungendo un «buona giornata ragazzi, arrivederci», contraccambiato da altrettanti ringraziamenti.
Adoro i modi educati di questa città, conosco bene i posti in cui aspettarmi certe maniere e ormai da essi quasi le pretendo. Mi fanno sentire a mio agio.
Eccomi dunque nuovamente all’esterno, intento ad attraversare e passando così sotto il signor Carlo che svetta ancora ahimè calcistico, superando l’ultima parte delle strisce pedonali trovandomi così all’inizio di via Manno.
La salita già mi si mostra davanti, nella sua più completa fierezza che avvolge in un lento e pacato moto ondoso chi invece la percorre nella maniera più semplice, cioè in discesa. Inizio a camminare, a passo deciso, osservando varie vetrine e guardando di tanto in tanto i visi dei passanti. Diversamente dai negozi, di questi ultimi non ne conosco nessuno e senso di malinconica monotonia inizia a pervadere in me. Mi sembra tutto così piatto, ovattato.
Noto cicche a terra sparse un po’ ovunque a cui prima forse non facevo caso, spuntano cartacce, pezzi di plastica trasportati dal vento in confusionarie coreografie, finché…appare lei. La vedo, improvvisamente.
Non so se si trovava già lì o se io me ne sono accorto solo ora, oppure è proprio apparsa dal nulla.
E in realtà nemmeno m’importa, tutto ciò che penso e realizzo è che non riesco a staccarle gli occhi d’addosso.
Non voglio, staccarglieli.
Regge un guinzaglio rosso, ha uno di quei cani che credo sia un Pomerania. Volpino di Pomerania, se non sbaglio si chiama così.
Sì, quelli che sembrano dei cuscini in piuma, tipo dei peluche rotondi tutti di gonfio e morbidissimo pelo.
Ha un classico manto beige, chiaro, che in diversi punti sfuma in un bianco panna.
Sembra che il tempo si sia quasi fermato, non solo per me, no.
Sembra anche per lei, ed ora che intravedo meglio il suo viso, vi noto alcune dolci e sinuose rughe.
«Chi sei?» mi domando, con la non poca curiosità e momentanea eccitazione.
Serie: Città di Castello
- Episodio 1: Quartiere Stampace
- Episodio 2: Via Giuseppe Manno
- Episodio 3: Quartiere Marina
Mi piace. Spero di leggere il seguito
Mi fa piacere ti sia piaciuto, cosi come il fatto che hai lasciato un commento! Uno degli obiettivi della serie è quello di far viaggiare il lettore all’interno dei principali quartieri del capoluogo sardo, il tutto condito da una storia all’interno che agisce quasi da cicerone. E viceversa, in pratica luoghi e storia si danno a vicenda il turno per avere la scusa di poter narrare liberamente e coinvolge qualsivoglia lettore si presti a tutto ciò.
La descrizione del pasto è così dettagliata da trasmettere le sensazioni provate dal protagonista.
Sembra proprio di essere lì, seduti a quel tavolo, circondati da odori e sapori d’ogni tipo.
Ora, però, sono curioso di sapere chi sia questa donna. 😎👌
E credimi, quando dico che il dolcesardo arrosto lo faccio meglio io 🤣! Felice di aver coinvolto le tue percezioni, per me è un umile ragione di orgoglio. La donna? Beh, lei è lì… chi ha occhio per vedere, vedrà…