
La paura dell’abbandono
Era l’estate del 1997.
Per la precisione la notte di ferragosto.
I ragazzi organizzavano sempre un falò in spiaggia e lo facevano da quando erano piccoli.
Nel pomeriggio preparavano una bella buca grande e andavano in giro per il lido a trovare pezzi di legno. Vicino alla pineta era sempre stato il posto migliore.
Raccolti i soldi, quattro di loro venivano incaricati di fare la spesa. Due bei filoni di pane per le bruschette, salsicce da spaccare e mettere sulla griglia, acqua, birra e bibite gassate a volontà. La stessa lista da sempre.
Alle 19 in punto si ritrovavano tutti insieme. Il tempo di organizzarsi, accendere il fuoco e svuotare le borse con le cose da mangiare e da bere.
In lontananza il sole avrebbe continuato a fissarli ancora per un po’, prima di andarsi a nascondere sotto le onde.
Paolo e Francesca arrivarono più tardi del solito. La piccola Maria aveva un anno e quando il papà e la mamma salutarono il resto del gruppo, dentro al passeggino dormiva ancora.
Erano rossi in faccia. Ultimamente succedeva spesso che alzassero la voce e volassero parole forti.
Tutto sommato la serata andò bene. Il buio sui volti dei due ragazzi si diradò piano a piano. Le chiacchiere, mescolate al solito amico che in sottofondo strimpellava una chitarra, aiutarono a distendere l’atmosfera e a sciogliere anche la nodosità di quel nervosismo iniziale.
Allo scoccare della mezzanotte tutti quanti corsero a fare il bagno.
Appena si riposizionarono intorno al fuoco con i corpi sgocciolanti, le risate stampate in faccia e il tasso alcolemico a rinforzare l’allegria, si accorsero di una cosa strana: Paolo e Francesca erano spariti.
Non fecero in tempo a giocare a ping pong con gli occhi, che il morbido rumore della risacca fu soffocato da un urlo spaventoso.
Si spostarono di qualche metro dal falò e dopo essersi fatti ingoiare dall’oscurità, trovarono nell’ordine. Francesca accasciata sulla sabbia, in una pozza di sangue. Paolo con gli occhi di vetro, che teneva ancora in mano un coltellaccio. Maria che piangeva disperata dentro al passeggino.
Il ragazzo, risputato fuori da un rigurgito di lucidità, si girò verso di loro e disse singhiozzando: «È stata tutta colpa sua. Mi ha detto che non mi amava più».
Il carcere, Paolo sa di esserselo meritato. Venticinque coltellate sono davvero troppe per qualsiasi tipo di spiegazione o giustificazione. Maria non ha più una madre e la famiglia della donna morta, lo vorrebbe vedere sopra una sedia elettrica. Lui ne è consapevole. Quello che ha fatto è orribile ed è giusto che rimanga lì, fino alla fine dei suoi giorni. Ogni tanto dal carcere lo fanno uscire. Lo prendono e lo spostano in una specie di comunità. È un premio per la buona condotta, guadagnata tra le sbarre. Paolo si è messo ad aiutare le persone. Lui che aiuta gli altri è davvero il colmo. E invece lo fa. Dicono che gli riesca pure bene. Sembrerebbe aver ritrovato la pace con sé stesso. Ha capito cosa vuol dire la paura dell’abbandono. Per questo passa tanto tempo accanto alle persone che ne hanno bisogno. Che chiedono aiuto. Lui non fa niente di speciale. A queste persone dice semplicemente che non devono avere paura e che non sono sole.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Non mi aspettavo l’omicidio in spiaggia 😱 Ma pensandoci bene, è proprio così che accadono queste cose: quando meno te l’aspetti 😔
Ciao Arianna! Purtroppo la penso esattamente come te, ecco perché ho impostato il pezzo in questa maniera. Grazie per il tuo passaggio e le tue parole!
“Sembrerebbe aver ritrovato la pace con sé stesso” Non lo so quanto sia davvero possibile e sicuramente, questo genere di violenza lascia sempre dietro di sé una scia di esseri umani traditi che invece questa pace non la troveranno mai.
Hai affrontato un tema difficile, che in quest’ultimo periodo si mostra in tutta la sua complessità. Lo scenario in cui questo dramma si consuma è descritto alla perfezione: la follia che emerge dalla quotidianità, una personalità debole che non sa accettare il cambiamento o il rifiuto, ( questo è un elemento che potresti approfondire se decidi di svilupparlo).
Sulla scrittura, non posso che confermare quanto detto altre volte: chiara, precisa e immersiva. Complimenti!