
Lo so che mi sei mancato
Mi manchi tanto, come non mi sei mai mancato, mai come nemmeno tutte le volte che abbiamo rischiato di perderci, sai quelle in cui io mi accucciavo sul divano e tu testardo mettevi quattro stracci in una borsa e spalancando la porta te ne andavi, io piangevo assente, poi tornavi, avevi sbagliato dicevi, e dicevi che ti mancavo, come sempre, sempre come tutte quelle volte che siamo riusciti a rimanere insieme, sai quelle dove buttavi la giacca all’ingresso, passavi la cucina, mi guardavi piano e mi trascinavi nel letto, facevamo l’amore è vero, ma non era solo per quello, stavo attimi lunghissimi e indecifrabili solo in silenzio, ad ascoltarci, ad amarci di sguardi, oggi mi chiedo se sia possibile amarsi così, ma noi lo facevamo benissimo, siamo la prova del possibile che si è scontrata con l’impossibile condivisione di una vita, ancora, insieme.
E quindi mi manchi, come non mi è mai capitato, come quando inizi a nuotare e ti accorgi di quanto la riva sia lontana solo quando arriva la stanchezza, che quando ci si allontana è sempre così, sembrano solo quattro bracciate, quattro passi, una porta chiusa, i primi giorni senza dirsi niente o i primi compleanni in cui gli auguri saranno assenti e passano gli anni e gli scogli diventano discosti e lì, nel mezzo di un’acqua che non sorregge più le gambe e di un amore ormai distante, rimane la paura del vuoto e del nulla, l’inghiottimento di un mulinello efficace come la malinconia, quella che non puoi scacciare via con più fiato, nuotare controcorrente ti porta solo più distante dal punto d’arrivo, esattamente come andare contro cuore e provare a smettere di pensarti perché più mi sforzo più torni presente, il mulinello ricompare a stringersi ed io ci affogo dentro, non mi sei mai mancato così e non sono pronta a viverti in questo modo.
Ero felice quando ci siamo lasciati, felice come lo può essere una donna che crede nel per sempre e sceglie la strada del mai più, come io fatto con te, ma stavo bene, ti immaginavo lontano ed ero certa che la tua perdita potesse essere ricchezza anche se qualche sera ancora ti rivedevo sul cuscino accanto al mio e le tue parole crociate nella mano, la pancia morbida a incorniciare gli inizi delle lenzuola, il tuo petto nudo allineato al mio per poi capire con due respiri che entrambi volevamo spegnere le luci e allora le spegnevamo, le mani vicine a parlare una lingua che giuro, dovessi scriverla, non saprei con quale lettera iniziarla.
Mi sei mancato sempre un po’, forse come quando già intuivo che la nostra ingenua e folle volontà non sarebbe bastata, che la nostra strada se ne sarebbe andata verso un bivio in cui ognuno avrebbe preso una direzione diversa da quella dell’altro, eppure ci ho creduto e ti ho amato e quindi non mi sei mancato così tanto nella vita, non mi sei mai mancato come ora, ora che guardo fuori e mi preoccupo nuovamente per te, ora che di nuovo vorrei dirti quali film sarebbe bello vedere assieme, io che non riesco ad andare in macchina con qualcuno che non sei tu e mi manca il profumo del tuo giubbino di pelle, quello spesso e marrone, consumato di viaggi a due ruote e di quei nostri baci senza caschi e contro le siepi, quello che ho indossato nuda per te e ci ho fatto le foto come un buffo calendario, chissà se ti ricordi che l’ho fatto solo per te, con gli stivali alti fino al ginocchio a scendere le scale e dirti amore, il tuo sguardo lungo le mie gambe e un sorriso fugace e poi subito in braccio a te, i polpacci legati alla tua vita, quando davvero la nostra storia sembrava infinita, e poi mangiavamo gli spaghetti cinesi, quelli che mentre li preparavo venivi sempre a rubarmi i gamberetti da dietro la schiena, ricordo che erano giorni in cui si rideva, ricordo anche il tuo volto verso il cielo, le braccia tese sulla ringhiera e uno sbuffo di fumo denso a salire tra le nuvole, prendevi il portacenere sul tavolino di legno del giardino, spegnevi la sigaretta piano e mi tornavi accanto, dicevi che eri a casa e che tutto questo ti bastava, ed io ci credevo perché quando aprivo la porta con le chiavi tintinnanti di sogni e progetti, sapevo di trovare i tuoi segni tra le pareti o tra i bicchieri sporchi e frastagliati di schiuma di birra a farmi credere che il nostro presente avrebbe potuto essere comunque sempre il nostro futuro, così quando sei tornato a mancarmi era più la nostalgia di un noi passeggero a cui ancora dedicavo qualche delicato pensiero, innocente e poco delineato, come le lucciole nelle notti d‘estate, presenti ed insieme intermittenti, sei sempre passato nei pensieri ma non ci sei mai restato, esattamente come non sei rimasto nella mia vita, il tuo ricordo più dolce di come sei, il gusto amaro nel sapere di averti amato e avere questo sentimento al passato, mentre adesso mi manchi tanto e anche a volertelo dire non saprei darti nemmeno una ragione, non una folle non una concreta, nemmeno una romantica, è che se non come eravamo allora, a far l’amore appena ne avevamo voglia o giocare con le fedi al dito e prometterci di essere moglie e marito, adesso vorrei comunque vederti ogni tanto, ancora, appoggiato a qualche ringhiera e sapere quali sigarette fumi ora, se la birra la prendi ancora con la fetta di limone ficcata dentro la bottiglia, se hai avuto qualche altra storia e anche questa è finita, se perché no anche io ti manco ancora, se ti è rimasto un eco muto di profumo, il mio, tra le righe sottili della tua dita, se gli anni passati distanti hanno cambiato i volti e ci hanno fatto più stanchi, se adesso che sono una donna riesci ancora a riconoscere la ragazza che ero, se per davvero un giorno ci vedremo con i capelli bianchi, anche se sarà senza quelle fedi al dito e senza quelle scale da scendere nuda per correrti incontro e farti far l’amore dove siamo, senza darti tempo di pensare e solo per farmi travolgere e farmi baciare, ma anche senza quelle scale e quei baci, quelle fedi da far girare come trottole vagabonde in cerca del loro amore, io avrò sempre curiosità di te, di come sei, la tua visione di presente contro la pellicola di un film agrodolce tessuto sul tuo viso di come sei stato, il tuo ciuffo ribelle, lo so, ormai corto e tagliato.
Lo so che l’hai tagliato e lo so che mi sei mancato, so di nuovo che sigarette fumi e che la birra la prendi come ti capita, magari accompagnata da una focaccia piena di tutta quella roba piccante con cui spesso ci siamo imboccati nelle passeggiate lungo le mura o sui tavolini travolti di vento della città.
So di nuovo tutto questo e mi fa strano che appena qualche mese ti ho rivisto, che ancora, nel non sapere nulla dell’altro per anni, in tutti gli auguri mancanti, ci siamo trovati con le mani sotto i vestiti e i sorrisi accesi a dirci che siamo ancora a noi, e stupirci che questo fosse possibile.
Quella sera non mi mancavi e non mi sei mancato, e tu inaspettatamente mi hai baciato.
La fine di luglio sull’orlo del mio abito e il caldo aderente sui tuoi jeans stretti, ricordo tutto quello che ci siamo detti, tutte quelle parole rimaste in sospeso, come ancora il centro di quel mulinello che lascia in apnea, che non fa dire parole ma cerca solo fiato e noi l’abbiamo trovato, quella sera, in quell’abbraccio che è durato fino alla mattina successiva, e ora lo so che mi sei mancato.
Sono stato bene mi hai detto, ed eravamo sotto un cielo nero coperti da una macchina che non era più la nostra e che era ancora per quella sera come una piccola casa momentanea, i lustrini del mio lucidalabbra sulla tua guancia e tu che nel mio abbraccio sembravi tornato felice, voglio rivederti mi hai detto, io ci ho pensato, non cercavo nulla che fosse altro che un vecchio amico, anche se noi amici non lo siamo mai stati, perennemente inadatti ad un ruolo che adesso vorrei poterti cucire addosso per soffrire di meno e salvare quel minimo di idea di noi che nuovamente si incastra fra la mia pelle e il mio cuore.
Tre giorni chiusi in un letto dopo tre anni senza esserci visti, e lo abbiamo fatto davvero e lo so che mi sei mancato e ora vorrei non averlo fatto, e non per la pelle che quella te la darei sempre e che mai rimpiango essere stata tua, ma per la certezza che forse è stato quello il nostro vero addio e adesso non ci saranno più occasioni per dirci come siamo e capire che forse, ancora, ci manchiamo.
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Amo il modo in cui hai narrato il tutto, molto intensa ed anche melodiosa
@leonardo_ceccarini wow grazie, ne sono davvero lusingata! Grazie mille, mi fa piacere 😀
“…ma per la certezza che forse è stato quello il nostro vero addio e adesso non ci saranno più occasioni per dirci come siamo e capire che forse, ancora, ci manchiamo.”
Marta, tu hai la straordinaria capacità di farmi amare un genere che normalmente non prediligo. È quasi come se questa storia iniziasse in bianco e nero e, pian piano, si arricchisse di colori… di sfumature via via sempre più ricche e dettagliate. Questo perché sei magistrale nel dipingere emozioni, sensazioni, memorie, stati d’animo… passato, presente e futuro. La tua, insomma, è l’abilità di una vera e propria artista.
Complimenti! 🙂
@giuseppegallato effettivamente entrambi scriviamo un genere magari meno consono all’altro e questo cosa che ci apprezziamo tanto lo stesso, mi fa davvero un enorme piacere!
Mi piace tanto giocare con i tempi e mischiarli, come penso che poi accada davvero nella vita… l’inizio parte caotico, forse come dici tu più netto fra il bianco e il nero per poi sciogliersi, ti ringrazio davvero di tutti i complimenti, soprattutto per aver citato il finale, che secondo me è la parte più concentrata, e dove passa l’essenza della mancanza, della vita e di questa storia, grazie davvero!!!
Un racconto che mi è molto piaciuto. Il secondo che leggo della stessa autrice che non conoscevo e mi ha conquistato.
Un racconto breve ed affascinante che racconta magistralmente emozioni e sensazioni che solo l amore sa relagare tra silenzi e ricordi. Lo stile fluido e semplice regala descrizioni preziose in cui ogni lettore si può riflettere come in uno specchio.
@fabyfabiana ti ringrazio prima di tutto per avermi cominciato a leggere, sono poi contenta che questo racconto, in cui sono principalmente le emozioni a scorrere, senza alcun tipo di azione vera e propria. Felice di averti emozionata 😀
Bel racconto, cm sempre riesci a trasmettere le emozioni che vuoi. Per il discorso del lettore alla fine la prima persona a cui deve piacere la storia che si scrive è lo scrittore stesso e poi sperare che sia un piacere condiviso anche da tanti altri 😉
@danieleparolisi grazie, è bello sapere di riuscire a trasmettere le emozioni che si vogliono, e sì, ti do ragione sul discorso del lettore, tutto parte soprattutto da chi la storia la scrive e la vive con se stesso. Grazie per avermi letto!
Mi piace, lo adoro come prende veloce il via ansimando e saltando qui e lí tra metafore e ricordi non troppo vaghi.
Ho adorato come si è evoluto, non solo come sfogo ma anche come ricerca erotica di quei momenti che solo ad immaginarli se ne diventa immediatamente partecipi,immedisimandosi come pochi scritti ti lasciano fare
Brava, complimenti come sempre.
Caro @franksato mi piace il termine ansimando, rende proprio l’idea dell’inizio di questo processo emotivo di elaborazione, sono anche contenta che tu abbia colto un lato leggermente erotico, perchè c’è, rimane nell’aria attaccato a quell’amore, e sono davvero felice di averti reso partecipe! Come sempre grazie a te, per leggermi.
Non vorrei essere blasfema ma sei una ” fotografa di carta” dell’ anima.Hai fatto una stupenda fotografia dell’ anima a un amore, non un amore qualunque, un amore di quelli eterni, che vanno oltre la realtà e ti entrano nel cuore cervello e gambe.Si sente lo scorrere dei giorni, gli alti e bassi del cuore, la melanconia e la forza,MERAVIGLIOSO
@elygoccedirugiada lo devo ammettere, mi hai fatto commuovere. Fotografia dell’anima e dell’amore è bellissimo, volevo appunto dare voce a quello che dentro, più o meno tutti, possiamo provare nell’amare e nelle considerazioni che ne possono venire.
Sono emozionata e felice di averti dato questa sensazioni, e ti ringrazio immensamente per avermi letta, davvero in tutti i sensi!
Uno sfogo, libero da catene. Un fiume di pensieri, di rimpianti, voglia di ricominciare e paura di perdersi definitivamente. Quando la Marta “gioca” con le emozioni non sbaglia mai.?
@dariopez come già detto, nasceva senza rimpianto ma ci può stare che nella fine di qualcosa di importante questo si percepisca. Comunque sì, voleva esserci libertà dei sentimenti, e ti ringrazio per avermi letta, la solita Marta apprezza molto 😀
Una specie di “confessione” della protagonista, carica di sentimento e di nostalgia, e sembrerebbe anche di un po’ di rimpianto. Non c’è una storia vera e propria, è un monologo interiore, e in questo senso il racconto potrebbe non prendere l’attenzione di qualche lettore, però e molto intenso, e questa intensità che permea ogni passaggio è il suo aspetto principale.
@massimotivoli mi è difficile pensare ad un pubblico quando scrivo, qualcuno dice che bisognerebbe pensarci, se si scrive poi anche per gli altri, a me è un passaggio che riesce poco, effettivamente non c’è una storia, o meglio una trama che narra vicende specifiche e sviluppate in azioni precise, è lo svolgersi di un lungo pensiero interiore che poi ripercorre anche le azioni, seppur intime e solo narrate.
Io non l’ho scritto con la nota principale del rimpianto, ma ci può stare, come in ogni storia che finisce, il senso voleva essere quello umano, anche in parte femminile, di dare continuità a qualcosa che forse davvero non poteva essere, ma che vale la pena di essere vissuto, di sicuro ricordato, da qui non un racconto, ma solo e principalmente uno sviluppo interiore, di cui ti ringrazio di aver colto a pieno il senso. Grazie davvero 😀