
F60, anno Domini 2056
Serie: Futurguerra aerea
- Episodio 1: Su-900, anno Domini 2058
- Episodio 2: Steel Eagle, anno Domini 2058
- Episodio 3: Ripper Bug 99, anno Domini 2059
- Episodio 4: B100, anno Domini 2051
- Episodio 5: F50, anno Domini 2052
- Episodio 6: MiG X, anno Domini 2055
- Episodio 7: F60, anno Domini 2056
- Episodio 8: Storm Basilisk, anno Domini 2056
- Episodio 9: Ruiseñor, anno Domini 2057
- Episodio 10: Mirage Dassault France, anno Domini 2057
STAGIONE 1
«Mai visitata la Turchia.»
Fabio rise. Era seduto davanti al navigatore. «Augurati di non vederla mai più così tanto da vicino.»
Quell’F60, con tutti gli altri, stava puntando su una città dell’Asia Minore. Non era Istanbul né Ankara, ma Bodrum. Era un luogo dove era fiorente il turismo e aveva pure dei resti del passaggio dei romani. A Fabio non interessava. Dove sarebbero passati quegli F60, ci sarebbero state nuove macerie.
«Me lo auguro.»
«Sì, sì.»
«Capitano, scenda un poco. Fra qualche minuto siamo sopra la città.»
«Okay.» Manovrò con la cloche, discese.
Anche gli altri cinque F60 fecero lo stesso.
Era un bel gruppo, quello. Fabio non sapeva di chi era stata l’idea, ma il nome della squadriglia era “Paperi in armatura”.
Fabio aveva letto alcuni fumetti della Disney in cui Paperino era un cavaliere medievale. Forse, l’idea del nome aveva origine da una di quelle storie.
Paperi in armatura.
Gli F60 sono uccelli metallici, certo non con i piedi palmati. L’armatura era magari il metallo di cui erano rivestiti?
Dopo tutto quel tragitto partendo da Creta, Fabio vide la terraferma e scacciò quei pensieri.
«Eccola, capitano.»
Fabio borbottò via radio.
Il colonnello che guidava la formazione fece una parola di assenso.
Gli F60, adesso, erano bassissimi.
Fabio guardò il puntatore il quale in quel momento si accese a intermittenza.
La mano destra di Fabio lasciò la cloche e premette il pulsante. Nell’abitacolo si sentì uno schiocco.
«Fuoco di contraerea su di noi!» avvertì un altro capitano pilota della squadriglia Paperi in armatura.
Fabio se ne disinteressò. Premette un secondo pulsante e gli aria-terra iniziarono a sbocciare come fiori di una primavera prematura.
«Capitano!…» disse il navigatore, all’improvviso preoccupato.
Fabio grugnì. In quel momento, dal vano bombe gli aria-terra si staccavano e calavano contro il suolo.
La punta dell’ala sinistra si accese di una luce diabolica.
Fabio scrutò e respirò un po’ più di ossigeno attraverso la maschera. Almeno uno o due centimetri dell’ala erano saltati via. Il proiettile che aveva danneggiato l’F60 era stato così veloce – e delicato – che neppure aveva destabilizzato il volo.
«Martino, rilevamento danni?»
Il navigatore gli disse quel che già aveva constatato da solo, ma aggiunse: «Stiamo perdendo potenza.»
«E che dobbiamo fare? Staccare del tutto l’ala sinistra?» bofonchiò stizzito.
«No. Credo proprio che perderemo sempre più quota e dovremo fare un atterraggio di emergenza.»
«Fra i kebabbari? Ci tortureranno!»
«Spiacente, ma è questa l’unica cosa.»
«Se solo potessimo essere soccorsi in fretta…» Diventò pensieroso.
«L’apparecchio è perduto. Lo sarebbe in ogni caso.»
«Certo, certo.» Intanto, cercava di mantenere l’assetto di volo. L’ultimo aria-terra si staccò fall’F60 in quel momento. «Ma è meglio un Papero in armatura che non è recuperato da nessuno, piuttosto che una preda di guerra dei kebabbari.»
«I kebabbari hanno degli F60 come questo, capitano.»
Stava tenendo duro. «Ma non un preciso Papero in armatura. Senza contare che potrebbero scoprire informazioni sensibili come quante bombe riusciamo a portare, o che armi possediamo per difenderci. I nostri F60 non sono proprio identici. Gli F60 italiani hanno differenze da quelli dei kebabbari. Senza contare che non sarei contento che un nostro F60 sia usato per bombardare i nostri.»
«Cosa propone?»
Fabio parlò al colonnello via radio. Spiegò la situazione e aggiunse: «Ho io un’idea. Quella che lei aveva esposto una volta di tempo fa.»
«Me lo ricordo. Va bene. Buona fortuna.»
Fabio manovrò il Papero in armatura. Fece una brusca virata.
Da sotto, i kebabbari cercarono di azzannare di nuovo le ali o la carlinga con il fuoco di contraerea, ma ora Fabio era più accorto.
Lasciata Bodrum, Fabio sorvolò il mare. Si diresse verso occidente, verso Creta.
Per un momento Fabio si sentì ottimista. Forse ce l’avrebbero fatta a tornare sulla “portaerei” italiana che aveva fatto da trampolino di lancio dell’offensiva nell’Egeo dopo che la Turchia aveva aggredito la Grecia – ormai tutti chiamavano Creta la “portaerei”. Poi, l’F60 perse sempre più potenza.
Possibile che fosse bastato danneggiare la punta dell’ala sinistra perché ciò succedesse?
Fabio deglutì tanti F60 al vedere che l’ala sinistra stava sempre più dilaniandosi. Pezzo dopo pezzo, il metallo sfuggiva e l’ala era sempre più scarnificata per colpa dell’attrito con l’aria.
La “portaerei” era lontanissima.
«Martino, eiettati tu per prima.»
«Ma… capitano, io…»
«Vuoi rimanere a bordo?» gli si rivolse con un ghigno. Poi, segnalò all’imbarcazione più vicina che cosa stava succedendo.
Una fregata francese era in zona. Sarebbe stata quest’unità a soccorrerli.
«No. Ma…»
«Eiettati» ordinò senza rabbia ma solo in tono secco.
«Come vuole lei.»
Ci fu una piccola esplosione e il seggiolino del navigatore, alle spalle di Fabio, fu espulso. Il vetro dell’abitacolo era stato spazzato via e Martino si ritrovò a mezz’aria.
Fabio cercò di trattenere un po’ di più l’aereo, ma ormai era chiaro che il Papero in armatura era perso per sempre. Sarebbe stato il Mediterraneo a custodirlo, poi l’acqua salata avrebbe deteriorato il metallo fino a ridurre la struttura in una lamiera arrugginita.
Quando l’F60 era a cento metri d’altezza, Fabio tirò una leva.
I razzi si accesero e Fabio sentì tutto di quell’urto. Da che procedeva a cinque Mach, si ritrovò in cielo.
Il paracadute si aprì, il sedile si staccò da Fabio che aveva sganciato la cintura. Al sedile c’era attaccata la bombola di ossigeno. Fabio perse la maschera e respirò l’aria salmastra. Finì in acqua, si tolse di dosso il tessuto del paracadute e maneggiò con il gommone gonfiabile. Riuscì ad aprirlo e ci salì sopra. Era abbastanza per reggere un uomo di ottanta chili. Allora, gettò in acqua un barattolo.
L’acqua si tinse di rosso in fretta, formando una macchia di cinque metri. Chiunque l’avrebbe vista.
Mezzo chilometro più a est c’era una situazione identica.
Era Martino.
Intanto, una fregata con uno strano tricolore stava avvicinandosi da meridione.
Fabio aveva solo un certo dolore alla schiena.
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- Episodio 10: Mirage Dassault France, anno Domini 2057
Ciao Kenji, apprezzo sempre il tuo incedere secco e preciso, e trasmetti la giusta adrenalina mixata con un amaro cinismo che ben si combina con le situazioni da te descritte, anche con evidente realismo, tratteggiato egregiamente con le splendide quanto pericolose evoluzioni. Ma è significativo anche il senso di sacrificio di alcuni uomini che trasmette una profonda amarezza resa ancor più potente dal tuo crudo incedere, soprattutto nelle frasi finali, ciniche e spietate come la realtà… alla prossima!
Ciao Antonino! Grazie per avermi letto e, soprattutto, per l’analisi. Adesso guardo il tuo messaggio privato…