Le turbolenze dell’anima

Clara cammina pensierosa con gli occhi rivolti al marciapiede. Nella sua testa grappoli confusi d’immagini giocano a rincorrersi come bambini in un campo giochi.

Il viaggio è stato massacrante, come succede quasi sempre nelle tratte intercontinentali, e neppure il tiro di coca che si è fatta in hotel prima di uscire ha avuto l’effetto sperato.

È stanca, un po’ giù di morale, ma non aveva nessuna voglia di starsene chiusa in una stanza d’albergo. I colleghi sono andati tutti a riposare, lei no. Si è tolta la divisa, ha fatto una doccia bollente e poi si è tuffata nella città. È la sua prima volta ad Hanoi e nel Vietnam.

Guarda la gente che le cammina di fianco chiedendosi come sarebbe vivere lì. In realtà non gli interessa veramente, ogni posto è uguale all’altro quando non si è soddisfatti della propria vita.

Ricorda che quando l’aereo, qualche ora prima, ha cominciato a perdere quota, non si è preoccupata più di tanto. Sì, ha avuto paura, è una cosa istintiva. Chi non l’avrebbe? Ma del dopo non le importava: lo schianto e poi tutto sarebbe finito. Un boato liberatorio, e poi più nessuna decisione da prendere, nessuna delusione da sopportare, niente più mediazioni e compromessi.

Quasi diecimila chilometri la dividono da casa, ma sono molti di più quelli che la separano dalla sua vita, da quella che sperava sarebbe stata la sua esistenza. Le aspettative erano altre quando aveva deciso di intraprendere la carriera di hostess. Ora si sente come un pacco postale, con pensieri, emozioni e sensazioni che vengono sballottati all’interno del suo involucro di carne senza il minimo riguardo. A conferma di ciò la sua sensibilità viene subito azzannata dal pensiero che la mattina successiva sarà già tempo di ripartire. Altro giro altra corsa. Venghino signori venghino!

Con un’espressione di disgusto sul viso si appoggia al muretto che costeggia il fiume. L’acqua è placida e un battello scivola sulla sua superficie in un movimento pigro e rilassato.

Vorrebbe essere come quell’imbarcazione Clara, muoversi tranquilla e sicura nelle acque del proprio presente e futuro, invece si sente come uno dei milioni di veicoli che solcano le strade della capitale. Una delle tante esistenze intrappolate in un traffico disumano, marionette capaci di muoversi solo a strappi, in maniera sincopata, senza armonia e leggerezza.

Gli alberi sulla collinetta dall’altro lato della riva sembrano ridarle un minimo di serenità. Quel verde di fine estate gli esplode negli occhi come una promessa benaugurante, anche se sa che alla fine si dimostrerà ingannevole ed effimera. Tutto quel verde presto muterà in un caleidoscopio di colori, un carnevale di foglie carico di uno strano mix di allegria e malinconia, per poi scomparire nell’abbraccio dell’inverno. E poi? Altro giro altra corsa. Tutto si ripete.

Quei pensieri vengono stoppati dai trilli del cellulare. Clara legge il nome sul display e risponde.

«Ciao.»

«Ciao Clara, come stai?»

«Bene. E tu?»

«Mi manchi Clara. Ti amo. Non resistevo, dovevo dirtelo. Ti amo da impazzire.»

Clara ride, poi guarda l’orologio. Sono le dieci e un quarto della mattina lì ad Hanoi. A Londra invece devono essere circa le tre di notte. Si immagina Adam mentre si rigira tra le coperte con la voglia di chiamarla, per poi alzarsi nel cuore della notte e telefonarle di nascosto dal bagno. Quel termine, di nascosto, le fa dimenticare la risata di prima.

«Quando rientri a Londra dobbiamo vederci Clara. Ti devo dire una cosa importante, davvero. Magari andiamo in quel ristorante italiano, quello vicino a Temple Church. Cosa dici?»

«Va bene.»

«Ti piace, vero?»

«Sì.»

«Ora devo lasciarti amore, mia moglie si è svegliata. Ti amo.»

«Ciao.»

La comunicazione si interrompe e Clara si lascia scappare una lacrima. Ma perché tutto deve essere così dannatamente incasinato? È innamorata di Adam, ma sa che è una storia senza speranza. Sa già quello che deve dirle, ovvero che lascerà la moglie e andranno a vivere in un nido d’amore tutto loro in un quartiere residenziale alla periferia di Londra, lontano da tutto e tutti.

Lo sa perché già un altro paio di volte le ha fatto quella promessa. Promesse da marinaio pensa Clara, anche se Adam odia il mare. No, questa volta non si lascerà incantare. Andrà all’appuntamento, ma gli dirà che è giunto il momento di guardare in faccia la realtà e troncare quella storia fatta d’amore ma anche di tante illusioni. Forse troppe.

Mentre cammina in direzione del suo albergo una brezza piacevole le accarezza il viso. Sulla strada trafficata i taxi sembrano ingaggiare una gara tra loro per portare i clienti a destinazione nel minor tempo possibile. I clacson delle auto sferzano l’aria, cercando di afferrare i motorini che fanno lo slalom tra l’esercito impazzito di quattro ruote. Sul marciapiede, sotto un albero invaso dallo smog due ragazzi si stanno baciando. Lui è bianco, sembra un tedesco, lei è del posto. Tutti e due hanno gli occhi chiusi. Lui le accarezza il viso, lei ha le mani adagiate sul suo torace. Non stanno fingendo, quello è amore vero. Sembrano immuni a tutto, protetti da una sorta di bolla impenetrabile e infrangibile. Ogni cosa deve essere tenuta fuori dalla loro tenera intimità: i rumori del traffico, la nuvola pestilenziale dei gas di scarico, gli occhi di Clara.

Lei li guarda ancora un istante e sente il suo sguardo spegnersi in un rantolo d’invidia.

È quella la vita che ha sempre desiderato? Viaggiare senza sosta da un angolo all’altro del pianeta? Dividere i ritagli del suo tempo con un uomo sposato sapendo che non sarà mai totalmente suo? Trafiggere con occhi ricolmi di gelosia le schiere di amanti che popolano le strade del mondo solo perché lei non riesce a vivere la loro favola?

No. Quella è l’unica risposta possibile. No. Nel momento in cui rientra in albergo Clara prende la decisione di riafferrare per mano la sua vita. Non sarà facile, lo sa, ma ci metterà tutta se stessa.

È stanca di sentirsi intrappolata nelle turbolenze del destino senza provare a cercare una via d’uscita.

Vuole vivere. Sopravvivere non le basta più.

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Discussioni

  1. Bella l’idea di una donna che è fuggita lontano per fare, in pratica, un bilancio della sua vita. Che reputa squallida. Che capisce di meritare di più e decide di cambiare. Un bel messaggio di speranza (coca a parte) 😀

  2. Ciao. Carino, lo ammetto. Il fatto che fosse una hostess ha funzionato molto su di me, mi sono domandato spesso cosa le portasse a sorridere sempre a quel modo: la coca. 😉 Bello anche il breve scambio di parole al telefono.

  3. In effetti il sorriso della protagonista del filmato può sembrare amaro e apre scenari di turbamenti (e turbolenze) interiori, ben immaginati e descritti in questo LibriCK. Pilotare la propria esistenza è già complicato cosí, ma lo è ancora di più quando si vestono i panni di un’amante in attesa che la storia decolli o che prenda la direzione sperata. Prosa impeccabile, racconto molto bello.

  4. Racconto che si legge molto bene e che, proprio come i vortici di un aereo, tende a trascinare il lettore nella mente di Clara, una mente in bilico fra la cosa giusta da fare e quella sbagliata.
    Il problema della povera Clara è che le cose sbagliate sono sempre maledettamente attraenti.
    Bravo.
    Alla prossima lettura.

  5. Mi piacciono molto le descrizioni: l’imbarcazione che si muove tranquilla, gli alberi sulla collina che trasmettono tranquillità. Sono scampoli di immagini che aiutano il lettore a rendere la storia visiva. La protagonista compie un percorso dentro di sé e nel finale comprende quale sia la strada per la rinascita, anche se le costerà dover fare nuove scelte. Mi piace il messaggio del tuo racconto, a volte bisogna rinunciare a qualcosa in vista di un bene maggiore.

  6. La vita di un’assistente di volo colpisce l’immaginario di molti. Quando sono in viaggio mi capita di pensare a cosa farà l’equipaggio una volta sceso dall’aereo. Credo nelle ore di lavoro diano spettacolo non più né meno di come fanno dei consumati attori. Qual’è l’espressione del loro viso una volta a terra? Hai saputo dare volto ad una di queste vite in modo, temo, tristemente realistico. La tua storia mi ha coinvolta e fatto “vivere” nella pelle di Clara per alcuni minuti.

    1. Ciao Michele, grazie dell’apprezzamento. In teoria è nato come un racconto a sé stante, ma in effetti si adatterebbe anche ad una serie, per vedere come evolve il personaggio.

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