Anna amava il mare

Anna amava il mare. Si sedeva accanto alla finestra della sua camera da letto, e lasciava che lo sguardo si perdesse tra le sfumature di blu e azzurro, tra gli screzi di piccole onde giocose. Allungava le braccia oltre le ante e chiudeva le mani, quasi avesse potuto imprigionare nei palmi tutta quell’immensità.

09/03/2020 – Lo scoppio della pandemia aveva costretto ogni abitante della nazione a vivere segregato in casa. Non era rimasto nessuno ad ascoltare lo scalpiccio dei bimbi nei parchi, e le mamme avevano dimenticato il cigolio dell’altalena. Un’associazione governativa si preoccupava di fornire cibo e medicinali a domicilio; mai nessuno soffrirà la fame, così avevano detto. Eppure il disagio aveva preso a dilagare mentre il malessere spandeva le sue subdole spore ad ammalare i pensieri.

Anna distolse lo sguardo, chiuse gli occhi, e venne assalita da una profonda vergogna. Li riaprì sulla monotonia di fredde piastrelle biancastre. Sorrise nell’umidità di una lacrima. Mentre asciugava la propria tristezza nella manica di un pigiama di buffe geometrie sbagliate, pensava a quanto fosse fortunata. Al di là di quella stanza, il mare raccontava storie; mondi sconosciuti nei quali temerari cavalieri partivano per salvare una bella principessa, austeri castelli ove nani e giganti vivevano mirabolanti avventure, magiche realtà dove i sogni potevano illudersi di essere il vero.
Tutto quel fantasticare colmò il suo spirito ma accentuò il dolore che le pesava sul petto. Si vergognò di essere una privilegiata, che la sua anima d’oceano potesse librarsi a sfiorare il mare mentre altre persone erano imprigionate da grigie barriere di cemento in case schiacciate in quartieri zoppi tra miseria e sofferenza. Si vergognò del suo viso che si sollevava, dei suoi occhi celesti che, nonostante tutto, non potevano sottrarsi all’infinito e ai segreti che custodiva. 
Il passaggio di una vedetta della polizia disegnò linee confuse in quella liquida perfezione; Anna attese finché il rombo del motore non si spense tra i bisbigli delle onde in agitazione. 
Gli ultimi raggi di un sole stanco si stavano ritraendo per lasciare spazio ai colori dell’imbrunire; Anna, combattuta tra sentimenti in conflitto, pensava a quanto non meritasse tutta quella bellezza.

***

La porta si spalancò accompagnata da un leggero scricchiolio. L’uomo aveva spalle larghe e il ventre pronunciato di chi non disdegnava una birra tra amici.

«Non sei stanca?» le chiese.

Lei gli sorrise scuotendo il capo.

Lui ricambiò mettendo in mostra una fila di denti non propriamente bianchi; eppure quel mezzo sorriso gli illuminò il volto squadrato facendolo apparire quasi bello.

«Ne sono convinto, ma è comunque meglio che riposi.»

La sollevò, cullando il suo corpo tra braccia muscolose attraversate da nervi bluastri. Con inaspettata dolcezza la adagiò tra le candide lenzuola di un piccolo letto; i ricci biondi di Anna adornavano il cuscino come la corona della principessa più bella che fiaba abbia mai raccontato.

L’uomo si chinò per baciarle la fronte.

«Ti voglio bene, papà.»

Lui rimase in silenzio, faceva sempre così, quasi temesse che una parola d’amore potesse sminuire il sentimento che provava per la piccola.

Anna lo seguì con lo sguardo mentre si avvicinava alla finestra per chiuderla.

«Lasciala aperta, per favore.»

«La notte fa piuttosto freddo.»

«Potrai chiuderla quando mi sarò addormentata.»

Il padre sospirò ma decise di accontentarla.

«Quando tutto questo sarà finito» le disse, «ti porterò in spiaggia.»

«Io non lo merito, il mare.»

«Tu meriti molto di più, sciocchina! E adesso cerca di dormire.»

L’uomo abbandonò la stanza, e Anna fu nuovamente sola. Non visto, il mare continuava a narrare mille e più storie, racconti riservati a chi era disposto ad ascoltarli.

La fanciulla scivolò nel sonno, perdendosi in meravigliose avventure pregne di gioia e splendore. Nel mondo che si era lasciata indietro, avvolto nell’opaca luce lunare, il metallo della sedia a rotelle risplendeva d’argento.

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Discussioni

  1. Che dire Dario, hai una maestria tutta tua quando ti impossessi delle parole e ci doni i tuoi racconti.
    In questo, il colpo di coda che caratterizza sempre le tue storie assomiglia più ad una carezza prima di andare a dormire, una carezza però triste.
    Come sempre, complimenti.
    Alla prossima lettura…

  2. Ciao Dario, che bello poter rileggere nuovamente qualcosa di tuo. Non sono d’accordo con quanto detto dagli altri, o almeno… lo sono in parte. 🙂 Non ti sei discostato dal tuo modo di trattare la “realtà” (parola che, come dico sempre, è relativa… così come la fantasia)… e questo non è affatto un male. Anzi, l’esatto contrario. Senza contare poi che il tuo stile è lì, in agguato, pronto a regalarci un finale degno. Sempre pronto a regalarci emozioni. Alla grande e… alla prossima! 🙂

    1. Lo stile è quello, io sono quello che sono. Tu sei sempre troppo buono, per me i tuoi apprezzamenti sono un onore; mi fanno credere che, forse, qualcosa di buono riesco a scribacchiarlo. Ciao, maestro.

  3. Caro Dario, eh si, sei andato fuori dal sentiero che sei solito calpestare, scelta coraggiosa, non è da tutti. In questa storia non c’è follia, non ci sono i tuoi dialoghi taglienti ne violenza. La tua firma però è distinguibilissima nell’atmosfera sospesa, nell’incanto, nel colpo di scena, e anche in un vago sentimentalismo che secondo me accompagna molte delle tue opere, anche se sai nasconderlo molto bene. Felice del tuo ritorno su EO!

    1. Ciao boss, ti pare che in un periodo così difficile possa mancare?!
      Non solo di oscurità vive l’uomo, ho voluto regalare un po’ di speranza. Forse questo racconto è troppo melenso, ma per questa volta perdonami.?

  4. Ciao Dario, un bel racconto dalle tinte agrodolci in cui hai voluto mettere in evidenza l’amara frattura tra la vivida fantasia e la dura realtà, un racconto dal sapore malinconico un po’ diverso dal solito, ma solo un po’ ?, il tuo stile è sempre presente! I sogni e la fantasia sono il motore della nostra vita. Anna non si deve vergognare o credere che nani, giganti e sogni siano sciocchezze di cui non andare fieri o che ciò che conta sia solo la realtà resa crudele da noi stessi. Sogniamo e immaginiamo cavolo, perché solo così possiamo colorare la realtà! Un caro saluto?

  5. Avendo già letto parecchi tuoi racconti, caro Dario, il finale col botto me lo aspettavo. Perché è una delle tue caratteristiche, insieme alle descrizioni evocative, che arrivano immediate. Però non avevo capito niente della tua Anna. Una piccola donna, che con la pandemia ha dovuto crescere in fretta e imparare a rimanere da sola nel buio. Io però credevo fosse semplicemente una donna, tanto all’inizio mi avevi ingannata! Bravo! Un racconto delicato, che mi è piaciuto molto ?

    1. Carissima Cristina, ti svelo un segreto: non penso che l’età di Anna sia così importante. È una sognatrice, un’anima pura; mentre il mondo guarda nell’Abisso, lei vede il mare.?

  6. Ciao Dario, finalmente qui! Anche tu con il botto, proponendoci un Dario “nuovo” (un terzo Dario ;D).
    Ma, in fondo, non vale così per tutti? Siamo il risultato di mille riflessi, tutti meritevoli di essere accolti. Questo racconto, in questo periodo, mi ha fatto star bene. Il mondo che gli occhi dei bambini colgono è il più autentico e Anna ne è la cantastorie. Hai saputo mescolare dolce e amaro in modo egregio, spero che questo Dario di tanto in tanto venga a farci visita 😉

  7. Ho sorseggiato il tuo racconto appena sveglia, mentre bevevo una tisana allo zenzero. Il contrasto con la dolcezza delle tue parole mi ha regalato un ottimo risveglio. E poi, non è Anna un nome meravigliosamente puro?