COLLABORATRICI DOMESTICHE, DEPRESSIONE E SENSI DI COLPA (parte 1/3)

Serie: Al di là di Nwerenkwarụ


Cosa poteva ancora accadere in questo 2020 Covid, anno così complesso e difficile.

Isabella aveva sopportato tutte quelle settimane da sola in casa a marzo, era riuscita alla fine a scendere da mamma e nonna in Toscana per l’estate. Era però riuscita anche a cadere là, se pur su un monumento storico come il ponte Mediceo, e procurarsi una lesione al braccio sinistro. I medici avevano detto prima che era una piccola frattura, poi una frattura più complessa e infine una non frattura o quasi. Lei aveva dovuto però sottoporsi a visite e ancora visite, addirittura spostandosi dalla Toscana a Milano. Ma soprattutto aveva dovuto subire un gesso che la aveva immobilizzata per diverse settimane. La morte di una giovane amica l’aveva scossa. E il suicidio assistito di una non amica ma conoscente della mamma, la aveva scossa ancora di più.

Ed ecco ora la comunicazione della donna “delle pulizie” che le annuncia la rinuncia dell’incarico. Non essendo straniera quale può essere la ragione? Non certo il ritorno in patria!

La ragione è che non ha superato lo shock di ever scoperto che Isabella non è poi la persona così pulita fisicamente e mentalmente come lei credeva. Ci aveva messo un bel po’ di settimane per prendere la decisione, ma ora ne era certa. Anche perché aveva già trovato un altro impiego. Un laboratorio di panetteria appena fuori Milano aveva perso due aiutanti contemporaneamente. L’immagine di Isabella che le apriva la porta, dopo averla fatta spaventare perché non rispondeva al suo scampanellare, in quello stato di sudiciume, con una casa o meglio una camera in quelle schifose condizioni, non poteva proprio cancellarla dalla sua mente.

Isabella era da un po’ di minuti impegnata ad esaminare attentamente allo specchio un rosso foruncolo a lato della narice destra, che stava spiando già da alcuni giorni. Si soffermò un attimo a soppesare le scelte che poteva prendere in considerazione, e poi decise di piegare di lato la testa il più possibile cercando di raggiungere la mano destra che a sua volta si protendeva dal basso, in un percorso di completa adesione al torace, solidale al braccio anche esso adeso da forze comuni al seno destro, compresso verso il lato opposto. L’indice era proiettato verso il naso anzi più precisamente verso il foruncolo il quale era ancora ignaro di quello che gli poteva succedere. La prima articolazione del dito era piegata al contrario in una posizione così esagerata e fuori dalla normalità che la stessa cosa Isabella non riusciva a fare con le dita della mano sinistra. La collaborazione fattiva dell’indice della mano sinistra però non portava ad alcun risultato perché non riusciva a coordinarsi comunque con il suo omologo. Un ulteriore sforzo sul lato destro del corpo aveva prodotto solo un intenso dolore trafittivo che si era propagato a tutto il torace partendo dal capezzolo destro compresso al di là della sua sopportazione. Ma il foruncolo è ancora troppo distante. L’idea a questo punto è quella di affidare il compito quasi chirurgico alla donna che viene due volte la settimana. Accidenti!! Ecco cosa stava pensando appena prima di concentrarsi sul foruncolo! La ‘donna’, quando viene, sarà il suo primo incontro. Quella precedente, mentre Isabella era ancora in Toscana, aveva lasciato l’incarico. Fortuna vuole che i biglietti che Isabella aveva subito fatto distribuire nei negozi della sua zona, avevano prodotto un contatto. Una ragazza russa o giù di lì.

Stava pensando che avrebbe dovuto studiare questa ragazza nuova almeno un po’, prima di farsi mettere le mani addosso. Ma l’operazione “foruncolo” si era rivelata complicata per lei. E poi in quel momento era così rilassata, che si sarebbe lasciata fare qualsiasi cosa da chiunque. Aveva appena finito di dipingere con la tastiera del PC, un quadro della propria vita in cui si era messa oltre che fisicamente anche spiritualmente a nudo. Si era liberata di un frammento di sè stessa che considerava buio e terribilmente sconveniente, ed ora che lo aveva rivissuto e fissato in immagini descritte, forse proprio per questo, non le sembrava più neanche così tanto buio. Sì! Ormai aveva capito che scrivendo di sè, si liberava di quelle zavorre della sua mente e del suo spirito che la schiacciavano, annegando a volte nel profondo oblio anche la voglia di fare e di vivere con gioia. Non sapeva ancora se qualcuno avrebbe letto i suoi contenuti di liberazione, ma questo le bastava. Abbandonato il foruncolo si rilesse quanto aveva appena scritto.

Serie: Al di là di Nwerenkwarụ


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Discussioni

  1. La scrittura a volte si ferma, è necessario che lo faccia, anzi, deve farlo. È un dispendio di energie mentali e fisiche che richiede di vivere la vita per essere compensato. Nel periodo della chiusura totale per il covid, il tutto è diventato il niente, e la vita è rimasta fuori dalla finestra, generando il disordine tra fatti e morti desiderate da qualcuno, accadute per altri. Il caos che hai descritto dentro e fuori di Isabella ( anche qui in terza persona) non pone una distanza ma è un caos centrifugante che di solito porta a riemergere dopo che ci siamo lasciati sommergere persino con ostinazione davanti a uno specchio.
    Lo specchio. È uno di quegli strumenti che restituisce l’assetto fisico rispetto allo spazio, in qualche maniera ci colloca, fondamentalmente serve a questo.
    (Isabella non usava lo specchio, letto in un episodio precedente, ora sì).

  2. Scrivere è davvero una liberazione. Una volta una mia amica molto impegnata nel lavoro mi disse: quando ho troppe cose da fare le scrivo su un pezzo di carta, è un modo per spostarle dalla testa e metterle da un’altra parte. Con le dovute proporzioni, questo meccanismo trova una sua applicazione anche in altre dinamiche di vita. trasferire il peso dei propri pensieri dalla testa verso un altro supporto ci alleggerisce. E la vera magia è che non so appesantisce nessuno, men che mai i lettori. Liberare i propri pensieri porta con sè solo cose belle.